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12/02/2020

Il Sultano alla riscossa dei tagliagole maomettani

Erdogan ha minacciato di attaccare la Siria se un solo soldato turco sarà ferito dall’esercito di Damasco che sta avanzando nell’area di Idlib, ancora in mano alla sezione siriana di al Qaeda.

Nel caso, ha detto, il suo esercito avrebbe attaccato “liberamente” il territorio siriano, cioè, esplicitando, che i suoi aerei potrebbero bombardare anche Damasco. Se accadesse, sarebbe guerra aperta.

La risposta siriana

In risposta, l’agenzia Sana pubblica le dichiarazioni di una fonte del ministero degli Esteri che ha definito il presidente turco persona “fuori dalla realtà”, le cui “vuote” minacce non fermeranno l’avanzata siriana contro i terroristi ormai allo sbando.

Propaganda, forse, ma è un dato di fatto che l’esercito siriano ha rotto le fila avversarie, tanto che i turchi sono dovuti accorrere in loro soccorso per evitarne il collasso.

Si rende esplicita così l’alleanza tra turchi e terroristi di Idlib, che succede a quella pregressa con l’Isis, il cui petrolio veniva commercializzato in Turchia (come documentato dai russi).

Le parole di Erdogan non vogliono solo dare un monito alla Siria, ma anche scuotere Putin, molto più vicino alle ragioni di Damasco che ai torti del sultano di Ankara, il quale di fatto reclama la potestà turca su un territorio non suo, controllato, per delega, dai suoi terroristi di fiducia.

Le pretese di Erdogan

Erdogan è stato protagonista principale della guerra siriana; ha sostenuto in via diretta varie milizie jihadiste anti-Assad, tra cui la feroce al Nusra (al Qaeda), diventata poi Tahrir al-Sham, che ora controlla Idlib.

Ma ha anche dato supporto logistico alle altre milizie, quelle finanziate dai Paesi del Golfo e dall’Occidente (Usa, Francia e Gran Bretagna), le cui legioni hanno usato i confini turchi per infiltrarsi in Siria.

Erdogan vuole ottenere qualcosa da tanto impegno. E ritiene che l’acquisizione di Idlib alla Turchia (solo transitoriamente in via informale) gli spetti di diritto.

Le pretese di Erdogan sono inaccettabili per Damasco, che ha trovato in Putin un interlocutore. Resta che finora la Russia era riuscita a preservare una posizione super partes, grazie all’attivazione del meccanismo di mediazione di Astana che ha coinvolto Turchia e Iran nella pacificazione della Siria.

Ma se Damasco finora si era attenuta al dettato di Astana, non ha potuto però restare inerte quando i terroristi di Idlib, sui quali Ankara si era impegnata a vigilare, hanno ripreso a lanciare missili su Aleppo.

Da qui la nuova offensiva, che ha riconsegnato a Damasco villaggi e aree chiave, ma soprattutto il controllo dell’autostrada che congiunge Damasco ad Aleppo, snodo cruciale che dal 2012 gli era stato sottratto.

L’intervento turco a fianco dei terroristi ha causato la morte di alcuni dei loro militari, caduti sotto il fuoco siriano. Da cui l’escalation.

Putin alla finestra

A complicare le cose a Erdogan, che sta dichiarando guerra a mezzo mondo (vedi Libia), la partecipazione russa all’offensiva siriana. Aerei russi e siriani ieri hanno volato ancora una volta insieme, bombardando un manipolo di terroristi.

Un segnale inequivocabile. Tanto che oggi Erdogan ha telefonato a Putin. Ma deve essergli andata malino, dato che il report del Cremlino conclude che seguiranno altri contatti.

Il presidente russo continua a ripetere il suo impegno per una de-escalation sulle prospettive aperte ad Astana, ma è chiaro che Erdogan deve accettare il nuovo assetto, cioè lasciare a Damasco quanto riconquistato, cosa che evidentemente non vuol fare.

E soprattutto che deve mettere il bavaglio ai terroristi di Idlib, cosa per lui impervia dato che non riesce ad abbandonare la prospettiva di piegare Damasco (e in tale prospettiva Idlib deve rimanere fattore di destabilizzazione permanente).

Ma Erdogan può davvero aprire una guerra, rischiando di scontrarsi con i russi? Questo il senso implicito della risposta del ministero degli Esteri siriano.

Le novità della campagna di Idlib

In attesa di sviluppi, registriamo tre novità. L’avanzata di Damasco su Idlib non ha suscitato, come in passato, appelli umanitari in Occidente. Strumentali, al di là delle intenzioni, a preservare ai terroristi la loro enclave.

Evidente che il teatrino è cambiato e che i fautori del regime-change siriano hanno meno presa sui Paesi che l’hanno spinto in vario modo.

Inoltre, a questa fase bellica è stato risparmiato, almeno finora, il teatrino delle armi chimiche di Assad, manipolazione usuale in questa guerra. Segno che gli artisti di tali manipolazioni sono in certo affanno.

In terzo luogo si osserva che da alcuni mesi l’area di Idlib viene chiamata “Governatorato di Idlib”. Controllato da terroristi, è di fatto assimilabile al Califfato dell’Isis.

Ma il nome Califfato evocherebbe, appunto, quel Terrore, legittimando l’iniziativa militare di Damasco. Da qui “governatorato”, nome che evoca un ente politico senza alcuna connotazione.

Potenza dei nomi e della propaganda, che qui è riuscita a far passare per “ribelli” quelle fazioni terroriste che hanno sparso sangue anche in Occidente.

 

FONTE :http://piccolenote.ilgiornale.it/43948/idlib-erdogan-guerra-damasco