15/05/2006
I cattolici "illuminati" prendono coscienza del pericolo islamico
ROMA, lunedì, 8 maggio 2006 (ZENIT.org).- L’ultimo numero di “Studium” (n.1/2006) ha pubblicato un saggio che ha per titolo “La questione islamica” e che analizza temi come il terrorismo fondamentalista, l’immigrazione, l’antisemitismo, le differenze tra l’Occidente e il mondo arabo, il dialogo religioso e i possibili scenari futuri.
Il saggio è stato scritto dal padre gesuita Piersandro Vanzan, professore di teologia pastorale alla Pontificia Università Gregoriana e scrittore de “La Civiltà Cattolica”, insieme a Roberto A.M. Bertacchini, plurilaureato esperto ricercatore, nonché collaboratore di Vanzan.
Il bimestrale “Studium”, una rivista di cultura cattolica fondata a Firenze nel 1906, nata prima come organo della Federazione degli Universitari Cattolici (FUCI) e successivamente, nel 1933, del nascente Movimento Laureati di Azione Cattolica, ha visto tra i suoi collaboratori più assidui anche monsignor Giovanni Battista Montini, che fu eletto Pontefice con il nome di Paolo VI.
In questa intervista rilasciata a ZENIT, i due autori del saggio sottolineano in particolare che “il confronto con l’Islam farà necessariamente esplodere le contraddizioni e i vistosi limiti del pensiero laicista, per cui si acuirà la spaccatura tra i laicisti miopi e i laici lungimiranti”.(Le contraddizioni cattoliche sulla questione islamica non sono da meno! N.D.R.).
Nel saggio pubblicato da “Studium” sostenete che il terrorismo, l'odio antioccidentale e antiebraico e l'immigrazione siano parte di un progetto globale per l’islamizzazione dell'Europa. A questo proposito avete scritto che "l'islamizzazione dell'Occidente, non è un fantasma né una paura, ma un’intenzione". Ci spiegate il perché di queste affermazioni?
Bertacchini-Vanzan: Nell’articolo da lei citato argomentiamo in lungo e in largo questo tema. In breve qui possiamo dire che l’Islam di oggi è una reazione fondamentalista all’Occidente che si sviluppa a partire dagli anni ’20, e che nel dopoguerra si aggrava per le mutate condizioni politiche palestinesi. Purtroppo l’Islam percepisce l’Occidente come una minaccia mortale, a prescindere dalle truppe americane in Iraq. Per gran parte del mondo islamico non va affatto bene che il cinema e la televisione mostrino modi di vivere e modelli ideali antitetici a quelli islamici. Non si tratta solo delle donne in minigonna, ma della presentazione di una società retta su principi opposti: per esempio di uguaglianza formale dei sessi e delle religioni, di libertà di scelta degli stati di vita, ecc. E ancor meno piace che le ragazze musulmane europee scelgano il proprio compagno senza il consenso del padre o dei fratelli, che non portino il velo, che magari scelgano la professione di medico, di giudice, di soldato, e quant’altro. Tali scelte, infatti, ricadono negativamente sui congiunti, specialmente più giovani, rimasti nei Paesi musulmani d’origine. Se non contrastate, quelle scelte finirebbero per incrinare la solidità di impianti sociali più che millenari. È per questo che gran parte dell’Islam - ovviamente le eccezioni non mancano - e in forme non ufficiali, reagisce e fomenta o quanto meno approva sia guerre regionali - dalle Filippine alla Cecenia, dalla Nigeria alla ex-Jugoslavia -, sia atti terroristici, dall’Estremo Oriente a New York: dietro ai quali c’è, necessariamente, una poderosa macchina organizzativa, finanziaria e ideologica. In questo quadro globale assume un rilievo particolare non solo la pericolosa vicenda iraniana, ma anche la prospettiva di una lotta all’ultimo sangue contro Israele. Un obiettivo non raggiungibile senza colpire o quanto meno neutralizzare il ruolo strategico dell’Europa. Donde l’importanza della sua islamizzazione.
Nel medesimo saggio affermate che esistono imam moderati, ma che l'Islam nel suo complesso soffre di una certa incompatibilità con le liberaldemocrazie a causa dell'accettazione parziale del concetto di libertà e di diritti umani. Potreste mostrarci qualche esempio?
Bertacchini-Vanzan: Un esempio di imam moderato è quello londinese, intervistato da Michele Zanzucchi e pubblicato nel libro “L’Islam che non fa paura”. Purtroppo quell’imam è morto recentemente, né conosciamo altri moderati di quel livello. Quanto alla questione della libertà, troppo ci sarebbe da dire. Per esempio le giovani cristiane tenute schiave, anche a uso sessuale, nell’alto Egitto, di cui Antonio Socci ha ben documentato l’esistenza. Fortunatamente c’è una organizzazione americana che ha lo scopo di liberarle, e qualche successo non manca, benché moltissime situazioni restino insanate. E poi ci sono le vere e proprie persecuzioni, di cui parla Samir Eid, che giungono a sconvolgere la sociologia religiosa di intere nazioni, con un’epurazione progressiva e una islamizzazione forzata dei cristiani. Il dramma nel Dafur resta emblematico! Né stanno meglio gli islamici che si permettono di derogare apertamente dalla linea ideologica fondamentalista. Magdi Allam e la Oriana Fallaci hanno ben documentato questi casi. Qualche nome? Farag Foda, assassinato in Egitto nel 1992; Mahfuz, premio Nobel, pugnalato quasi a morte nel 1994; Rashid Boudjedra, più volte incarcerato; M. Boukobza, assassinato in Algeria; Taslima Nasreen condannata a morte, e via numerando.
Ad un certo punto del vostro studio parlate della “necessità di una grande autocritica circa i rapporti con l'Islam, che finalmente esca da un ‘buonismo’ cieco e suicida”, e si propone una strategia di dialogo e di tolleranza mirata. Ci spiegate come sviluppare tale strategia?
Bertacchini-Vanzan: Su questo tema riteniamo più prudente attendere le indicazioni di Benedetto XVI. A noi conforta constatare di essere coerenti con quanto indica il Pontefice. Comunque, parlando in generale, bisogna ammettere che nel post-concilio si è dialogato non poco, ma con scarsi risultati. E insieme dobbiamo riconoscere che molti cattolici sono incappati nella retorica del dialogo a senso unico: senza reciprocità. Un caso generalmente positivo è quello dei Focolarini, che spesso sono riusciti a stabilire buoni rapporti sia con credenti di altre religioni, sia con i non credenti. I casi negativi sono invece quelli in cui i cattolici vengono semplicemente strumentalizzati, ma non ricevono contropartite significative in risposta alle loro aperture. E questo purtroppo avviene di continuo, per esempio quando si pretende di aprire grandi moschee in Europa, ma si nega di poter costruire anche una semplice cappellina in Arabia.
Nell'ultima parte del saggio si dice che “l'Islam di oggi pone all'Europa il problema del riconoscimento civile della sua identità”. Che cosa intendete dire: che l'Europa deve tornare ad essere profondamente cristiana e fautrice di quell'umanesimo culturale e spirituale che per secoli ha illuminato il mondo?
Bertacchini-Vanzan: Beh, qui occorre un po’ di realismo. Auspicare ritorni al passato è ingenuo. Invece occorre lavorare per un futuro socialmente più sereno. E il punto di fondo è che ciò non è possibile sulla base di certi atteggiamenti ingenui di certi laicisti, né sulla base di un atteggiamento rassegnato di troppi cattolici verso l’islamizzazione dell’Europa. Il concetto di Stato multietnico non coincide con quello di società interculturale. Il discorso esigerebbe un’altra intervista. Comunque, un punto è certo: le civiltà e le religioni non sono come numeri che comunque ammettono un massimo comun divisore. Infatti, alcune sono tra loro incommensurabili. L’idea di tolleranza si è sviluppata in Europa, perché si è coniugato al meglio — seppur con vari travagli — le radici (ascendenze/eredità) bibliche con i frutti della modernità. Ma questo schema non è trasponibile a piacere in qualsiasi contesto sociopolico. In breve, nell’art. di “Studium” volevamo dire che il confronto con l’Islam farà necessariamente esplodere le contraddizioni e i vistosi limiti del pensiero laicista, per cui si acuirà la spaccatura tra i laicisti miopi e i laici lungimiranti. I secondi saranno capaci di quell’autocritica che i primi neppure vogliono immaginare possibile, e arriveranno a un confronto sereno e fecondo col mondo cattolico. Ossia con la sua parte ancora tendenzialmente sana e fedele al Papa. Quod est in votis, almeno per noi!
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