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25/09/2007

Banca islamica in Italia, sharia D.O.C.

Nel 2008 aprirà i battenti in Italia la prima banca islamica, un istituto di credito che rispetta le regole della Sharia. Ad annunciare il progetto di sbarco in Italia è Adnan Yousif, presidente dell'Unione delle banche arabe. L'Italia, dunque, dopo la Gran Bretagna, sarà il secondo Paese di espansione per le banche islamiche.

La notizia è stata annunciata nel corso della presentazione del memorandum siglato dall'Associazione bancaria italiana e dall'Unione delle banche arabe (Uab). L'accordo, siglato a Roma, nel corso della seconda giornata del forum internazionalizzazione 2007, dai presidenti dell'Abi Corrado Faissola e dell'Unione delle banche arabe Adnan Yousif, consentirà di rafforzare la collaborazione economica, politica e sociale tra l'Italia e i paesi arabi, oltre che favorire un'intensificazione dei rapporti finanziari attraverso una struttura permanente di dialogo e di cooperazione gestita dalle due associazioni bancarie.

«Questo accordo - spiega Faissola - rappresenta solo un punto di partenza: Abi e Uab si sono date un anno di tempo per organizzare e sistematizzare la collaborazione reciproca. Nelle nostre intenzioni, il passo successivo dovrebbe essere la creazione di una vera e propria federazione bancaria italo-araba che, in prospettiva, può rappresentare un modello da seguire anche per altri paesi dell'Unione Europea». Faissola evidenzia, poi, come «l'intesa rafforzerà la cooperazione economica, politica e sociale tra Italia e Paesi arabi e favorirà la nascita di partnership nel settore bancario, finanziario, delle attività pubbliche e delle imprese private».

Per Yousif, l'accordo «promuoverà e consoliderà ulteriormente il rapporto già esistente tra banche italiane e arabe». Il presidente dell'Uab, che rappresenta 320 banche arabe, annuncia, poi, come, nel 2008, potrebbe aprire la prima banca islamica in Italia, probabilmente con sede a Roma. Per Yousif, infatti, «il sistema bancario islamico è accettabile a livello internazionale: il mio gruppo ha già creato due banche islamiche a Londra, l'Italia è il secondo passo della nostra espansione». Il presidente dell'Uab ha poi aggiunto che «l'Italia possiede banche, normative e regolamenti adatti, quindi merita il business delle banche islamiche, tra l'altro ci sono già ingenti investimenti da parte delle istituzioni finanziarie islamiche in Italia».

Il vice ministro degli Affari esteri Ugo Intini (ex-lustrascarpe del famoso brigante Bettino Craxi NDR), presente alla firma dell'accordo, si è detto entusiasta dell'intesa raggiunta, spiegando come l'accordo va nella direzione di un partenariato speciale tra l'Europa e l'altra sponda del Mediterraneo, ovvero Nord Africa, Medio Oriente e paesi del Golfo. «Tutte le iniziative - sottolinea Intini - che aiutano il dialogo culturale sono importanti e l'economia ne raccoglierà i frutti».
L'intesa, oltre al rafforzamento dello scambio di informazioni, dati ed esperienze manageriali, prevede la costituzione di tavoli di lavoro che vedranno esperti del settore bancario italiano e dei diversi paesi arabi confrontarsi periodicamente per individuare soluzioni condivise alle eventuali criticità e opportunità di investimento e sviluppo da cogliere.

Claudio Tucci

 www.ilsole24ore.com

COMMENTO:

IL DENARO ,SI SA, NON HA ODORE.

DETTO QUESTO, I CIALTRONI CHE CI AMMINISTRANO (SI FA PER DIRE) SPALANCANO LE PORTE ALLA SHARIA, IN OGNI SUO ASPETTO, COMPRESO QUELLO FINANZIARIO.

LA PRESA PER IL CULO DELLE COSIDDETTE BANCHE ISLAMICHE, CONSISTE A FAR CREDERE CHE QUEST'ULTIME PRESTINO SOLDI SENZA INTERESSI. O PERLOMENO, SOLO AI FEDELI DEL PEDOFILO DEL DESERTO.

INUTILE DIRE CHE SI TRATTA DI UNA PRESA PER IL CULO. LA REALTA' E' CHE QUESTE PSEUDO-BANCHE CERCANO DI CAPTARE IL RISPARMIO DELL'HOMO ISLAMICUS E DI DIRIGERLO VERSO UN ISTITUTO FINANZIARIO DI TIPO COMUNITARIO. IN SECONDO LUOGO ESSE SERVONO DA INTERMEDIARIO PER LA PRESA DI POSSESSO DELLE NOSTRE CITTA' E DELLE NOSTRE IMPRESE DA PARTE DEI PARASSITI CHE SI ABBEVERANO ALLA SORGENTE DEL PETRODOLLARO

LA SHARIA E' INCOMPATIBILE CON IL NOSTRO CONCETTO DI CIVILTA' UMANISTICA MA GLI EURODHIMMI FANNO FINTA DI NON SAPERLO.

PER SAPERNE DI PIU' SU QUESTE PSEUDO-BANCHE ISLAMO-BUFFONICHE:

http://www.altalex.com/index.php?idstr=34&idnot=29373

21/09/2007

Reconnaître l'arbre...à ses fruits!

Deux documents annoncent une radicalisation des actions d’al-Qaida au Maghreb, au Darfour, et au Pakistan.

Les interventions médiatiques d’al-Qaida se succèdent actuellement à un rythme effréné. Les deux dernières indiquent une radicalisation des actions de la nébuleuse terroriste à travers le monde.
Ayman al-Zawahiri, le numéro 2 d’al-Qaida, apparaît dans une nouvelle vidéo intitulée « La puissance de la vérité ». Sur plus de 1h20, cette vidéo publiée sur plusieurs sites que lefigaro.fr a pu visionner, mêle des images d’archives d’Oussama Ben Laden et d’autres figures d’al-Qaida, des reprises d’interventions médiatiques d’occidentaux, et, plus inattendu, un extrait sonore attribué à Malcolm X, le leader du mouvement noir musulman « Nation of Islam ». Le tout est entrecoupé de déclarations d’al-Zawahiri. Il y appelle notamment les djihadistes à « débarrasser le Maghreb des fils de Français et d'Espagnols » . Un appel à la branche locale al-Qaida au Maghreb, ex-GSPC, à viser les intérêts européens.
Guerre déclarée à Musharraf
Zawahiri, qui s’exprime devant une bibliothèque et une mitraillette, invite également les musulmans à aller combattre les Occidentaux présent ou à venir au Darfour. Il estime que la guerre y a été déclenchée par les « Croisés » dans le but de pouvoir y envoyer par la suite des soldats (espèce de salaud de connard! NDR). Il condamne également le président soudanais el-Béchir, accusé d’avoir fait preuve de faiblesse, notamment face au Conseil de sécurité de l’Onu. Il promet enfin la guerre au président pakistanais Pervez Musharraf, coupable selon Zawahiri d’avoir fait donné l’assaut à la Mosquée Rouge (Allah akbar! NDR).SOURCE: www.figaro.fr

Falce e carrello

d1b1bf92ecae090fe9e7e398ef28c44d.gifBernardo Caprotti ha scritto un libro-j'accuse contro gli ostacoli posti al suo gruppo (Esselunga)  nelle regioni rosse. Seguirà esposto in precura
MILANO - Da tempo denuncia la sua difficoltà ad accedere al mercato della grande distribuzione in alcune regioni italiane, dove a suo dire vige un vero e proprio regime di sudditanza nei confronti delle Coop. La protesta di Bernardo Caprotti, 81enne fondatore di Esselunga, è diventata ora un libro dall'evocativo titolo di «Falce e carrello», edito da Marsilio. E scaturirà presto anche in una vera e propria azione penale: il patron della catena di supermercati più diffusa del nord Italia ha infatti annunciato di voler presentare in procura un esposto proprio per denunciare questa sorta di conventio ad excludendum che amministrazioni locali e operatori economici vicini alla sinistra starebbero attuando nei suoi confronti.
«MERCATO DISTORTO» - Già o scorso gennaio Caprotti aveva parlato della questione con il commissario della Ue alla concorrenza, Neelie Kroes: «Le ho raffigurato la situazione di cui sono stato vittima e testimone - ha raccontato Caprotti alla presentazione del libro -: una distorsione della Repubblica attraverso un vero e proprio controllo territoriale che ti impedisce di entrare in certe zone del Paese con vari sistemi: piani regolatori, decisioni delle sovrintendenze, velate minacce ai costruttori. Il controllo del territorio comporta una tendenza al monopolio: è questa che abbiamo denunciato all'Unione europea». E «Falce e carrello» è dedicato proprio «a ciò che ho dovuto subire per mani delle Coop».

www.corriere.it

COMMENTO: il catto-comunismo all'italiana scopre ed esalta le virtu' del capitalismo...in salsa egemonica. Lo chiameremo "liberal-bolscevismo"!

18/09/2007

Debat sur les origines de l'islam

Texte très intéressant à lire:

origines_islam.pdf

SOURCE: http://voxdei2.free.fr/docs/origines_islam.pdf

COMMENTAIRE: il convient néanmoins de rappeler que l'existence réélle de Mahomet, l'épileptique analphabète, est loin d'être une certitude.

A ce propos lire aussi: http://www.bernard-raquin.fr/spiritualite/superstitions-c...

Resistenza anti-moschea di Bologna

Fi: non si farà niente fino alle lezioni del 2009 «Per evitare la costruzione della moschea a Bologna si sono mobilitati in molti, soprattutto i cittadini e oggi sembra che ce l’abbiano fatta: il progetto moschea riparte da zero. Attenzione però, la tattica della sinistra è sempre la stessa: tornare indietro di un passo per farne altri cento in avanti. Che stia facendo proprio così Cofferati? Oggi fa tabula rasa del progetto, si prende un periodo di riflessione di un mese e mezzo, magari continua a riflettere fino alla fine dell’anno e poi ancor un annetto, così i bolognesi al momento del voto non si ricordano della moschea e lo votano di nuovo, il Cofferati». È l’ipotesi che lancia il presidente del gruppo assembleare di Forza Italia in Regione Emilia Romagna Giorgio Dragotto, commentando la decisione dell’amministrazione comunale di Bologna di revocare la delibera sulla nuova moschea. «Vinte di nuovo le lezioni del 2009 Cofferati che fa?» domanda Dragotto. «Potrebbe far costruire una gigantesca moschea a Bologna - azzarda l’esponente azzurro - dimenticandosi le proteste dei cittadini e sostenendo di essere assolutamente legittimato dal consenso popolare». Di qui l’invito ai bolognesi a «non cadere in questo tranello».

La Lega: non abbasseremo la guardia Il sindaco di Bologna fa marcia indietro sul progetto della nuova moschea «speriamo perchè ha capito l’errore e non per prendere tempo». È l’auspicio del presidente federale della lega, Angelo Alessandri. Cofferati «sappia che la Lega Nord sarà sempre vigile - assicura - e non permetterà, nè oggi nè mai, che progetti di questo tipo si realizzino. La difesa della nostra cultura e delle nostre città dall’invasione di chi ci vuole conquistare sarà sempre prioritario per noi e non abbasseremo di certo la guardia».

www.ilgiornale.it

13/09/2007

Le mois de la coercition a debuté

Le mois du jeûne s'ouvre demain matin en France. Les musulmans non pratiquants sont souvent amenés à observer les prescriptions contre leur gré.

LES DEUX filles étaient en train de prendre un verre dans un bar de la Seine-Saint-Denis. En plein mois du ramadan. « Le frère de l'une d'elles est entré et leur a enjoint sans mesure de vider les lieux », raconte, un an plus tard, un élu local du département qui, « du fait de (ses) responsabilités », préfère conserver l'anonymat. « Énervé du ton employé par le frère, un consommateur s'est interposé et la bagarre a commencé. » Pour l'élu, d'origine marocaine, ce type d'incident reste « isolé » mais est caractéristique des dérives d'une pratique religieuse « devenue massive » à l'occasion du ramadan.
Selon un sondage CSA-La Vie de 2006, si 49 % des musulmans interrogés ne vont jamais à la mosquée, 88 % des sondés respectent cependant les prescriptions du mois "saint" (mon cul NDR) en matière de jeûne, de prières ou d'exercice de la charité. Ils étaient 60 % à déclarer jeûner en 1989 et 70 % en 2001.
L'élu de Seine-Saint-Denis se sent particulièrement concerné, lui qui s'apprête à jeûner pendant un mois sans pour autant être croyant. Il affirme simplement vouloir « être sur la même tonalité que les autres » mais reconnaît que « la culpabilité est parfois vive pour ceux qui ne suivent pas le ramadan dans un environnement musulman ».
C'est le cas de Saïd, 35 ans, qui redoute d'annoncer à sa mère - chez laquelle il vit en banlieue parisienne - son intention de ne pas suivre le ramadan cette année. « Je viens de prendre un nouveau boulot et je ne peux pas prendre le moindre risque de fatigue ou de stress. Mais je crains sa réaction et celle de mon entourage. » Saïd sait qu'il va devoir feindre le jeûne devant les voisins.
De plus en plus formalistes
La pression est valable pour les jeunes générations, « mais aussi pour les seniors qui veulent montrer l'exemple », note Sonia Imloul, présidente de l'association Respect 93. Selon elle, la pratique religieuse attire les familles qui ne savent pas comment sortir leurs enfants de la délinquance. « Lors du ramadan, elles sont donc particulièrement sensibles aux discours des religieux, dont les enfants ne traînent pas dans les rues ou dans les commissariats. » Au risque, par ignorance, de suivre des prescriptions de plus en plus formalistes.
Sur Internet, les forums de discussion regorgent ainsi de questions du type : « Est-il possible de se laver les dents au risque de boire de l'eau ? » Et, sur le site de la Grande Mosquée de Lyon, on apprend même que le vomissement involontaire est toléré « à condition qu'une fois (les aliments) arrivés à la bouche, de n'en rien retourner à l'estomac » (sic,sic,sic!).
Face à cette situation, l'intellectuel musulman Ghaleb Bencheikh tire la sonnette d'alarme. « Jusque dans les cours de récréation on ressent cet engouement croissant pour le jeûne et l'opprobre dont sont victimes ceux qui ne suivent pas les préceptes. Des zélateurs de bazar en profitent et donnent dans la crétinisation des esprits. » L'occasion pour lui d'appeler « au réveil des cadres musulmans responsables ». Sinon, prévient-il, « ceux qui cherchent à restaurer lors du ramadan une identité culturelle ou religieuse prétendument blessée resteront à la merci des imams ignares ».

www.figaro.fr


12/09/2007

Segnali di resa

Nella nostra civilissima Europa si può, per fortuna, manifestare pro o contro tutto. Contro e per le Chiese, le leggi, i governanti. Si può scendere in piazza contro l'Europa, e spazi di manovra pubblica vengono concessi persino a gruppi di neonazisti e di pedofili. Ieri, però, nell'Unione Europea è stato ufficializzato un nuovo tabù: quello di dimostrare contro l'islamizzazione del nostro continente. Beninteso, nel corteo proibito dal sindaco di Bruxelles Freddy Thielemans, per l'anniversario dell'11 settembre, ci sarebbero stati anche elementi di deprecabile xenofobia, razzisti e estremisti di destra con i quali è meglio non avere a che fare. La Sioe (Stop the islamization in Europe), però, aveva lo scopo più che condivisibile di presentare al Parlamento comunitario una petizione contro le leggi possibiliste sulla sharia, che hanno già avuto applicazioni ambigue in Danimarca, in Germania, e anche in Italia, sulla poligamia e sul «diritto» di picchiare moglie e figli. Non si trattava, dunque, delle vecchie diatribe - peraltro importanti - sulla liceità del velo o sui simboli religiosi negli edifici pubblici, ma di una questione che entra nel cuore del nostro diritto e della nostra civiltà.
Ma ammettiamo pure si trattasse di una nuda e cruda volontà di opporsi all'islamizzazione dell'Europa, come sintetizzavano i cartelli «No Eurabia». È una protesta legittima che invece viene considerata a priori xenofoba, di odio religioso o addirittura razzista. Se in alcuni casi è così, non si vuole mai tenere conto che accettare una sempre maggiore penetrazione della cultura islamica nelle nostre società è oggettivamente un pericolo. Perché quella musulmana è una cultura che, fondendo i piani civile e religioso, la sharia, appunto, rischia di riportare l'Europa e gli europei a una situazione che fortunatamente (e sanguinosamente) abbiamo superato da secoli. Inoltre è palese che il terrorismo islamico fa sempre più proseliti anche fra giovani musulmani nati nel nostro continente, come dimostrano gli ultimi attentati in Gran Bretagna, figurarsi fra i nuovi arrivati.Oltre al ricatto del politicamente corretto a tutti i costi, c'è il ricatto della paura. Secondo le agenzie di stampa internazionali, il sindaco di Bruxelles temeva la reazione dei più fanatici tra la comunità musulmana locale. La stessa paura che hanno avuto tutti gli Stati europei ai tempi delle vignette danesi su Maometto. In quell'occasione noi, che liberamente ironizziamo su papi e santi, ci siamo censurati sulla libertà di fare satira sul Profeta. Abbiamo ammantato quella scelta come una prova di sensibilità verso l'«altro». E però l'«altro» l'ha recepita come una debolezza, come una dimostrazione che l'islamizzazione dell'Europa è possibile e che verrà favorita dalla nostra paura, come sostenevano Oriana Fallaci e, prima di lei, Bat Yeor e Ida Magli. Che a Bruxelles si sia preferito mettere in galera dei parlamentari europei, pur di non offendere l'Islam, è un altro pessimo segno di resa.

www.giordanobrunoguerri.it

03/09/2007

Lorsque la raison d'Etat prime sur l'éthique, une ligne rouge est franchie

Une organisation juive américaine a décidé de reconnaître le génocide arménien. Ehoud Olmert a désavoué cette prise de position pour préserver ses bonnes relations avec la Turquie.

POUR les dirigeants israéliens, la question du génocide arménien reste un tabou. La raison d'État l'emporte sur toute autre considération. Résultat : le gouvernement d'Ehoud Olmert a désavoué la décision prise la semaine dernière par la Ligue antidiffamation, une puissante organisation juive américaine, de reconnaître l'existence d'un « génocide » de plus d'un million d'Arméniens durant la Première Guerre mondiale.
Une initiative qui a provoqué la colère d'Ankara. L'ambassadeur de Turquie à Tel-Aviv, absent, est revenu d'urgence à son poste. De son côté, Shimon Pérès, le président, s'est empressé de téléphoner à Recep Tayyip Erdogan, le premier ministre turc, pour lui expliquer qu'il n'était pas question pour le gouvernement israélien d'emboîter le pas de la Ligue antidiffamation.
Une telle attitude reflète le souci de ne pas se mettre à dos la Turquie, le seul pays musulman considéré comme un allié militaire de l'État hébreu. Hasard du calendrier, au moment même où la Ligue antidiffamation lançait sa « bombe », les marines israélienne, turque et américaine participaient à des manoeuvres aéronavales en Méditerranée.
La Turquie est liée par un accord de coopération militaire conclu en 1996 avec l'État hébreu, que les islamistes modérés au pouvoir à Ankara n'ont pas remis en cause. La Turquie est également un client pour les industries militaires israéliennes.
Sur le front politique, l'État hébreu soutient discrètement la candidature de la Turquie à l'Union européenne et a gelé ces dernières années, pour apaiser les dirigeants turcs, ses contacts avec les Kurdes noués dans les années 1970 et 1980. Bref, avec Ankara, Israël marche sur des oeufs. L'essentiel est de ne rien faire qui puisse mécontenter la Turquie qui est aussi le plus important partenaire économique de l'État hébreu dans la région et la destination favorite des touristes israéliens.
Sachant parfaitement combien Israël tient à ces relations, l'ambassadeur turc Namik Tan a clairement annoncé la couleur lors d'une interview au quotidien Jerusalem Post en exigeant que le gouvernement israélien rappelle à l'ordre la Ligue antidiffamation.
Les responsables turcs redoutent qu'une éventuelle intervention du « lobby juif » aux États-Unis relayée par Israël convainque le Congrès de reconnaître l'existence du génocide arménien. « Si vous voulez vous en prendre au coeur du peuple turc, c'est la question numéro un », a prévenu le diplomate. « Nous comprenons qu'il s'agit d'une des organisations juives américaines, mais nous savons tous qu'elles travaillent en coordonnant leurs efforts avec Israël », a poursuivi l'ambassadeur.
« Dette morale »
Le message a été reçu cinq sur cinq. Cette extrême prudence dans un pays qui s'est battu pour que la Shoah soit reconnue a provoqué un certain malaise.
En mars dernier, plusieurs députés ont tenté en vain de faire voter par la Knesset une motion reconnaissant implicitement la réalité du génocide des Arméniens. Selon Haïm Oren, parlementaire d'opposition de gauche, « il est du devoir du Parlement israélien, en tant que représentant du peuple juif, de reconnaître ce fait historique, il s'agit d'une dette morale que nous avons envers le peuple arménien et à l'égard de nous-mêmes ».
Mais cette initiative, qui visait à permettre la participation à une journée internationale de commémoration du génocide arménien, avait été repoussée sous la pression du gouvernement.
COMMENTAIRE: on n'achète pas son salut en marchant sur la memoire des victimes d'un crime effroyable! Olmert qui marche dans les pas d'Erdogan, on aura tout vu!