06/07/2006
L'occidente é superiore all'islam
Dopo l’11 settembre è stato un susseguirsi incessante e frenetico di dissimulare la questione delle questioni: “Attenzione” si è detto “Non è uno scontro di civiltà, l’islam non è terrorismo, l’islam è una grande cultura”. Questo martellante tentativo è tipico di chi si rende conto che lì, proprio lì, sta la vera, tragica, esplosiva questione. E allora, soprattutto i “politicamente corretti” si sono affannati a negarla: si misurano i verbi, gli avverbi, gli aggettivi per non urtare, non scandalizzare. “L’occidente e l’islam sono due grandi civiltà equipollenti” dicono. Così è, se vi pare. “La cultura occidentale non è superiore a quella islamica, è una tra le tante culture del mondo.” Formidabile il relativismo culturale, lenisce le coscienze, livella il concetto di uomo, esclude la possibilità di distinguere il bene dal male: l’uomo di Parigi è come l’uomo cannibale, soltanto che utilizza modalità diverse per rispondere alle medesime esigenze, la democrazia non è migliore della teocrazia, una costituzione liberale non è migliore della sharia, una decisione parlamentare non è migliore di una sura, una organizzazione internazionale non è migliore della humma, una sentenza di un tribunale indipendente non è migliore di una fatwa. Il relativismo culturale è stato, forse, la più formidabile affermazione di superiorità della cultura occidentale. La cultura occidentale si reputa talmente superiore alle altre culture (islamica compresa) che per sedare i sensi di colpa filogenetici s’inventa il relativismo culturale e così tutti possono dormire sonni tranquilli. Avete mai visto un antropologo della Costa d’Avorio o del Sudan o dell’Arabia? Ma non sono proprio gli islamici a reclamare una presunta superiorità della loro cultura rispetto alla decadenza e ai vizi del mondo occidentale? Avete mai incontrato un “relativista” arabo, o più in generale, islamico? Chi è che si può permettere il lusso di dichiarare “relativa” la sua cultura? Evidentemente chi sa maneggiare strumenti culturali sofisticati riuscendo quindi a decentrarsi percependosi come “mondo tra i mondi”. E a quale cultura appartiene chi riesce a fare ciò? A quella occidentale! E non è questa la più formidabile affermazione di superiorità culturale? Ma in concreto, in cosa consisterebbe la superiorità della cultura e della civiltà occidentale rispetto a quella islamica? Cercare categorie storiche sarebbe tempo sprecato. Nella straordinaria potenza scientifica e tecnica? No, non è questo. Allora in quella economica, nella capacità di produrre benessere? Cosa cercano da noi i milioni di immigrati provenienti da ogni parte del mondo? Un po’ di benessere, forse? Quel benessere che non trovano a casa loro o che la loro cultura sovente osteggia? Cercano libertà? Quella libertà che sovente la loro cultura non garantisce? Cercano lavoro? Ma noi li sfruttiamo; se li facciamo lavorare 8-10 ore la giorno e li mettiamo a pulire la cucina o i cessi li sfruttiamo, se nella loro cultura lavorano il doppio e senza la minima tutela o sono costrette (le donne) a portare il burka o vengono decapitate o lapidate in piazza o ripudiate o infibulate o scambiate con i cammelli, allora questi li chiamiamo “fatti culturali”. Ciò che per noi è un crimine, trasferito da un’altra parte diventa un “fatto culturale”; ciò contro cui noi abbiamo combattuto per secoli, da un’altra parte ridiventa un “fatto culturale” e quindi come tale rispettabile, comprensibile, giustificabile. E sia, ma non a casa nostra.
E che diritto abbiamo noi di imporre a loro la nostra cultura? Sante parole. Non è forse giusto che ogni popolo, ogni cultura faccia il suo percorso senza “spintoni”? Pensiamo forse che la cultura islamica, per certi versi, sia in uno stato di arretratezza rispetto alla nostra? E allora? Che siano liberi di essere ciò che vogliono essere, di sperimentare, di sbagliare (già, ma dove? a casa di chi?). E noi come eravamo? Non abbiamo fatto anche noi tremendi errori? Non ci siamo passati anche noi? E i roghi, l’Inquisizione, gli oppressi e gli oppressori, il nazismo, l’olocausto, Stalin? Già, quindi se tutte queste affermazioni possono avere un minimo di senso, non se ne può dedurre che il tragitto fatto da qualcuno è, non tanto diverso, ma, forse, più lungo? Vogliamo negare l’evoluzione sociale, politica, economica? E allora in cosa consiste questa presunta superiorità della cultura occidentale? Sta nel non confondere il peccato con il reato; sta nella straordinaria possibilità di poter sputare nel piatto in cui si mangia; sta nella libertà di poter dire, scrivere, mettere in musica, rappresentare, urlare in piazza gli aspetti più drammatici e raccapriccianti del nostro modo di essere; sta nel fatto di poter dire sempre e ovunque:”questa società mi fa schifo, questa cultura mi fa schifo: cambiamola!” e magari dicendo questo guadagnarci pure sfruttando i mezzi che questa cultura offre. Vogliamo fare l’elenco di tutti quei filosofi, intellettuali, artisti, scrittori che, criticandola, sbeffeggiandola, demolendola hanno contribuito a fare grande la cultura occidentale? Vogliamo fare un analogo elenco in campo islamico? Ecco in cosa consiste la superiorità della cultura occidentale. Ed essa, talvolta, sfiora il masochismo. Alcuni dei nostri intellettuali non si azzarderebbero mai a dire:”Sono fiero di essere occidentale”; per carità, già lo sappiamo di essere un tantino superiori, vediamo di non ostentarlo. E invece perché non possiamo rivendicare e con orgoglio il nostro essere occidentale? Perché ciò che per gli altri è un sacrosanto diritto per noi diventa quasi un gesto di sopraffazione? Di indelicatezza nel migliore dei casi? Eppure noi siamo ciò che siamo e non vorremmo essere diversi dal nostro essere occidentali! Ah, che bestemmia!
Ma crediamo davvero noi occidentali di essere liberi dentro questa cultura globalizzata e totalizzante? Non ci accorgiamo degli spropositi e delle falsità che ci sprofondano in una realtà spesso irreale, plastificata, mercificata, anestetizzata? Ah, la cultura occidentale, così falsamente libera! E sia, ne conveniamo, schiere di artisti, poeti, letterati, filosofi, cineasti non hanno fatto altro che sbatterci in faccia questa scomoda verità, ma gradite forse la meno totalizzante islamica? Prego, ma lasciateci la nostra piccola, imperfetta, sgualcita, sorpassata, illusoria libertà: grazie! Perché nella cultura islamica forse sono più liberi? I cittadini sono più cittadini? C’è più benessere, giustizia sociale, tutela dei diritti dell’uomo? Perché allora migliaia di islamici vengono da noi? Certo non per abbracciare la nostra cultura, ma comunque per avere ciò noi abbiamo e che a loro, spesso in modo del tutto strumentale, fa comodo avere. E perché noi li lasciamo venire? Perché ci servono come forza lavoro? Sì, ma per questo ci sono tante altre nazioni non islamiche nel mondo. Perché diamo a loro le nostre stesse libertà? Perché lasciamo che costruiscano le loro moschee, i loro centri culturali, le loro scuole coraniche quando noi non possiamo fare altrettanto? Perché lasciamo che occupino interi quartieri? Perché invitiamo i loro rappresentanti ai nostri talkshow e gli diamo spazio sui nostri giornali e magari tra un po’ anche il voto, voto che magari non possono esercitare nemmeno a casa loro? Perché, fondamentalmente, riteniamo che i nostri valori culturali (libertà, democrazia, uguaglianza di diritti, giusto per citarne qualcuno) siano universalmente validi, quindi estendibili anche agli altri, a qualsiasi uomo, indipendentemente dalla cultura di provenienza e pensiamo che la nostra cultura sia talmente forte (o superiore?) da potercelo permettere. Se nel profondo di noi stessi non fossimo convinti di questo non faremmo queste cose: “Odio quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo” diceva Voltaire. Se questa sia una sopravvalutazione delle nostre forze o meno lo si vedrà. Esiste un’altra cultura capace di fare questo? Di aprirsi in tal modo anche verso chi in modo più o meno esplicito è pronto a distruggerla? Esiste una cultura che sappia produrre al suo interno voci di dissenso pronte a capire e giustificare chi vorrebbe, se ne avesse la possibilità, stravolgere il nostro modo di essere? Quanti milioni di islamici ci sono in Occidente? Qualche decina forse? Ora, immaginate di riversare nel mondo islamico qualche milione di occidentali; che so, 5-6 milioni in Arabia, 3-4 milioni in Pakistan, 1-2 milioni in Egitto e così via. Voi pensate che lo permetterebbero? Pensate che concederebbero ciò che noi concediamo a loro? Non crediamo di no. E perché non lo farebbero? Per paura, paura del confronto con la cultura occidentale, paura di essere fagocitati, sopraffatti (come accaduto al comunismo dopo la caduta del muro), perché l’aprirsi, ma a pari opportunità, sarebbe per loro una sconfitta dichiarata e attesa in quanto solo la chiusura consente loro la sopravvivenza. Le società aperte sono quelle che non temono il confronto con gli altri perché forti dei loro valori.
Alla fine ci chiediamo: ma è possibile stabilire alcuni valori fondamentali universalmente validi? Validi per l’uomo in quanto tale e non in quanto musulmano, cristiano o buddista, bianco o nero, ricco o povero? Solo un uomo ragionevole svincolato da ogni visione teologica lo può fare; e dove lo possiamo trovare quest’uomo? Quale cultura può o potrà o ha già tentato di partorirlo? Quella occidentale, sempre che, per eccesso di sicurezza non si faccia distruggere prima.
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