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09/08/2015

Mafia islamica, narcotraffico et djihad

Guerriglie e formazioni terroristiche si finanziano (anche) con il traffico degli stupefacenti, dopo aver stretto alleanze reciprocamente vantaggiose con le organizzazioni dei narcotrafficanti.

Assicurano loro “servizi” logistici essenziali: il transito della “merce” sui territori controllati, la vigilanza sulle coltivazioni illegali, l’agibilità delle piste clandestine su cui atterrano piccoli aerei con i carichi di droga.

In alcuni casi, abbandonata l’iniziale ideologia rivoluzionaria, gruppi della guerriglia sono diventati veri e propri cartelli del narcotraffico. Già nel 2009 Antonio Maria Costa, direttore esecutivo dell’Unodc, scriveva: “..oggi il traffico di droga è diventato la causa principale di un altro problema:il finanziamento del terrorismo. È diventato sempre più difficile distinguere chiaramente i gruppi terroristici dalle comuni organizzazioni criminali perché le loro strategie tendono sempre più a sovrapporsi. Se non recidiamo il legame tra crimine, droga e terrorismo, il mondo assisterà alla nascita di un ibrido e cioè di organizzazioni terroristiche della criminalità organizzata”.

È il caso delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) e in parte dell’Eln (Esercito di liberazione nazionale). Queste guerriglie, per sostenere un conflitto che in Colombia va avanti da mezzo secolo contro le forze di sicurezza governative e i paramilitari, da un ventennio a questa parte hanno privilegiato i rapporti con i narcotrafficanti, talvolta rimpiazzandoli, per garantirsi adeguate risorse finanziarie. Rapporti d’affari che sono riusciti a tessere anche oltreoceano, come emerso dal sequestro l’estate scorsa al largo delle Canarie di circa 200 kg di cocaina proveniente dalla Colombia e diretta in Europa.

Le indagini sul caso avrebbero evidenziato collegamenti tra le Farc e gruppi quaedisti che, per assicurare il transito della cocaina, riscuoterebbero una tassa del 15%. Aspetto da non sottovalutare nel contesto africano, diventato una vera polveriera con le guerre civili e le rivolte che stanno devastando molti paesi e con le note presenze di gruppi terroristi di varia matrice, che necessitano di continue e sostanziose risorse finanziarie per l’acquisto di armi e la logistica. C’è di più.

A giugno 2015, nel contesto dell’operazione antidroga “Santa Fè” coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, sono emersi collegamenti ancora tra le Farc e alcune ‘ndrine, tra cui quella degli Acquino-Colucci, per un traffico di cocaina verso l’Italia. In Perù, vengono segnalate ancora frange residue di Sendero Luminoso, che sicuramente non rappresentano più una minaccia come negli anni passati, ma costituirebbero il braccio armato dei trafficanti di droga: garantiscono protezione e sicurezza nelle piantagioni, trasportano pasta base di cocaina e precursori nei punti di raccolta, addestrano i contadini nella semina e raccolta delle foglie di coca.

La situazione è problematica anche in altri paesi dove per sostenere la lotta armata c’è bisogno di consistenti fondi che solo i traffici di droghe riescono a garantire. Il traffico dell’eroina, per esempio, è la principale fonte di finanziamento del Movimento Islamico dell’Uzbekistan (Imu). Sorto nel 1992, dopo che l’opposizione al regime del presidente Karimov (appena rieletto per la quarta volta consecutiva) era stata dichiarata fuorilegge, il gruppo si è accorpato con altri terroristi in Afghanistan. Senza contare la presenza di un nucleo uzbeko (Katibat al-Imam Bukhari, KiB) tra le fazioni segnalate in Siria che, nel settembre 2014 ha annunciato la sua alleanza con l’Isis.

La protezione nel traffico illecito – anche delle droghe - è assicurata nell’effervescente regione caucasica (Cecenia, Daghestan Inguscezia, Ossezia) da gruppi separatisti in lotta da anni. Anche in Tajikistan diverse cellule di terroristi si sostengono con i proventi derivanti dal narcotraffico: tra queste, vengono segnalate quelle di Hib-ut-Takhir, Jamat Ansarulloh e Tbligi Jamaat.

Fonti dell’intelligence europea segnalano la presenza di alcuni gruppi armati wahhabiti in Macedonia, evidenziando la loro complicità nell’assicurare il transito di cocaina di provenienza afghana in cambio di denaro. A marzo in Libano sono riemersi collegamenti tra Hezbollah e i narcos messicani. Nel dicembre 2010 era toccato alla Dea (l’agenzia antidroga americana) e all’Ofac (Department of the Treasury’s Office of Foreign Assets Control) individuare una rete di malavitosi attivi nel riciclaggio e nel traffico di droga tra il Libano e gli Usa con a capo Ayman Saied Joumaa – inserito nel 2011 nel Kingpin Act quale boss della droga.

Joumaa, attraverso i dirigenti della Lebanese Canadian Bank (Lcb) in rapporti privilegiati con Addallah Safieddine, rappresentante del movimento sciita a Teheran, avrebbe finanziato Hezbollah con i profitti derivati da ingenti quantitativi di stupefacenti dal Sudamerica in Europa e Medio Oriente, attraverso la rotte dell’Africa Occidentale. Altro denaro “ripulito” sarebbe transitato nella Prime Bank – consociata con la LCB – con sede in Gambia, posseduta da un miliardario libanese, noto finanziatore di Hezbollah. Finanziamenti a Hezbollah arrivano anche dalla Guinea Bissau dove, secondo fonti attendibili, sarebbe attiva una potente rete illegale libanese che gestisce i proventi derivanti dal traffico di droga. Sempre in Guinea Bissau va ricordato il coinvolgimento, nel 2013, del capo di stato maggiore dell’esercito gen. Antonio Indjai, accusato di aver agevolato per conto delle Farc lo stoccaggio di quantitativi di cocaina destinata al mercato americano.

Che dire poi dei talebani (“sempre più vasto e in espansione” secondo il rapporto 2014 del Dipartimento della Difesa americano) che, per finanziare le loro operazioni militari in Afghanistan vigilano e proteggono le coltivazioni di papavero, trasportano l’oppio e controllano i laboratori per la produzione di eroina? Gruppi della galassia talebana e tribali sono coinvolti nel traffico dell’eroina, nelle zone confinarie del Pakistan. Tutti, nella regione, si dividono parte dei circa 40 miliardi di dollari ricavati dalla vendita dell’eroina sul mercato europeo.

La Turchia, alle prese con i noti problemi di politica interna, deve fare i conti con il gruppo terroristico del Pkk/Kck. Secondo la Direzione Centrale dell’Intelligence (Idb) della polizia turca, il Pkk – esercitando un controllo ai valichi di confine con l’Iran e l’Iraq – applicherebbe un dazio alle merci di contrabbando in transito, comprese le droghe, richiedendo 25 dollari per ogni chilogrammo di eroina grezza e 65 dollari per quella raffinata.

In Iran, nella zona confinaria del Sistan Baluchistan, è operativo dalla metà del 2012 il gruppo indipendentista Jaish-ul-Ad (Esercito della Giustizia). Questa organizzazione, composta da alcune centinaia di beluci, pakistani e fuoriusciti di altri gruppi terroristi (per esempio Jundallah, i Soldati di Dio), garantirebbe il transito di carichi di eroina provenienti dal vicino Afghanistan, ricavandone profitti da impiegare nella lotta per l’indipendenza della provincia.

Nella vasta regione del Sahel e in particolare in Algeria, Mauritania, Mali, Ciad, Niger, è forte l’influenza di Aqmi (Al-Qaida nel Maghreb islamico). Oltre ai rapimenti a scopo estorsivo, secondo informazioni di esperti europei presenti nell’area, l’organizzazione trae benefici anche dai trafficanti di droga. Tale coinvolgimento non viene però alla luce, perché sarebbe una pessima pubblicità per arruolare nuove reclute, in quanto l’abuso di droghe contrasta con i principi fondamentali dell’Islam.

In Marocco, a marzo 2010, Tahieb Cherkaoui, all’epoca ministro dell’Interno, intervenendo alla riunione dei ministri arabi che si teneva a Tunisi ricordava le strette relazioni emerse tra gruppi terroristici e trafficanti di droga; il riferimento era alla cellula Fath Al Andalous (Conquista dell’Andalusia) e alla condanna di quattordici suoi componenti inflitta dal tribunale di Salè.

In Nigeria, secondo alcuni indizi i “talebani nigeriani” della cellula islamista di Boko Haram (in lingua houssa significa “l’educazione occidentale è un peccato”), grazie al controllo di molti territori al confine agevolerebbero per denaro  il passaggio delle droghe (oltre che di armi e farmaci contraffatti) verso le località costiere dell’Algeria, Tunisia, Libia e Marocco, per il loro successivo smistamento via mare o via aerea verso il mercato europeo.

Il traffico di hashish dal Marocco (stimato in circa 15 miliardi di dollari), è stato ritenuto la principale fonte di finanziamento degli attacchi terroristici del 2002 (attentato sventato a Gibilterra contro alcune navi militari Usa), del 2003 a Casablanca e del 2004 a Madrid.

Le forze ribelli del Movimento della Forze Democratiche della Casamance (Mfdc), regione del Senegal al confine con la Guinea Bissau e il Gambia, sarebbero coinvolte anche nella gestione del commercio dello “yamba”, una droga simile all’hashish che si ricava da una pianta che cresce un po’ dappertutto. Nella penisola del Sinai, i contrasti che di tanto in tanto esplodono tra bande di trafficanti di droga, forze di sicurezza e cellule di Al Quaeda fanno intendere come quel territorio sia un vero nido di attività illecite e violente fuori da ogni controllo.

Occorrerebbe infine esaminare il sistema internazionale del riciclaggio di denaro proveniente dal narcotraffico e reinvestito per finanziare i movimenti terroristici. Emblematica la vicenda della banca Hsbc, con sede a Londra e filiali in una novantina di paesi nel mondo, sospettata di aver facilitato il finanziamento a gruppi terroristici riciclando denaro sporco proveniente dal narcotraffico (cfr. il rapporto 2013 della Sottocommissione permanente del Senato Usa “Vulnerabilità degli Stati Uniti al riciclaggio di denaro, droga e terrorismo finanziario: il caso Hsbc”).

Questi pochi cenni sui legami e sulle complicità che sono emerse, in diversi paesi, fra i trafficanti di droghe, cellule terroristiche, bande di ribelli e sistema bancario, possono aiutarci a capire come sia oltremodo difficile contrastare il commercio di droghe, che continua a essere uno straordinario “bancomat”- senza rischio di chiusure – per molte organizzazioni terroristiche.

Articolo originariamente pubblicato su Narcomafie

Da www.limesonline.it