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22/07/2006

Hezbollah, terrorismo, traffico di droga, contrabbando..nel nome di allah il misericordioso

Gli Hezbollah, da buoni libanesi, hanno il senso del commercio. E con l'obiettivo di aiutare la «resistenza armata» trafficano in tutto. Partite di cocaina in Sudamerica, gemme in Africa, sigarette negli Stati Uniti, false griffe in Europa. Ma il prodotto che non ti aspetteresti è il Viagra: pillole taroccate, probabilmente pericolose per chi le assume. La storia del Viagra non è una bugia per «sporcare» l'immagine dura e pura del partito di Dio libanese. E' vera ed è emersa nei mesi scorsi durante una indagine federale negli Usa. Un gruppo di libanesi, da tempo residenti tra Carolina del Nord e Michigan, avevano messo in piedi una redditizia attività di contrabbando destinata — in parte — ad alimentare il budget dell'Hezbollah. Fonti diplomatiche stimano in 250 milioni di dollari il bilancio ufficiale del movimento, un tesoro garantito da cospicui finanziamenti iraniani. Almeno 10 milioni di dollari al mese. In realtà c'è il sospetto che il giro d'affari abbia dimensioni planetarie. Un piccolo impero economico su cui non tramonta mai il sole.
Il primo pilastro dell'apparato è nella famosa Triplice frontiera, la zona racchiusa dai confini di Paraguay, Brasile e Argentina. Nella cittadina paraguayana di Ciudad del Este, l'Hezbollah gestisce scuole, centri islamici e commerci. Un finanziere d'assalto brasiliano di origini libanesi ha inviato almeno 50 milioni di dollari alla guerriglia ottenendo una lettera di ringraziamento da parte del segretario Hassan Nasrallah. A Ciudad vendono smerciati prodotti contraffatti — borse, profumi, elettronica, cd musicali —, riciclano denaro, raccolgono soldi nella folta comunità araba (almeno 20 mila persone). I negozi dai nomi arabi diventano una buona copertura e una base per militanti in trasferta. Esiste — secondo gli 007 argentini — un sistema di comunicazione via Internet che lega la colonia paraguayana al quartier generale in Libano. Un accogliente santuario dove sciiti e sunniti vanno d'accordo in nome del guadagno. Infatti elementi pro-iraniani convivono con estremisti egiziani della Jamaa e della palestinese Hamas, anche loro impegnati nella raccolta della zakat (l'offerta).
Il modello ha funzionato e l'Hezbollah lo ha riprodotto. Attivisti libanesi hanno aperto imprese di import/export all'Isola Margaritas in Venezuela, in Cile, in Ecuador, a Panama, in Guayana. I luoghi preferiti sono le cittadine a cavallo delle frontiere, dove poliziotti distratti e un intenso passaggio favoriscono gli imbrogli. Nei paesi della droga emissari Hezbollah trattano droga con i cartelli locali. La polizia ecuadoriana ha smantellato di recente una organizzazione che guadagnava un milione di dollari a spedizione e destinava il 70% ai militanti. Oltre il Rio Grande, negli stati centrali degli Usa, l'Hezbollah è più discreto. Oltre al Viagra, traffica in latte in polvere e sigarette, quest'ultime comprate in una riserva indiana. Una rete che operava tra Detroit e Charlotte ha frodato il fisco per 20 milioni di dollari. Quanti ne sono finiti all'Hezbollah? L'Fbi non ha una risposta, però ha accertato un legame operativo con Imad Mugnyeh, a lungo responsabile dell'apparato clandestino e oggi numero tre nella lista dei super-ricercati. Le cellule americane, oltre a commerciare, hanno il compito di acquistare materiale paramilitare: visori notturni, apparati radio, abbigliamento, telefoni satellitari, sistemi Gps. I mediatori legati all'Hezbollah si sono fatti un nome in altri due settori.
Il recupero crediti e le pietre preziose. Una grande società del tabacco britannica avrebbe chiesto aiuto ai militanti per recuperare un grosso credito in Iran. Operazione pagata con un ricco assegno per la intermediazione. Non meno aggressiva l'attività in Africa. Alcuni tra i più spregiudicati mercanti di gemme sono di origine libanese e appartengono alla comunità sciita. C'è il fondato sospetto che promuovono la raccolta di «tasse rivoluzionarie» in favore dell'Hezbollah e versino loro stessi un obolo alla causa. I libanesi finiti sotto accusa si difendono sostenendo che si tratta di normali attività economiche, perfettamente legali. E altri aggiungono che i fondi inviati a Beirut sono spesi nel vasto apparato sociale composto da asili, mense, scuole, ambulatori gestito dall'Hezbollah. Provare che i dollari finiscono all'ala combattente non sempre è facile. Ma il sospetto è legittimo.
Guido Olimpio
22 luglio 2006

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