24/10/2023
ISLAMBALL
Le autocrazie islamiche usano il calcio per diffondere l’islamico, anche quello radicale. Fratelli d’Italia punta il dito contro l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati Arabi accusati di voler irradiare le loro tradizioni culturali e religiose in occidente. Il partito di Meloni presenta la lista dei calciatori che in questi giorni “hanno sostenuto apertamente la causa palestinese, anche con forme di fanatismo religioso, in relazione ai brutali attacchi di Hamas verso Israele”.
“Islamball” è il titolo del rapporto redatto dal centro studi di FdI sull’Islamizzazione in Europa, in particolare attraverso il calcio. Dice Nicola Procaccini, Co-Presidente del Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei. “Nel 2019 presentammo il primo rapporto, all’epoca fece scalpore quando dimostrammo come sulle magliette delle squadre di tutte le capitali europee vi fosse un riferimento all’Islam. Ma oggi questo fenomeno si è ulteriormente rafforzato. Abbiamo connesso tutti i puntini per porre in evidenza si tratta di una strategia”.
Un processo che secondo FdI investe tutto il continente. Nel rapporto si citano ovviamente i mondiali di calcio in Qatar nel 2022, la campagna acquisti dell’Arabia Saudita che ha ingaggiato molti campioni, ma anche le recenti acquisizioni mediorentali di club europei, in particolare quella da parte di Abu Dhabi del Manchester city nel 2008, quella del Qatar del Paris Saint Germain nel 2011 e la recente vendita del Newcastle United a un consorzio che include il fondo sovrano dell’Arabia Saudita o Pif. Un processo che interessa anche l’Italia: il ct della Nazionale Roberto Mancini è passato all’Arabia Saudita, sulle magliette della Roma, prima squadra della Capitale, campeggia la candidatura della rivale Riad ad ospitare l’Expo 2030. E sullo sfondo c’è la candidatura per i mondiali di calcio del 2034 dell’Arabia Saudita.
“Non si tratta solo di un divertissment di ricchi sceicchi che non sanno come buttare i loro quattrini e allora li buttano nel calcio- avverte Procaccini- Il ritorno è nella diffusione geopolitica dell’Islam, anche quello più radicale, attraverso lo strumento più ‘internazionalpopolare’ che esista sulla faccia della Terra, il gioco del calcio. Comprare il mondo del calcio significa impossessarsi del più formidabile strumento geopolitico”.
L’europarlamentare di FdI cita a tal proposito il “rapporto della Fratellanza musulmana, documento geopolitico a tutti gli effetti, che spiega come non sia utile né performante conquistare l’Europa attraverso gli strumenti militari o economici, quello che funziona per conquistare l’Europea e l’Occidente è l’aspetto culturale e sociale. E’ allargando l’influenza geopolitica islamica si riesce a conquistare ciò che ci si prefigge di conquistare. E non utilizzo termini a caso. Non è nulla di spontaneo ma qualcosa di premeditato. Afferisce a una strategia geopolitica che tutti vediamo anche se nessuno ne coglie il senso e anzi qualcuno fa finta di non coglierlo. Dietro tutto questo c’è qualcosa di molto più pericoloso che qualcuno doveva raccontare perché finora nessuno lo ha fatto.”
Con l’utilizzo del “calcio e dello sport in genere come strumenti di soft power e di diffusione della cultura islamica” – si legge nel rapporto - gli “stati mediorentali nell’occhio del ciclone in quanto a rispetto dei diritti umani, libertà e democrazia stanno cercando di ripulire la propria immagine. Ma la loro natura e la loro essenza rimane sempre quella di Paesi dove le libertà e i diritti vengono quotidianamente calpestati e ignorati. Sono necessari adeguati controlli sul fiume di denaro già in circolazione in Europa e che verosilmente è destinato ad aumentare nei prossimi anni. Centinaia di milioni di euro che attraverso il calcio potrebbero andare a sostenere l’Islam radicale”.
Fratelli d’Italia avverte un rischio tanto più alto in questi giorni. In conferenza stampa vengono diffusi i nomi dei “calciatori di religione musulmana” che “come mai avvenuto in passato, hanno sostenuto apertamente la causa palestinese, anche con forme di fanatismo religioso, in relazione ai brutali attacchi di Hamas verso Israele”. Dal giocatore algerino del Nizza, Youcef Atal che, dopo aver pubblicato su Instagram un video di un predicatore palestinese che incitava alla violenza contro gli ebrei, è stato sospeso perché coinvolto in un'indagine per "apologia del terrorismo e provocazione dell'odio"; al difensore egiziano dell’Arsenal Mohamed Elneny, che ha espresso il proprio sostegno sui social al popolo palestinese; dall’ex stella del Manchester City, l’algerino Riyad Mahrez, passato la scorsa estate ai sauditi dell’Al-Ahli, che ha pubblicato sui propri social un’immagine della Cupola della Roccia, luogo sacro di Gerusalemme conteso agli israeliani, con un versetto del Corano – “Indubbiamente, l’aiuto di Allah è vicino”; al franco-algerino Nabil Fekir, in forza agli spagnoli del Real Betis, che ha espresso il suo sostegno al popolo di Gaza su Instagram, “soggetto all’apartheid per troppo”, denunciando quindi l’occupazione israeliana della Striscia; dal difensore marocchino Noussair Mazraoui, del Bayern Monaco, che ha postato su Instagram un video in cui una voce dice: “Dio, aiuta i nostri fratelli oppressi in Palestina, affinché ottengano la vittoria; fino ai casi dell’ex centravanti del Real Madrid Karim Benzema, oggi ai sauditi dell’Al-Ittihad, e Mohamed Salah, stella del Liverpool che si sono schierati sui social per la Palestina.
Il partito di Giorgia Meloni avverte inoltre che “mentre l’Europa sportiva si fa “comprare” dal mondo arabo, lo stesso si coalizza a supporto dell’Arabia Saudita per ottenere l’organizzazione dei mondiali di calcio 2034, come confermato dalla scelta dell'Indonesia di rinunciare alla candidatura. Questa scelta apre la strada all'appoggio unico da parte dell'AFC, la federazione del calcio asiatico, verso l'Arabia Saudita come confermato dal presidente dell'organizzazione, Shaikh Salman bin Ebrahim Al Khalifa. La candidatura dell’Arabia Saudita quasi sicuramente avrà successo, visto che le norme FIFA impediscono di giocare nello stesso continente due edizioni susseguenti della kermesse iridata, che nel 2030 sarà giocata in sei Paesi divisi su tre continenti. Questo significa che per almeno un decennio proseguiranno gli investimenti dei sauditi nel calcio e i grandi esborsi nelle campagne acquisti degli ultimi mesi potrebbero addirittura moltiplicarsi.
.......“Ognuno ha una sua sensibilità, io ho una sensibilità politica particolare ed è la motivazione che più mi ha portato ad espandere questa ricerca. Per cogliere uno degli elementi di cultura – aggiunge- ricordo che mentre a Cristiano Ronaldo è stato vietato di farsi il segno della croce, Benzema può tranquillamente pregare Allah prima di entrare in campo. Una serie di calciatori svolgono la funzione di influencer del mondo islamico e lo fanno talvolta in favore di Hamas, soffiando sul fuoco. Nulla è casuale. Si tratta di una strategia geopolitica che risponde a una logica, a un disegno egemonico. Questo va detto”.
FONTE : Huffingtonpost
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L'ISLAM : modalità pratiche di espansione e diffusione secondo Mahomet
.....Sono stati diffusi da Israele i video degli interrogatori di alcuni terroristi di Hamas catturati durante l’attacco ad Israele del 7 ottobre. Nelle loro deposizioni la dinamica del terrore decisa dai capi di Hamas: “Ci hanno ordinato di uccidere tutti gli uomini giovani, anche i disarmati e di rapire donne anziani e bambini” “Ci hanno promesso diecimila dollari e un appartamento per ogni rapito che portavamo a Gaza”. I terroristi catturati ora se la prendono anche con i loro capi: “Ci hanno tradito, ingannato: loro se ne stano tranquilli in Qatar noi sotto le bombe” ......
FONTE : repubblica.it
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12/10/2023
L'ideologia totalitaria,lo schifo, la barbarie, la violenza, la crudeltà: comunismo al fianco dell'islam
Ci siamo: la convergenza del totalitarismo comunista et di quello islamico contro i valori di democrazia occidentale giudeo cristiana è davanti ai nostri occhi.
Nessuna illusione, ogni causa è pretesto , l'obiettivo è la sopraffazione e il dominio
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09/10/2023
Hamas segue l'esempio del profeta
Non è vero che quello che è accaduto sabato in Israele è nuovo: la storia dello Stato Ebraico è piena di eventi spaventosi che vengono rimossi, sviliti, ignorati da chi invece dovrebbe tenerne conto. La cultura della pace e del progresso, dell'apertura e della mano tesa non funziona, e questo insegnamento è una luce rossa per il mondo occidentale, pacifista da una parte, spaventato dall'altra, spesso inutilmente opportunista.
Già in pieno processo di pace a lato del rifiuto di Arafat alle proposte di Ehud Barak e di Bill Clinton che gli consentiva nel 2000 uno Stato palestinese oltre ogni programma prima definito, oltre gli accordi di Oslo, si aprirono le cascate di sangue della seconda Intifada. Negli autobus, nei ristoranti, nei luoghi pubblici i terroristi suicidi fecero strage di migliaia di ebrei, per ordine dell'Olp e di Hamas. Più avanti, dopo lo sgombero che lasciò Gaza completamente libera, Hamas si dedicò soltanto a costruire l'arsenale e l'ideologia che le ha consentito di aggredire Israele tante volte, con tanti missili, tanti attacchi terroristici fiancheggiati per altro da Abu Mazen con aiuti economici giganteschi, continui. Il mondo applaudiva alla reazione per un giorno o due, poi ricominciava a suggerire con insistenza petulante come si doveva comprare Israele: lasciare fiorire Hamas e l'Olp; lasciar fiorire il terrorismo.
Adesso, ecco una realtà che sembra un film dell'orrore: ti svegli tranquillo nel tuo mondo, un mondo in cui vorresti solo pace e tolleranza, e all'improvviso, senza che niente l'abbia lasciato prevedere, ti cade addosso una valanga di fuoco di missili. Sei a Gerusalemme e vuoi andare a fare la spesa, a Tel Aviv e devi andare dal dottore... invece sei d'un tratto chiusa in casa per correre nel rifugio a ogni sirena, mentre esplode tutto e arrivano notizie di morti e feriti. Intanto arrivano gli zombie, a migliaia, con le armi automatiche a tracolla: urlano e ridono e ti sommergono di «Allah-u-akbar» sui camion carichi di terroristi, oppure vengono dal cielo aiutati su piccoli velivoli costosi. Cercano te, per aggredirti. Me? Sì, proprio te e la tua famiglia, perché appartieni a una civiltà e a una religione che non ci piace, è scritto nella nostra carta. Gli zombie si spargono nelle città ammazzando tutti quelli che incontrano, rompono la tua porta e la tua finestra per entrarti in casa, sparano a una grande folla di ragazzini che stanno ballando a una festa campestre, li inseguono per ore e ore mentre cercano di nascondersi fra i cespugli e in edifici circostanti. Nei villaggi e nei kibbutz strattonano via donne coi bambini piccoli, uomini al lavoro, vecchietti, li ammazzano, li picchiano, gioiscono attivando i telefonini per mostrare una mamma che li supplica di lasciare andare lei e il bambino, e sono contenti di sbeffeggiarla e strattonarla, e per mostrare come infieriscono sul corpo di un ragazzo militare ucciso. Riprendono anche le violenze sessuali, il sangue sparso mentre nel mondo arabo per la gioia si distribuiscono caramelle, e i capi spingono altri assassini a uccidere.
Tutto questo non può valere una veloce dichiarazione di solidarietà. L'aggressione di Hamas è come quella dei russi sugli ucraini: è un arco di forze, legate l'una all'altra. L'Iran rifornisce di denari, armi, uomini, idee, coordinamento (certo anche in questi mesi di preparazione della grande operazione) Hamas, la Jihad Islamica e gli Hezbollah, rifornisce la Russia di droni. L'azione di Hamas è la quintessenza della minaccia che pesa ogni giorno, quando meno te lo aspetti, su tutto il mondo pacifista, progressista, terzomondista, che crede che un «processo di pace» sia sempre possibile. Molto spesso non lo è e in questo caso bisogna sapere riconoscere la situazione e comportarsi di conseguenza. Ovvero, difendersi.
Dopo che si è assistito all'esibizione palestinese di queste ore è chiaro a molti, come a Joe Biden per esempio, o alla ministra per lo Sviluppo tedesca Svenja Schulze, che occorre cambiare registro. La ministra, più veloce di noi, dice che l'attacco di questi giorni è una svolta e che occorre coordinare con Israele: aiuti non se ne danno più ai palestinesi. Il punto è molto chiaro: fino a oggi la politica internazionale, i suoi aiuti (tra i 30 e i 50 miliardi di dollari dall'Occidente dopo gli accordi di Oslo del 1993), le lodi e le condanne, si sono mossi sull'onda della speranza pacifista costruita dopo la seconda guerra mondiale. Adesso, dopo Putin e dopo Hamas, bisogna dichiarare questo periodo concluso. È il tempo dell'aggressione ideologica al nostro mondo, su più fronti. Adesso che Israele sta bombardando a Beit Hanoun, dove hanno sede gran parte delle strutture militari e strategiche di Hamas, abilmente nascoste tra le case, scuole e negozi, non venga in mente di cercare di bloccare con prese di posizioni internazionali la sacrosanta difesa della popolazione d'Israele sotto tiro. Sarebbe orribile che adesso un giorno dopo che abbiamo visto una madre piangere da un kibbutz chiedendo alla tv di aiutarla a ritrovare i suoi due bambini trascinati via, spariti, deportati dal letto di casa, e chissà se sono ancora in vita come tanti altri piccoli rapiti dai terroristi, forse uccisi, il consesso internazionale osasse di nuove cercare le ragioni di Hamas. E chiedesse a Israele di fare la pace! Quale pace? Quella della prossima calata sulle nostre case della ferocia e dell'odio? Sarebbe il suicidio di noi tutti, la civiltà democratica, pacifista, occidentale. Dobbiamo vincere gli zombie.
FONTE : https://www.ilgiornale.it/news/cronache/basta-lutopia-pacifista-e-i-soldi-gaza-2223010.html
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