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30/04/2007

Islam, ovvero il culto della violenza e della morte

Non c’è stata e non ci sarà indignazione nella grande umma musulmana per il massacro dei cristiani di Malatya. Uccidere cristiani che si siano macchiati della colpa vergognosa di fare proselitismo, non solo non è reato, ma è cosa lecita e doverosa per la mentalità di molti musulmani, moltissimi, la maggioranza. La strage di Malatya, il rito abramitico blasfemo celebrato dagli assassini è solo un nuovo passo, l’ennesimo, di un inarrestabile progredire dello scisma musulmano che si è radicato in due versioni differenti nell’Islam sunnita con i salafiti-wahabiti e in quello sciita con i khomeinisti. Uno scisma basato sul culto della morte –i cinque assassini sgozzatori bramavano essi stessi il martirio e sono sicuramente delusi di non averlo meritato- a celebrare una liturgia oscena che riconosce il momento salvifico solo e unicamente nel sacrificio umano, di sé e degli infedeli.
In pieno ventunesimo secolo, la distorta modernità dell’Islam ripropone il sacrificio umano come momento centrale di una teologia dell’Apocalisse e riesce a farlo, nel disinteresse della umma musulmana, perché a quella la lega una perversa concezione dell’Islam quale “religione naturale” dell’uomo. I moderati musulmani di questo sono convinti: non solo che l’Islam sia l’unica vera religione –come è ovvio- ma anche e soprattutto che essa sia la “religione naturale” dell’uomo, per cui, chi tenta di distogliere il musulmano dalla sua fede infrange il diritto naturale, l’ordine naturale.
Questa follia teologica totalitaria non è solo patrimonio del fondamentalismo, ma anche dell’Islam "moderato" (che non esiste NDR), tanto che è stata elaborata e definita nella Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo che tutti i paesi musulmani hanno promulgato nel 1990, quale summa del pensiero politico delle più grandi menti teologico-giuridiche del mondo musulmano ufficiale, anche di regime, i “moderati” in prima fila.
Solo avendo presente questo scabroso retroterra religioso, si può capire perché allora la Turchia è divenuta cristianofobica, come ha denunciato nel 2005 il vescovo Farhat, nunzio apostolico ad Ankara, perché tanti cristiani vi vengono uccisi, perché i musulmani turchi e di tutto il mondo “moderato” non si indignano. La cristianofobia è sempre più di moda nel mondo musulmano, perché l’intero suo sistema di valori teologici nel secolo scorso è stato restaurato, dopo la caduta del Califfato, avendo come riferimento ibn Taymmyya, teologo del XIII secolo violentemente anticristiano e perché la società islamica non riesce a produrre secolarizzazione.
Basti pensare che la laica Algeria, il cui regime piace tanto chissà perché a Gad Lerner- ha varato una legge che punisce con 2 anni di prigione e 10.000 euro di multa chiunque faccia proselitismo presso i musulmani. Prova provata di come l’Islam rifiuti il confronto e punti all’egemonia basandosi sulla coercizione e sulla violenza, nella dimensione della “conversione con la spada”, denunciata da Benedetto XVI° a Ratisbona.
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www.carlopanella.it

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