23/11/2006
Intolleranza e violenza cementano i totalitarismi
L'unico vero punto d'incontro era stato per anni, pur tra mille distinguo, proprio il corridoio politico tracciato dal minuscolo «partito della grande unione». Ma ora, la visita del pontefice, preceduta dalle critiche alla lectio magistralis di Ratisbona, e la comune avversione alle aspirazioni europee della Turchia sono diventati il pretesto per un pericoloso avvicinamento. La maggioranza dei turchi sostiene che il rischio maggiore sono gli ultranazionalisti, non gli islamici, perché questi ultimi riconoscono e rispettano la leadership religiosa del Papa (per pura ipocrisia opportunistica -n.d.r.). Tuttavia, a imbarazzare ancor più il governo di Recep Tayyip Erdogan è stata la decisione di un altro minuscolo partito, il Saadet, di cui è leader l'anziano ex premier islamico Necmettin Erbakan, di organizzare per domenica un raduno, in un quartiere di Istanbul, per protestare contro la visita di Benedetto XVI. Dalla scuola di Erbakan proveniva lo stesso Erdogan, prima di scoprire la via del realismo che lo ha spinto al vertice del potere.
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22/11/2006
Italia in ostaggio in Libano
L'uccisione a Beirut del ministro Pierre Gemayel, nipote del presidente della Repubblica Bechir Gemayel, ucciso da un simile attentato il 23 settembre 1982 era annunciata.
E' la logica conseguenza della decisione di Hezbollah di mettere in crisi il governo Siniora, riturando i suoi cinque ministri e dell'annuncio di Nasrallah di essere pronto a mobilitare un milione di persone per imporne le dimissioni.
In Libano, le crisi di governo seguono dal 1975 in poi questo stesso copione: le forze politiche filosiriane annunciano una crisi di governo e poi mettono a segno un attentato contro uno dei leader avversari per infiammare il clima, arrivare sull'orlo della guerra civile -spesso innescarla- e poi permettere a Damasco -mandante immancabile dell'attentato- di proporsi come mediatrice della crisi stessa, rafforzando la presa sul paese dei suoi alleati libanesi, in questo caso Hezbollah, Amal e il cristiano Aoun.
Questa è la Siria con cui tante anime belle in Italia, Europa e negli stessi Usa propongono di trattare.
I prossimi giorni ci diranno quali saranno gli esiti di questa spirale di violenza innescata a freddo e con feroce determinazione da damasco e dalle forze libanesi filosiriane. Sicuramente il ''fronte del 14 marzo'' che unisce tutti i democratici e gli antisiriani non si trova in una situazione facile ed è prevedibile il peggio.
Nel 1982, l'uccisione di Bechir Gemayel innescò la strage di Sabra e Chatila da parte delle milizie cristiane, fece saltare l'equilibrio politico aoppena raggiunto faticosamente è aprì la fase più sanguinaria della guerra civile da cui la Siria emerse come vera e propria nazione colonizzatrice del Libano.
Oggi, quello che è certo è che è crollata rovinosamente l'impostazione politica seguita da Prodi e da D'Alema per inviare il nostro contingente militare in Libano. Lo schema perseguito dal governo italiano, infatti era tutto e solo incentrato sul rapporto col governo Siniora, unico garante dell'accordo con un Hezbollah che si è sempre rifiutato di accettare direttamente la risoluzione 1791 dell'Onu.
Dopo questo attentato seguito alle dimissioni di Hezbollah, di fatto, il governo Siniora non esiste più, non governa più, non garantisce nulla.
I nostri soldati si ritrovano a fare il palo al riarmo di Hezbollah nel sud del Libano e dovrebbero fare riferimento a un esercito libanese che di per sé non ha alcuna forza militare e che da oggi si ritrova anche senza guida politica.
Un vuoto spaventoso, che mette il nostro paese, e tutta l'operazione Unifil in un cul de sac.
Urge un'iniziativa politica italiana e europea.
Ma non se ne vede traccia.
www.carlopanella.it
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