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04/02/2008

Culto della morte in nazislamistan

5a5a435f70093743da16b1e20b449fac.jpgTEHERAN - Saranno sepolte vive fino alle ascelle e colpite da pietre che non devono essere abbastanza grandi da provocare la morte immediata: è questo il destino che attende due sorelle iraniane, Zohreh e Azar (i cognomi non sono stati resi noti) condannate alla lapidazione per adulterio. La Corte suprema, scrive il quotidiano riformista Etemad, ha confermato la sentenza, che potrebbe quindi essere eseguita in ogni momento. Zohreh e Azar, rispettivamente di 28 e 27 anni, sono entrambe sposate, e vivono a Shahriar, un sobborgo vicino Teheran. Secondo il loro avvocato, Jabar Solati, le due donne sono state condannate senza prove, con una sentenza basata esclusivamente sulla «sapienza del giudice», un principio stabilito dalla legge islamica, che dà un amplissimo potere discrezionale all'autorità giudicante.

STOP ALLE LAPIDAZIONI - Dal 2002 il capo dell'apparato giudiziario, l'ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, ha ordinato la sospensione del supplizio della lapidazione, previsto in particolare per l'adulterio, ma ciò non ha impedito che almeno una persona sia stata messa a morte in questo modo, secondo quanto annunciato dalle autorità. Alcune organizzazioni per i diritti umani affermano che altri supplizi uguali sono avvenuti.

SPIATE DAI MARITI - Zohreh e Azar, ha sottolineato l'avvocato Solati, erano state denunciate dal marito della prima, che, spinto dalla gelosia, aveva nascosto una telecamera nell'abitazione in cui viveva con la moglie per filmarla quando lui era assente. Era emerso che le due sorelle avevano ricevuto degli uomini, e per questo erano state condannate a 99 frustate per «relazioni illegali». Sei mesi dopo essere state sottoposte alla punizione corporale, sono state convocate davanti ad un'altra Corte, che le ha riconosciute colpevoli di adulterio.

MASSACRATO A COLPI DI PIETRA - L'unica lapidazione ammessa ufficialmente dalle autorità dal 2002 è stata quella di un uomo, Jafar Kiani, massacrato a colpi di pietra nel luglio del 2007 vicino Qazvin dopo essere stato tenuto in prigione per 11 anni. La sua colpa, avere lasciato la moglie per convivere con un'altra donna, dalla quale ha avuto figli. La sua compagna, Mokarraneh Ebrahimi, anche lei sposata, è stata condannata allo stesso supplizio, sebbene per il momento l'esecuzione sia stata sospesa.

04 febbraio 2008 www.corriere.it

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