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19/08/2021

Taquiya: mentire per l'islam é una tattica di guerra

Harold Rhode, uno degli allievi preferiti del maggiore storico del Medio Oriente, Bernard Lewis, ha lavorato per 28 anni al Pentagono nell'Ufficio del Dipartimento per la Difesa come consigliere sulla cultura Islamica. Esplicito e anticonformista, autore di molti libri, membro del Gatestone Institute e del Jerusalem Center for Public Affairs, la sua idea è che niente potrà dissuadere i talebani dal loro disegno originario, una guerra totale all'Occidente tramite il terrorismo.

Ma oggi, dottor Rhode promettono che non verrà torto un capello a nessuno e che la loro «inclusività» verrà confermata dalla politica prossima ventura.

«Chi mostra di crederci, coltiva inutili speranze. Non c'è la minima chance al mondo che i talebani cambino la loro determinazione a un governo totalitario della Sharia, oggi sul loro popolo e domani su tutto il mondo, è solo la prudenza. Trump aveva indicato una via d'uscita diversa da quello di Biden».

Ma è Trump che ha gettato le basi del disastro.

«Trump aveva detto: ce ne andiamo, ma se osate tornare a spadroneggiare, a uccidere, a torturare, di voi non resterà traccia. L'unica cosa che può fermare una forza integralista e shariatica come i talebani, è la paura di essere annientati, che è andata sparendo con Biden. E la deterrenza è l'unico sistema per bloccarli».

L'idea di abbandonare il campo come soluzione di pace è molto frequentata dall'Occidente.

«Innanzitutto, quando si occupa un Paese straniero per eliminare, come fece Israele col Libano, milizie terroriste che ti minacciano, si deve agire e poi uscire dal campo. Restare sul terreno a lungo costa denaro e vite umane».

E quindi? Lasciare che poi i terroristi costruiscano il loro potere?

«Niente affatto: le loro piramidi vanno destrutturate con la forza, poi si deve lasciare il campo, e se restano residui, avvertirli chiaramente che non osino riprendere quella strada. L'abbandono israeliano del Libano senza toccare il vertice degli Hezbollah, ha lasciato che essi diventassero i padroni del Paese; a Gaza lo stesso è successo con Hamas. Le strutture jihadiste, sciite e sunnite, vivono la loro guerra per la sharia e la jihad mondiale come una raison d'etre fondamentale. Come i talebani».

Questo significa che torneranno a colpire gli Usa?

«Questa è certamente la loro intenzione. La loro grande eccitazione non è determinata dal fatto che gli americani se ne siano andati, ma da come se ne sono andati, di corsa, senza colpo ferire. Ci pensi, i talebani hanno sconfitto tre imperi, quello inglese, quello russo, quello americano».

E tuttavia stanno cercando di apparire diversi, dando speranza a molti leader occidentali, a Guterrez, alla Merkel, anche agli italiani..

«Guai a cadere nella trappola della taqiyya, la dissimulazione per cui per il bene dell'Islam si può, anzi si deve, parlare il linguaggio del nemico, sorridere, trovare accordi. L'Iran è un perfetto esempio, i suoi rappresentanti non si peritano di condurre amichevoli trattative e di scambiare simpatetici punti di vista con tutti i rappresentanti occidentali. La verità è che il nostro mondo, per fedeltà alla sua cultura di pace, non vede l'ora di cascarci, anche quando si discutono questioni vitali come il nucleare su cui, appunto, l'Iran seguita a prendere il mondo per il naso da decenni. Il guaio è che così mettiamo a gran rischio la nostra civiltà».

L'Iran e i talebani hanno interesse a unire le loro forze per l'Islam. Pensa che questo sia possibile anche uno è sunnita e l'altro sciita?

«E già successo, come quando i figli di Bin Laden sono stati ospitati a Teheran, o quando Ismail Hanyye va a trovare gli ayatollah. Ma alla lunga il rapporto non regge, e contiene sempre un velato ricatto».

La Cina si avvantaggerà della situazione?

«L'Afganistan è ricco di metalli e di altre risorse che la Cina desidera, e Pechino ha un buon rapporto coi talebani ma loro sanno cosa fanno i cinesi ai loro fratelli musulmani nello Xinjang e anche la Cina non è fuori dai programmi talebani di islamizzazione del mondo. Anche qui la cultura ha il suo ruolo da giocare».

E in Medio Oriente?

«In Medio Oriente molti degli alleati degli americani, gli Emirati, i Sauditi, l'Egitto, Israele.. si stanno certo chiedendo se ci si può fidare degli americani in caso di bisogno. Mi sembra di sentire echeggiare un sonoro "no"».

Si può fare qualcosa?

«Salvare chi ha aiutato gli Usa in questi anni. Certo, purtroppo non si può immaginare di aprire i confini a tutti i musulmani del mondo».

 

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/mentire-lislam-tattica-guerra-lesperto-guai-cadere-nella-1969819.html

18/08/2021

Talebani: una merda maomettana sostenuta dal Qatar, dal Pakistan e dall'Arabia Saudita

I nuovi, veri padroni dell'Afghanistan potrebbero anche non mettere piede a Kabul. E accontentarsi di governare da dietro le quinte di un gabinetto, apparentemente inclusivo, i cui esponenti saranno, in realtà, semplici marionette. L'ambigua prospettiva sta prendendo corpo in queste ore. A confermarla contribuiscono le voci secondo cui Amir Khan Muttaqi, ex-ministro dell'educazione nel primo emirato talebano è nella capitale per trattare con l'ex-presidente filo-americano Hamid Karzai e Abdullah Abdullah , già presidente di quel Consiglio per il Dialogo incaricato, fino a domenica scorsa, dei colloqui con gli insorti. E alle discussioni parteciperebbe da remoto anche Zalmay Khalilzad, l'enigmatico inviato americano di origini afghane, già ambasciatore a Kabul e Baghdad, che ha trattato per conto di Trump e di Biden il ritiro americano. Ma quel che ne uscirà non sarà certo un vero governo.

E, come già avvertono i leader talebani, non si ispirerà ai precetti della democrazia, ma a quelli della legge islamica. Sarà dunque una finzione istituzionale utile sia al potere talebano, sia all'amministrazione Biden. I primi potranno esibirla per sostenere di esser cambiati e ambire a riconoscimenti e aiuti internazionali. Biden potrà invece usarla per dribblare le accuse di fallimento e difendere un ritiro che ha permesso la nascita di un esecutivo di compromesso. Ma la verità sarà ben diversa

Per capirlo basta esaminare i vertici del potere talebano. Il 61enne emiro Hibatulla Akhunzada nominato comandante supremo nel 2016 con il titolo, ereditato dal Mullah Omar, di «comandante dei fedeli», probabilmente continuerà ad indirizzare dall'ombra le scelte del movimento. Esponente della magistratura islamica nel primo emirato è non solo il leader politico- spirituale del movimento, ma anche il più entusiasta sostenitore del martirio religioso. Non a caso ha sostenuto la scelta del figlio 23enne Abdul Rahman offertosi, nel 2017, come volontario per un attentato suicida nella provincia di Helmand. A rendere ancora più impenetrabile la nebulosa del potere talebano s'aggiunge la figura del Mullah Muhammad Yaqoob, figlio del Mullah Omar. Se del padre circolava un'antica e sfocata immagine in bianco e nero di lui non esiste neppure quella. Nessuno, al di fuori di una ristretta cerchia di comandanti, può dire d'averlo mai incontrato. Eppure il poco più che trentenne, Yaqoob è oggi il vero comandante militare del movimento.

Altrettanto inquietante è la figura del 48enne Sirajuddin Haqqani indicato come il braccio destro di Akhundzada. Figlio di un leggendario leader dei mujaheddin antisovietici il 48enne Sirajuddin guida una formazione terrorista parallela al movimento talebano che rappresenta la vera interconnessione con Al Qaida. E comanda una rete di alleanze tribali con cui controlla scuole religiose e centri commerciali a cavallo di quella frontiera pakistana dove mantiene stretti contatti con i servizi segreti di Islamabad. In questa inquietante galleria di fantasmi la figura più conosciuta resta quella di un Mullah Abdul Ghani Baradar su cui tutti scommettono come futuro presidente dell'Afghanistan. Amico d'infanzia del Mullah Omar, che lo chiamava con il soprannome di Baradar (fratello), il mullah Abdul Ghani è stato uno dei fondatori del movimento per poi diventare governatore della provincia di Herat e vice ministro della difesa nel primo Emirato. Più ambiguo il suo ruolo dopo il 2001 quando - pur partecipando alla shura di Quetta ovvero all'organo decisionale del nuovo movimento talebano - è anche protagonista, dopo il 2006, di una serie di negoziati segreti con l'ex presidente Karzai. Proprio questi negoziati, malvisti dall'ala più dura del movimento, avrebbero spinto - nel 2009 - i servizi segreti pakistani ad arrestarlo. Liberato su richiesta degli americani nel 2018 è diventato l'interlocutore fisso di Khalilzad in quei colloqui di Doha al termine dei quali ha avuto persino un colloquio telefonico con Trump. I suoi trascorsi negoziali lo rendono il candidato perfetto per la presidenza di un governo di coalizione in cui gli esponenti dei passati governi, come Karzai e Abdullah, rappresenteranno la foglia di fico del nuovo emirato.

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FONTE DEL TESTO :https://www.ilgiornale.it/news/politica/qaedista-reduce-e-guida-spirituale-ecco-i-tagliagole-governo-1969818.html