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22/01/2009

Cosi' Hamas ha utilizzato i civili come bersagli

GAZA - «Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gricomparatif.jpgdavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell’Onu.

In casi estremi sparavano contro chi cercava di bloccare loro la strada per salvare le proprie famiglie, oppure picchiavano selvaggiamente. «I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stato colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme E lo stesso vale per i villaggi lungo la linea di frontiera poi più devastati dalla furia folle e punitiva dei sionisti», le fa eco la cugina, Um Abdallah, 48 anni. Usano i soprannomi di famiglia. Ma forniscono dettagli ben circostanziati. E’ stato difficile raccogliere queste testimonianze. In generale qui trionfa la paura di Hamas e imperano i tabù ideologici alimentati da un secolo di guerre con il «nemico sionista».


Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muhamawa» (la resistenza) è automaticamente un «amil», un collaborazionista e rischia la vita. Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. Se Israele o l’Egitto avessero permesso ai giornalisti stranieri di entrare subito sarebbe stato più facile. Quelli locali sono spesso minacciati da Hamas. «Non è un fatto nuovo, in Medio Oriente tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata e censurata. Con Hamas è anche peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra di Gaza city. E c’è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dell’ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita. Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: «Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l’altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla. E potrebbe essere come a Jenin nel 2002. Inizialmente si parlò di 1.500 morti. Poi venne fuori che erano solo 54, di cui almeno 45 guerriglieri caduti combattendo».


Come si è giunti a queste cifre? «Prendiano il caso del massacro della famiglia Al Samoun del quartiere di Zeitun. Quando le bombe hanno colpito le loro abitazioni hanno riportato che avevano avuto 31 morti. E così sono stati registrati dagli ufficiali del ministero della Sanità controllato da Hamas. Ma poi, quando i corpi sono stati effettivamente recuperati, la somma totale è raddoppiata a 62 e così sono passati al computo dei bilanci totali», spiega Masoda Al Samoun di 24 anni. E aggiunge un dettaglio interessante: «A confondere le acque ci si erano messe anche le squadre speciali israeliane. I loro uomini erano travestiti da guerriglieri di Hamas, con tanto di bandana verde legata in fronte con la scritta consueta: non c’è altro Dio oltre Allah e Maometto è il suo Profeta. Si intrufolavano nei vicoli per creare caos. A noi è capitato di gridare loro di andarsene, temevamo le rappresaglie. Più tardi abbiamo capito che erano israeliani». E’ sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre. L’istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas, qui vennero ricoverati i suoi combattenti feriti nella guerra civile con Fatah nel 2007. Gli altri stavano invece allo Al Quds, a sua volta bombardato la seconda metà settimana di gennaio.


Dice di questo fatto Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dai quattro grandi palazzi del complesso sanitario oggi seriamente danneggiato. «Gli uomini di Hamas si erano rifugiati soprattutto nel palazzo che ospita gli uffici amministrativi dello Al Quds. Usavano le ambulanze e avevano costretto ambulanzieri e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano confondersi meglio e sfuggire ai cecchini israeliani». Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili tra gli istituti sanitari di Gaza. Pure, lo Shifah, il più grande ospedale della città, resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece densamente occupati i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. E’ stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall’Olp, raccontano di «decine di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas. Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis e fratello di Khaled, braccio destro di Mohammad Dahlan (ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat oggi in esilio) che è stato rapito per ordine del capo della polizia segreta locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l’occhio sinistro, e infine sarebbe stato ucciso il 15 gennaio.

Lorenzo Cremonesi
21 gennaio 2009(ultima modifica: 22 gennaio 2009)  su  www.corriere.it

21/01/2009

Musulmans versus Juifs

         A faire suivre surtout aux antisemites et aux gauchistes (les 
>> Arabes connaissent leurs valeurs), le plaisir sera décuplé
>>
>> JUSTE POUR SE FAIRE PLAISIR, c'est sans commentaire...
>>
>> Les Juifs et l'Islam…
>> La population musulmane mondiale est approximativement de
>> 1.200.000.000 (un milliard deux cent millions) soit 20% de la
>> population mondiale.
>> Ils ont reçu les prix Nobel de suivants :
>>
>> Littérature:
>> > 1988 - Najib Mahfooz
>>
>> Paix:
>> > 1978 - Mohamed Anwar El-Sadat
>> > 1994 - Yaser Arafat
>>
>> Physique:
>> > 1999 - Ahmed Zewail
>>
>> Médecine:
>> >Vide
>>
>> La population juive mondiale est approximativement de 14.000.000
>> (14millions) soit 0.02% de la population mondiale.
>> Ils ont reçu les prix Nobel suivants :
>>
>> Littérature:
>> > 1910 - Paul Heyse
>> > 1927 - Henri Bergson
>> > 1958 - Boris Pasternak
>> > 1966 - Shmuel Yosef Agnon
>> > 1966 - Nelly Sachs
>> > 1976 - Saul Bellow
>> > 1978 - Isaac Bashevis Singer
>> > 1981 - Elias Canetti
>> > 1987 - Joseph Brodsky
>> > 1991 - Nadine Gordimer
>>
>>
>> Paix:
>> > 1911 - Alfred Fried
>> > 1911 - Tobias Michael Carel Asser
>> > 1968 - Rene Cassin
>> > 1973 - Henry Kissinger
>> > 1978 - Menachem Begin
>> > 1986 - Elie Wiesel
>> > 1994 - Shimon Peres
>> > 1994 - Yitzhak Rabin
>>
>>
>> Physique:
>> > 1905 - Adolph Von Baeyer
>> > 1906 - Henri Moissan
>> > 1907 - Albert Abraham Michelson
>> > 1908 - Gabriel Lippmann
>> > 1910 - Otto Wallach
>> > 1915 - Richard Willstaetter
>> > 1918 - Fritz Haber
>> > 1921 - Albert Einstein
>> > 1922 - Niels Bohr
>> > 1925 - James Franck
>> > 1925 - Gustav Hertz
>> > 1943 - Gustav Stern
>> > 1943 - George Charles de Hevesy
>> > 1944 - Isidor Issac Rabi
>> > 1952 - Felix Bloch
>> > 1954 - Max Born
>> > 1958 - Igor Tamm
>> > 1959 - Emilio Segre
>> > 1960 - Donald A. Glaser
>> > 1961 - Robert Hofstadter
>> > 1961 - Melvin Calvin
>> > 1962 - Lev Davidovich Landau
>> > 1962 - Max Ferdinand Perutz
>> > 1965 - Richard Phillips Feynman
>> > 1965 - Julian Schwinger
>> > 1969 - Murray Gell-Mann
>> > 1971 - Dennis Gabor
>> > 1972 - William Howard Stein
>> > 1973 - Brian David Josephson
>> > 1975 - Benjamin Mottleson
>> > 1976 - Burton Richter
>> > 1977 - Ilya Prigogine
>> > 1978 - Arno Allan Penzias
>> > 1978 - Peter L Kapitza
>> > 1979 - Stephen Weinberg
>> > 1979 - Sheldon Glashow
>> > 1979 - Herbert Charle s Brown
>> > 1980 - Paul Berg
>> > 1980 - Walter Gilbert
>> > 1981 - Roald Hoffmann
>> > 1982 - Aaron Klug
>> > 1985 - Albert A. Hauptman
>> > 1985 - Jerome Karle
>> > 1986 - Dudley R. Herschbach
>> > 1988 - Robert Huber
>> > 1988 - Leon Lederman
>> > 1988 - Melvin Schwartz
>> > 1988 - Jack Steinberger
>> > 1989 - Sidney Altman
>> > 1990 - Jerome Friedman
>> > 1992 - Rudolph Marcus
>> > 1995 - Martin Perl
>> > 2000 - Alan J. Heeger
>>
>>
>> Economie:
>> > 1970 - Paul Anthony Samuelson
>> > 1971 - Simon Kuznets
>> > 1972 - Kenneth Joseph Arrow
>> > 1975 - Leonid Kantorovich
>> > 1976 - Milton Friedman
>> > 1978 - Herbert A. Simon
>> > 1980 - Lawrence Robert Klein
>> > 1985 - Franco Modigliani
>> > 1987 - Robert M. Solow
>> > 1990 - Harry Markowitz
>> > 1990 - Merton Miller
>> > 1992 - Gary Becker
>> > 1993 - Robert Fogel
>>
>>
>> Médecine:
>> > 1908 - Elie Metchnikoff
>> > 1908 - Paul Erlich
>> > 1914 - Robert Barany
>> > 1922 - Otto Meyerhof
>> > 1930 - Karl Landsteiner
>> > 1931 - Otto Warburg
>> > 1936 - Otto Loewi
>> > 1944 - Joseph Erlanger
>> > 1944 - Herbert Spencer Gasser
>> > 1945 - Ernst Boris Chain
>> > 1946 - Hermann Joseph Muller
>> > 1950 - Tadeus Reichstein
>> > 1952 - Selman Abraham Waksman
>> > 1953 - Hans Krebs
>> > 1953 - Fritz Albert Lipmann
>> > 1958 - Joshua Lederberg
>> > 1959 - Arthur Kornberg
>> > 1964 - Konrad Bloch
>> > 1965 - Francois Jacob
>> > 1965 - Andre Lwoff
>> > 1967 - George Wald
>> > 1968 - Marshall W. Nirenberg
>> > 1969 - Salvador Luria
>> > 1970 - Julius Axelrod
>> > 1970 - Sir Bernard Katz
>> > 1972 - Gerald Maurice Edelman
>> > 1975 - Howard Martin Temin
>> > 1976 - Baruch S. Blumberg
>> > 1977 - Roselyn Sussman Yalow
>> > 1978 - Daniel Nathans
>> > 1980 - Baruj Benacerraf
>> > 1984 - Cesar Milstein
>> > 1985 - Michael Stuart Brown
>> > 1985 - Joseph L. Goldstein
>> > 1986 - Stanley Cohen [& Rita Levi-Montalcini]
>> > 1988 - Gertrude Elion
>> > 1989 - Harold Varmus
>> > 1991 - Erwin Neher
>> > 1991 - Bert Sakmann
>> > 1993 - Richard J. Roberts
>> > 1993 - Phillip Sharp
>> > 1994 - Alfred Gilman
>> > 1995 - Edward B. Lewis
>>
>> Les juifs ne manifestent pas dans les rues exposants leurs
>> cadavres, criant et chantant pour demander revanche.
>>
>> Les juifs ne pratiquent pas le lavage de cerveau de leurs enfants
>> dans des camps militaires, leur enseignant à se faire exploser en
>> causant le maximum de morts parmi les non croyants.
>>
>> Les juifs ne prennent pas les avions en otage, ni ne tuent les
>> athlètes des jeux olympiques.
>>
>> Les juifs ne font pas la traite des esclaves, et n'ont pas de
>> leaders appelant au Jihad et à la mort de tous les infidèles.
>>
>> Les juifs n'ont pas de ressources économiques dans le pétrole.
>> Peut être que les musulmans du monde devraient considérer investir
>> plus dans l'éducation de leurs enfants plutôt que de blâmer les
>> Juifs comme la cause de tous leurs problèmes....
>>
>> Quelles que soient vos ressentiments vis-à-vis de la crise entre
>> Israël et les Palestiniens et les pays arabes voisins, même si
>> vous pensez qu'il y a plus de culpabilité du coté Israélien, les
>> deux phrases suivantes parlent d'elles-mêmes :
>>
>> Si les arabes du monde déposaient leurs armes aujourd'hui, il n'y
>> aurait plus de violence !
>>
>> Si les Juifs déposaient leurs armes aujourd'hui, il n'y aurait
>> plus d'Israël !
>>
>>

19/01/2009

La Sarkokratie franchit toutes les bornes

En présentant ses vœux aux forces de l’ordre, ce mercredi, à Orléans, le chef de l’Etat a voulu tenir des propos forts contre le risque d’importation du conflit israélo-palestinien en France. Cela, nul ne peut le lui reprocher, il est dans son rôle. Mais il a prononcé cette phrase terrible : « L’antisémitisme et l’islamophobie seront condamnés avec la même sévérité », il n’y a pas de place dans la République pour des antisémites ou des islamophobes ». (1)

(NDR :Il condamne, il condamne,.... mais donne l'asile politique a une ordure de terroriste assassine comme Petrella, et permet la fuite au Bresil de l'autre ordure Battisti en s'arrangeant avec Lula pour lui faire avoir son asile politique: LA HONTE!)

Le 7 décembre 2007, Nicolas Sarkozy avait tenu des propos semblables à Alger, où il avait emmené Dalil Boubakeur, on se demande encore à quel titre. (2)

Ce n’est donc absolument pas un dérapage verbal, une maladresse, mais une ligne politique. En amalgamant le racisme qu’est l’antisémitisme, et le droit de ne pas apprécier une religion, ce qu’est l’islamophobie, Sarkozy attaque frontalement un principe laïque : le droit à la libre critique de toutes les religions, le droit au blasphème.

Peut-être plus grave encore, il dit clairement à tous : « Critiquer un homme parce qu’il est juif c’est la même chose que montrer les conséquences nuisibles à tous d’une religion ». Non seulement il ose, de cette façon, minimiser l’antisémitisme mais il donne à l’islam des lettres de noblesse ! C’est une réécriture criminelle de l’Histoire. Il fait des amalgames honteux entre Drumont, Charles Maurras ou Hitler, hier, antisémites notoires, comme les islamistes radicaux aujourd’hui, et des militantes comme Ayaan Hirsi Ali, Wafa Sultan ou Taslima Nasreen, qui ne cachent pas leur islamophobie. Les premiers appelaient, et appellent encore à la haine et l’extermination de tout un peuple, sur des bases racistes. Les secondes appellent les populations, et notamment les femmes, à s’émanciper d’une tutelle religieuse qu’elles jugent liberticide, sexiste et totalitaire, et elles se revendiquent des Lumières. Comment le président de la République peut-il renvoyer les deux dos-à-dos ?

Il cède ainsi à la pression des islamistes qui, à l’Onu (3), et partout dans le monde, entendent interdire tout dessin insolent sur le prophète, toute vérité déplaisante sur l’islam. Signalons à nos amis altermondialistes qu’ils reçoivent, entre autres, le soutien de Chavez et de Castro.

L’homme qui disait, avant son élection, « plutôt un excès de caricature qu’un excès de censure » et défendait le journal Charlie Hebdo, donne aujourd’hui des gages à ceux qui, de Mouloud Aounit à Dalil Boubakeur, voulaient interdire les caricatures danoises.

L’homme qui voulait « toiletter la loi de 1905 » instrumentalise le conflit israélo-palestinien pour attaquer frontalement la laïcité, et la liberté d’expression. En faisant un parallèle aussi scandaleux, il envoie un message fort aux dignitaires religieux musulmans :« Aidez-moi à faire régner l’ordre dans les banlieues, pendant cette période chaude, et je vous envoie un message fort, pour limiter la critique de votre religion, ce qui est une de vos revendications ».

Il se montre prêt à brader le combat historique de nos anciens, qui ont payé de leur sang le droit de s’émanciper de la tutelle religieuse, notamment catholique, en France.

Qu’aurait-on dit, dans les années 1990, si, cédant aux demandes des intégristes catholiques, et de leur association l’Agrif, dirigée par Romain Marie, du Front national, on avait répondu positivement à leurs exigeces, qui considéraient que toute critique de la religion catholique était une marque de racisme anti-français ? Toute la gauche serait, à juste titre, montée au créneau.

Pourtant, cette fois, on attend avec impatience les protestations de ceux qui, en soutenant l’offensive du voile, et les revendications communautaristes des islamistes, ont préparé le terrain au discours de Sarkozy. D’autres qui, imprudemment, ont parlé de racisme anti-musulman, ont également donné des verges pour se faire fouetter.

Si Nicolas Sarkozy veut réellement tout faire pour que le conflit israélo-palestinien ne soit pas importé en France, qu’il cesse de donner des gages aux religieux, qu’il cesse de parler de « bondieuseries » dans ses discours officiels, qu’il cesse de faire le signe de croix quand il représente l’ensemble des Français, et qu’il tienne enfin des propos dignes du président d’une République laïque, qui ne reconnaît pas les communautés, religieuses ou autres, mais les individus, à égalité de droits et de devoirs.

Bien entendu, nous serons toujours aux côtés de tous les combats anti-racistes : racisme contre les Juifs, contre les Arabes, contre les Noirs, contre les Blancs…

Bien entendu, nous serons toujours aux côtés de tous ceux qui se donnent le droit de critiquer toutes les religions, catholique, protestante, musulmane, juive, orthodoxe, bouddhiste, hindouiste, etc.

Pour soutenir les dessinateurs danois, des journaux comme France-Soir ou Charlie Hebdo ont reproduit leurs dessins.

Pour défendre le droit à la liberté d’expression, et surtout celui de critiquer l’islam, nous reproduisons les propos de Mustapha Kemal, fondateur de la République laïque de Turquie : « Depuis plus de 500 ans, les règles et les théories d’un vieux sheikh arabe, et les interprétations abusives de générations de prêtres crasseux et ignares ont fixé, en Turquie, tous les détails de la loi civile et criminelle. Elles ont réglé la forme de la constitution, les moindres faits et gestes de la vie de chaque citoyen, sa nourriture, ses heures de veille et de sommeil, ce qu’il apprend à l’école, ses coutumes, ses habitudes et jusqu’à ses pensées les plus intimes. L’Islam, cette théologie absurde d’un bédouin immoral, est un cadavre putréfié qui empoisonne nos vies. »

Si l’on en croit les propos présidentiels, qui a même évoqué la « tolérance zéro », nous sommes donc devenus des délinquants. Nous devons donc nous attendre à être poursuivis pour pour avoir relayé les propos de ce dangereux islamophobe, forcément raciste, selon Aounit, Tubiana, Sarkozy, Ramadan, Boubakeur et consorts.

En attendant, nous encourageons tous nos amis laïques à faire de même, à à défendre le droit à être islamophobe, et même à ajouter le mot phobe aux autres religions de leur choix.

SOURCE: www.ripostelaique.com

Manuale del perfetto antisemita

All’articolo uno del manuale del perfetto antisemita del XXI secolo c’è scritto: «Io non sono antisemita, io sono antisionista, i nuovi ebrei sono i palestinesi e perfino il mio più caro amico (amica, compagno di scuola, fidanzata) è ebreo/a». Il perfetto antisemita dice, come diceva Stalin quando lanciò la grande purga contro gli ebrei poco prima di morire: «L’antisemitismo è una barbarie nazifascista che noi respingiamo totalmente e con sdegno. Noi però condanniamo il cosmopolitismo». Il perfetto antisemita ha imparato che deve mostrare deferenza alle vittime di Auschwitz e subito dirà che Gaza è la nuova Auschwitz. Quando brucerà in piazza a Bologna o a Milano le bandiere con la stella di Davide, dirà a se stesso che è come se bruciasse la svastica di Hitler. Il perfetto antisemita indossa la kefiah palestinese a quadretti rossi e bianchi o a quadretti bianchi e neri. Il perfetto antisemita resterà indifferente e cambierà discorso se gli mostrate le foto dei militari di Hamas che marciano facendo il passo dell’oca e il saluto hitleriano.

Il perfetto antisemita ignora che il Gran Muftì di Gerusalemme era alleato del nazismo e chiedeva a Hitler di sradicare e uccidere tutti gli ebrei che vivevano in Palestina, questa regione inesistente, inventata dall’imperatore Adriano dopo l’espulsione della maggior parte degli ebrei dal loro regno,
Il cosmopolitismo come sinonimo di antisemitismo, caro a Stalin, era il nome che si usava prima dell’antisionismo per evitare di professarsi antisemita, odiatore e, in pectore, sterminatore di ebrei. Cosmopolita era Leon Bronstein, detto Trotskij, ed ebrei cosmopoliti erano i grandi padri della rivoluzione bolscevica fra cui Kamenev, Zinoviev, Sverdlov, Radek, Ioffe e Litvinov per la festa degli antisemiti di tutto il mondo i quali potevano scegliere fra i due grandi complotti ebraici da usare per giustificare il loro antisemitismo. Il primo complotto era quello degli ebrei alla guida della grande finanza e del capitalismo imperialista mondiale e il secondo quello degli ebrei alla guida del comunismo e della rivoluzione mondiale. A scelta.

I giovani e i meno giovani che si rovesciano nelle piazze in questi giorni per urlare il loro odio razzista e viscerale per Israele pensano di poter prendere piccole precauzioni, indossare il loro preservativo morale della premessa antifascista per poter esprimere ciò che le viscere più profonde comandano loro. Odio. Non critica, non preoccupazione, ma odio. Al loro fianco militano moltissimi ebrei che odiano Israele e la propria stessa identità ebraica. Questo è un altro problema dell’ebraismo: l’antisemitismo interno, una varietà di quello esterno, che invoca la negazione dell’identità per raccogliere l’applauso del nemico.
Un passo indietro. George Orwell, in genere citato soltanto per 1984 e per La fattoria degli animali descrisse la furia distruttiva, rabbiosa e violenta contro gli occidentali, quando Hitler attaccò la Polonia (subito imitato da Stalin, secondo accordi congiunti) e tutti i pacifisti francesi, inglesi e americani si rovesciarono come dementi per le strade reclamando «pace subito», e «no alla guerra», intendendo bloccare i governi dei propri Paesi impedendo che scendessero in guerra contro il nazismo. Quella gente orrenda raccontata da Orwell era la stessa, geneticamente la stessa, che oggi brucia le bandiere di Israele e vomita odio per gli ebrei, dicendo di essere «antisionista», per non ammettere di essere antisemita.

 

Quando ero in Medioriente negli anni Ottanta molti colleghi dei giornali di sinistra di cui non faccio il nome per pietà, raccontavano con successo barzellette antisemite ai palestinesi riscuotendo applausi a scena aperta. Un autorevole commentatore adorava la seguente barzelletta: «Sapete che differenza c’è fra un ebreo e una pizza napoletana? Ve la dico io: venti minuti di cottura al forno». Gli antisemiti confessi hanno sempre delle barzellette bonarie sullo sterminio del popolo ebraico. Sono come l’amico ebreo.

Quello che è successo e sta succedendo sulle piazze italiane è nelle foto e nei telegiornali, nei volti paonazzi, nelle mascherature. Lo stesso atto di bruciare una bandiera è un gesto simbolicamente genocida: esprime il desiderio di mettere al rogo un popolo, un’etnia. 
E poi Santoro. Ciò che mancava alla nostra analisi della infernale e ben padroneggiata trasmissione era l’oggetto, lo scopo di Santoro. Che non era quello di fare propaganda, non era quello di sfornare una trasmissione giornalistica squilibrata dalla parte di Hamas, ma quello di promuovere la discesa in piazza. Lo si è capito quando ha troncato brutalmente la parola di chi, seguendo ciò che aveva detto poco prima di andarsene l’Annunziata, sosteneva la necessità di capire, ricondurre alla ragione. Ciò ha fatto saltare i nervi a Santoro: razionalizzare? Capire? Cercare di descrivere i motivi del conflitto? Ma per carità: tutta la trasmissione era indirizzata allo scopo di promuovere la discesa in piazza, la scena di esaltazione collettiva alla Orwell.

A costoro non importa nulla, ma proprio nulla, se nello statuto di Hamas si prescrive non già di uccidere ogni cittadino israeliano (e dunque sgozzare se possibile bambini, vecchi, donne) ma di uccidere «ogni ebreo» sulla faccia della terra. Non è una novità, ma è un dato di fatto che chi difende Hamas e Hezbollah, queste infernali creature iraniane non troppo diverse da quel che era Al Fatah fino ad Abu Mazen, compera in blocco tutto il pacchetto, compresa la prescrizione di assassinare ogni cittadino francese, italiano, americano, olandese e di non importa quale passaporto e bandiera, purché sia «ebreo».

La strategia di Hamas, come prima quella di Hezbollah, è stata sotto questo punto di vista perfetta. Sapendo di non poter competere militarmente, neanche nello scontro corpo a corpo, nel combattimento casa per casa, con le truppe israeliane, i dirigenti di questa organizzazione razzista e nazionalsocialista (un’antica tradizione araba, il nazismo) che è Hamas hanno dichiarato in pubblici comizi che abbiamo visto e ascoltato che alla diversa capacità bellica si deve supplire «con l’industria della morte: noi possiamo trasformare le nostre donne, i nostri bambini, i nostri vecchi, in morti. Loro lo sanno e ne sono felici, sono pronti al sacrificio, e noi dobbiamo farli morire come scudi umani, dobbiamo far sì che la loro morte diventi la nostra migliore arma». Questo è il passaggio cui l’Idf non ha saputo porre rimedio: non è bastato che gli uomini dell’Israeli Defence Forces telefonassero a ogni casa in cui era stata sistemata una rampa, prima di bombardarla. Hamas ha costretto la gente a morire e abbiamo anche visto i video in cui le donne urlano con tutta la loro forza e il loro odio la maledizione ad Hamas, non agli israeliani, per aver causato la morte dei loro bambini.

 

Ma per il mondo di Santoro tutto ciò è dettaglio un fastidioso dettaglio. L’industria della morte andava usata come carburante per rilanciare il vittimismo di chi ha scatenato la guerra con il lancio di migliaia di missili Grad, Qassam, katiushe e colpi di mortaio e attribuire agli israeliani, tutti, la patente di infami assassini.

Gli ebrei che indossano i panni che furono dei loro persecutori e che fanno dei palestinesi gli ebrei di oggi. Sono 40 anni che sentiamo questa litania. E i giovani, i ragazzi e le ragazze italiani che vedono in televisione carri armati da una parte e bambini morti dall’altra, tutte le anime semplici e anche quelle furbe, da che parte volete che siano? Ma naturalmente dalla parte delle apparenti vittime, che poi sono le vere vittime della violenza subita all’interno di una criminale scelta propagandistica.
Pochi sanno che molti ebrei ex combattenti e spesso eroi della prima guerra mondiale furono fascisti e camerati di Mussolini, il quale aveva un’ebrea come fidanzata fissa, la Sarfatti. Alcuni di quegli ebrei si suicidarono per lo schifo e la vergogna delle leggi razziali del 1938. Ma perfino sotto il fascismo e malgrado moltissime enormi infamie (la razzia del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, con partecipazione di delatori fascisti) l’Italia aveva evitato la piaga dell’antisemitismo di massa, corale, quello da «notte dei cristalli».

Oggi siamo al boicottaggio dei negozi degli ebrei, all’alleanza con chi vuole la morte degli ebrei di ogni età, sesso e condizione. E questa massa violenta, stracciona, ignorante, con la bava alla bocca, agitata da capipopolo mediatici e no, che ne fanno uso per la propria protezione dei propri missili, è oggi lanciata sulle strade e le piazze italiane. Per carità, non ditegli che sono emuli di Himmler, seguaci di Goebbels, si offenderanno. Ditegli invece che difendono le buone ragioni dei nuovi ebrei, quelli che legano le donne e i bambini ai loro cannoni per farne carne da televisione e vincere sul piano politico e mediatico le guerre che non sanno combattere sul terreno.

Paolo Guzzanti su www.ilgiornale.it

L' Europa (Eurabia) non e' degna del Giorno della Memoria

NEW YORK - «Concordo pienamente con la decisione spagnola di annullare la commemorazione pubblica delle vittime dell'Olocausto. Ovviamente per motivi ben diversi dai loro. E anzi invito i governi europei ad abrogare il Giorno della Memoria perché non ne sono degni e perché, ancora una volta, mostrano d'essere dalla parte di chi commise la Shoah». È tremula e piena d'angoscia la voce di Cynthia Ozick, la scrittrice statunitense autrice di capolavori della letteratura ebraica moderna quali Lo scialle, Il Rabbino pagano e Il Messia di Stoccolma. «Sono profondamente disperata — spiega —. Alcune settimane fa pensavo d'essere ripiombata nel 1933. Mi sbagliavo: è di nuovo il 1938: una nuova Kristallnacht (la Notte dei Cristalli ndr)».

Che cosa intende dire?
«L'Europa ha riesumato la condanna del sangue: una tradizione antisemita iniziata nel Medioevo che accusa gli ebrei-demoni d'omicidio. L'antisemitismo è riesploso nel mondo islamico e l'Europa vi si è aggregata come un'orda di lupi. Oggi tutto il mondo è un lupo che abbaia. Ma se l'ultima volta che gli ebrei erano impotenti e indifesi nessuno ha mosso un dito, oggi, grazie a Dio, hanno le armi».

Molti accusano Israele di usarle per compiere un genocidio.
«Come si può usare la parole genocidio per descrivere l'autodifesa di un popolo contro un gruppo che dichiara apertamente di volerlo annientare? Per otto anni Israele ha porto l'altra guancia di fronte alla pioggia di migliaia di missili: è il momento di reagire».

Israele sta perdendo la guerra dei media.
«Le foto dei civili palestinesi sono orribili, proprio come quelle dei tedeschi che nel 1945 vagavano tra le macerie di una Berlino distrutta, in cerca di qualcosa da mangiare. La responsabilità dietro le immagini è la stessa».

Però le foto delle vittime nella scuola delle Nazioni Unite bombardata a Gaza non aiutano la causa di Israele.
«Scuole ed ospedali di Gaza sono pieni di trappole esplosive. Esistono foto che documentano lancia-razzi sul tetto e miliziani di Hamas che trascinano i loro figli per usarli come scudi umani. Vergogna all'Europa, che chiude gli occhi di fronte alla crociata genocida di Hamas e all'empietà con cui tormenta il suo popolo, tenendolo ostaggio e usandolo come riparo alla propria spietata codardia».

E la sproporzione fra i morti palestinesi e quelli israeliani?
«Esiste perché Israele tiene i suoi civili nascosti nei rifugi, dove i bambini ebrei sono ormai di casa da otto anni. A Gaza i terroristi di Hamas si rifiutano di costruire rifugi, circondandosi al contrario di mogli, madri e bambini per lanciare i loro razzi dal focolare domestico. Spesso costringendoli a missioni suicide. Hamas viola il principio base della legge internazionale, che richiede ai combattenti d'indossare un'uniforme».

Anche la stampa statunitense sta diventando anti-israeliana?
«È colpa della sinistra radicale: i cuori che dovrebbero pulsare di compassione progressista si sono alleati ai jihadisti. Ma in America il fenomeno è minore rispetto all'Europa. Anche il New York Times si è svegliato per denunciare, tardi, l'uso dei civili come scudi umani».

Che cosa c'è dietro questa ondata di antisemitismo?
«Lo chiamano l'odio più antico. E comunque la domanda andrebbe posta agli antisemiti, non ad un ebreo. Penso che l'Europa stia sfogando gli effetti della propria colpa, incriminando Israele e il popolo ebraico per i misfatti da lei stessa commessi. L'Europa dice: "Come potete chiamarci colpevoli quando voi stessi lo siete"?».

L'obbiettivo?
«Cancellare la propria responsabilità rispetto all'Olocausto. Questa è la psicologia che anima gli europei ed è per questo che bisogna annullare il Giorno della Memoria, che il vecchio continente ha irrimediabilmente imbrattato di fango».

Cosa dovrebbe fare adesso Israele?
«Deve continuare a fare ciò che sta facendo. È una vergogna che il mondo rimproveri agli ebrei di non essere indifesi e di parlare come nazione sovrana. Se Gaza avesse interrotto la pioggia di razzi oggi non ci sarebbe questa guerra. A Gaza c'è stata un'elezione democratica dove adulti pensanti hanno liberamente eletto Hamas, diventando complici consapevoli delle sue mire genocide sul popolo di Israele».

Come andrà a finire?
«Sono pessimista di fronte a un mondo capovolto che mostra compassione soltanto per gli assassini. Oggi le vittime sono diventate carnefici e viceversa, e se la giuria del mondo è tanto confusa, sarà la fine stessa della civiltà».



Alessandra Farkas
19 gennaio 2009 www.corriere.it

16/01/2009

L'islam invade Milano e Bologna

 
Due elementi costitutivi della tradizione islamica vengono costantemente ignorati da chi affronta con approssimazione -soprattutto troppi porporati- il tema del rapporto con i musulmani: la fitrat e la taqiyya. Se si inforcano invece occhiali forniti di queste due indispensabili lenti, le preghiere sui sagrati del Duomo di Milano e di Bologna da parte di migliaia di manifestanti musulmani, assumono un carattere di violenza ideologica, di offesa, di sfida. Il primo termine –fitrat o khilqat- rimanda al concetto di Islam quale religione naturale dell’uomo. Concetto stranamente disertato dai tanti cultori del dialogo interreligioso nostrani. François Jourdan così sintetizza il concetto teologicamente aberrante per chi aspiri alla libertà di fede: “Per l’Islam, tutto è già stato consegnato al primo uomo, Adamo, e tutti gli uomini nascono, come Adamo, nello stato di Islam “naturale”, fitrat. Un adith, molto conosciuto di al Bukari riporta questa frase attribuita a Maometto: “Ogni bambino, alla sua nascita, nasce secondo il piano di Dio, fitrat. Sono i genitori che ne fanno un ebreo o un cristiano.” Dunque, fermarsi in maniera preorganizzata, sul sagrato di un duomo, per testimoniare il proprio Islam, altri non è che sottolineare proprio l’aspirazione egemonica innata dell’Islam sul cristianesimo. Quelle preghiere testimoniano l’incredibile pretesa che l’Islam ha di essere “la religione naturale”, di cui il cristianesimo e le altre religioni ammesse sono letteralmente “deviazioni”. Questo concetto di fitrat è basilare in tutta la struttura della Rivelazione coranica, tanto che supporta le molteplici invettive che il Profeta lancia contro ebrei e cristiani, circa la manipolazione, la falsificazione, il tradimento del testo del Libro di cui essi si sarebbero resi colpevoli (inclusa la Crocefissione del Cristo). Questo concetto, è oggi tanto determinante, che la Dichiarazione dei Diritti Umani nell’Islam, approvata dai i paesi musulmani nel 1990, lo pone al centro della sua -raccapricciante- definizione della libertà religiosa (articolo 10): “L’Islam è una religione intrinsecamente connaturata all’essere umano. E’ proibito esercitare qualsiasi forma di violenza sull’uomo o di sfruttare la sua povertà o ignoranza al fine di convertirlo a un’altra religione o all’ateismo.” Dunque, supporto pieno alla criminalizzazione di chiunque tenti di convertire un musulmano, ma anche presupposto per la dichiarazione di apostasia (con conseguente pena di morte), nei confronti di chiunque lasci l’Islam, commettendo così un “delitto contro natura”. Ricordata con tanta plastica evidenza l’egemonia intrinseca dell’Islam sul cristianesimo, i manifestanti di Milano e Bologna hanno dato poi fondo all’arte della dissimulazione, riempiendo i giornali di ipocrite versioni dell’avvenuto, nessuna delle quali riferita a quanto scritto sin a qui, che è la ragione fondamentale di quel gesto. Per comprendere come la taqiyya, la dissimulazione, sia connaturata con la cultura islamica, va ricordato che alla morte del Profeta iniziò una vera e propria “guerra civile” tra sciiti e sunniti. Anche nel cristianesimo, il diritto a negare dogmi di fede o a compiere gesti contrari ad essa, ha un nome –“nicodemismo”- ma esso ebbe pratica solo per un secolo o poco più, nelle guerre di religione successive alla Riforma. Nell’Islam, invece, da 1400 anni è ininterrotta la sequela di guerre inter mussulmane, sì che la taqiyya, è diventata un costume culturale diffuso, radicato, ha abbandonato il suo carattere di scudo contro la persecuzione, per divenire abitudine, arte retorica diffusa e radicata di un parlar obliquo. Taqiyya è dunque la risibile spiegazione della prima ora che voleva le due preghiere sul sagrato, del tutto casuali. Taqiyya è la negazione, anche da parte dell’Imam di Segrate che poi è andato a porgere le scuse al cardinal Tettamanzi, del significato vero, di quel gesto. Taqiyya è larga parte del linguaggio politico musulmano e soprattutto di quello “interreligioso”. Per decenni i grandi inviati progressisti di mezzo mondo hanno fatto finta di non capire cosa vuol dire la frase in bocca prima ad Arafat, poi a molti suoi epigoni: “La Palestina sarà liberata dal Giordano al mare”. Bene, non è un immagine poetica, non è linguaggio forbito da Mille e una notte, come molti hanno sempre creduto. La sua traduzione, che qualsiasi arabo comprende è: “Distruggeremo Israele”. E’ insomma la stessa, identica, minaccia espressa nel 2005 da Ahmadinejad. Campione di dissimulazione è Tariq Ramadan, che su di essa ha costruito le sue fortune. Nel corso di un intervista, ad esempio Silvia Grilli, gli chiese: “È giusto uccidere un bimbo israeliano di 8 anni perché da grande farà il soldato?” Tariq Ramadan rispose che è proprio giusto uccidere un bimbo israeliano, senza però mai dirlo: “In sé è un atto moralmente condannabile. Ma è contestualmente comprensibile, perché la comunità internazionale ha consegnato i palestinesi agli oppressori.” Per questo, tanti europei lo invitano nei loro salotti.

Hamas, une metastase du cancer islamiste

Actualité oblige il faut essayer de comprendre ce qui se passe à Gaza (ou à cause de Gaza) car les tombereaux de reproches, insultes, accusations, non-dits qui se déversent sur Israël depuis quelques jours ne font que créer des confusions malheureuses. Certes on est habitué à ce que la presse française (mais pas seulement) se déchaine contre Israël, mais cette fois-ci c’est différent. En quoi ?

Gaza : un territoire deux fois plus grand que celui de la Seine-Saint-Denis avec une population équivalente (1,5 million environ) dispose de 70.000 fonctionnaires et de 80.000 policiers : des chiffres ahurissants, non pas en comparaison avec le «9-3» mais avec n’importe quel pays. De plus, une armée évaluée à 17.000 hommes équipée et instruite par les iraniens et disposant d’un armement varié parmi lequel des fusées «artisanales» ou industrielles par milliers. Comment en est-on arrivé là ?

En 2005 Israël a évacué ce territoire conquis sur l’Egypte en 1967 et qui n’a pas voulu le récupérer en 1977 quand les deux pays ont fait la paix, alors qu’Israël lui rendait le Sinaï dans sa totalité. Ensuite, on a «permis» par voie démocratique, imposée par les Etats-Unis, l’arrivée au pouvoir du Hamas qui depuis belle lurette est considéré par l’Occident entier, ou presque, comme organisation terroriste. Puis, par un coup de force d’une grande férocité, le Hamas a expulsé du territoire tout ce qu’il y avait comme structures du Fatah,(clic pour voir les nazislamistes au travail NDR) parti principal de l’OLP (cela vaut la peine de se souvenir qu’il s’agit de l’Organisation de Libération de la Palestine qui s’est toujours et encore proposée de faire disparaître Israël)… Depuis 2006 on se retrouve avec un «peuple», deux gouvernements (un à Gaza, l’autre de Mahmoud Abbas à Ramallah en Cisjordanie) et pas d’état… Pauvres palestiniens, vu le sort qu’ils se sont choisi, il faut les aider et, l’Europe en particulier, utilise une bonne partie de ses ressources pour atténuer les souffrances de cette population, tout en demandant à Israël qui est considéré par d’aucuns comme puissance occupante, d’assurer une vie «normale» à une population qui ne l’est pas. 

Le Hamas se fiche comme d’une guigne du bien être de la population. Pour sa subsistance, l’UNRWA, créée après la guerre de 1948 pour aider 650.000 réfugiés à retrouver une vie normale et qui, maintenant, s’occupe de plusieurs millions, et les aides «humanitaires» y pourvoiront. Pour l’eau, le combustible, l’électricité, Israël fera le nécessaire car considéré, toujours, comme puissance occupante. Pour les armes et les munitions, l’Iran directement ou via la Syrie, assure ce qu’il faut avec la complicité tacite de l’Egypte. Le Hamas peut donc concentrer ses activités dans deux domaines essentiellement : les relations publiques et le tir de fusées. Relations publiques ? Souvenez-vous de Gaza à la lumière des chandelles pour montrer qu’il n’y avait plus de combustible pour faire tourner les centrales électriques. Souvenez-vous des mises en scène (certaines avec l’aide de «journalistes» occidentaux) pour montrer les morts des "frappes indiscriminées" israéliennes (dont certains se relevaient des brancards pour vaquer à d’autres occupations). Regardez les «images» tournées par les palestiniens et diffusées en boucle depuis samedi, toutes faites pour montrer la «barbarie sioniste» (dixit Ahmadinejad) et toutes reprises par les télévisions françaises, anglaises ou allemandes en oubliant leur source.

Que le Hamas ait voulu transformer ce territoire en mini état taliban, personne n’en doute. Son parlement vient de passer une loi permettant aux tribunaux de rendre des sentences dans l'esprit de l'Islam (Al-Hayat, Londres). Selon cette loi, les tribunaux pourront condamner les délinquants à une pléthore de mesures punitives violentes. Elles incluent la flagellation, l’amputation de mains, la crucifixion et la pendaison. La loi réserve la peine de mort à des personnes qui négocieraient avec un gouvernement étranger «à l’encontre de l'intérêt palestinien» ou se livreraient à une activité qui pourrait «saper le moral palestinien». De plus, tout Palestinien pris en train de boire ou vendre du vin sera puni de 40 coups de fouet quand la loi sera promulguée, tandis que les voleurs pris en flagrant délit verront leur main droite coupée. On peut toujours attendre les protestations des gauches françaises convaincues qu’elles sont que les palestiniens sont humiliés par Israël, pays diabolisé comme les Etats-Unis mais qui n’a pas élu son Obama pour tenter vainement de se faire aimer. 

Le fond de commerce du Hamas tient en deux mots : détruire Israël. Depuis l’évacuation du territoire en 2005 Israël a vu s’abattre sur le Sud de son territoire des milliers de fusées. De quelques unes par jour jusqu’à presqu’une centaine la semaine dernière. Devenue l’activité principale, elle s’alimente via des tunnels aboutissant en Egypte qui assurent un flux continu d’armes ou munitions.

Gaza a une frontière, hermétiquement fermée, avec l’Egypte. Ce pays ne veut pas l’ouvrir (ou seulement de temps à autre) car elle aurait dû être gérée et contrôlée par l’Autorité Palestinienne et des observateurs européens. Le coup de force du Hamas a fait déguerpir et les uns et les autres. Un premier paradoxe est visible : le Hamas a intérêt à avoir la frontière avec l’Egypte ouverte pour faire entrer plus facilement des armes et des munitions. Israël a intérêt à ce que l’Egypte tienne ouverte cette frontière car, ainsi, il sera encore plus visible qu’il n’occupe plus Gaza et souligner encore plus fortement que les tirs de fusées de Gaza sur le territoire israélien n’ont rien à voir avec une quelconque «occupation». En revanche, l’Egypte n’a aucun intérêt (bien au contraire) à garder la frontière ouverte : elle deviendrait partie prenante de ce qui se passe à Gaza, laisserait des «barbus» entrer pour faire alliance avec les Frères Musulmans (dont le Hamas est une branche) et perdrait un moyen de faire saigner, en permanence, Israël tout en lui laissant le mauvais rôle sur le plan international. 

Pendant quelques jours, la semaine dernière, la presse française (essentiellement) se fondant sur des dépêches de l’AFP (Agence France–Palestine ?) nous abreuvait de nouvelles venant de Gaza : le Hamas a mis fin à une trêve de six mois pendant laquelle il n’a tiré «que» 300 fusées sur le Sud d’Israël. La condition d’un retour à la trêve était, tenez-vous bien, l’ouverture du point de passage de Rafah sur la frontière égyptienne… Et Comme les égyptiens firent la sourde oreille, le Hamas et ses partenaires tirèrent le jour de Noël, 87 fusées et obus de mortier en moins de 24 heures sur Israël qui fit savoir, urbi et orbi, que si cela ne cessait pas elle se ferait justice toute seule.

Voilà un deuxième paradoxe. Selon Al-Hayat de Londres, «Les «modérés» du monde arabe, non seulement s’attendaient mais souhaitaient un coup d'Israël contre le leadership du Hamas, y compris contre son infrastructure organisationnelle, militaire et civile. Face au calme qui a prévalu jusqu’ici et devant la reprise du tir de fusées, les Arabes sont mal à l'aise de voir le Hamas créer un équilibre de la terreur vis-à-vis d'Israël». Le Hamas, fort de sa conviction qu’Israël ne ferait rien, fort de sa conviction (justifiée) de pouvoir gagner la «guerre des images» vu que son adversaire était Israël, fanfaronnait et n’a suivi ni les souhaits de l’Egypte, ni les mises en garde de des frères de Ramallah.

Ce qui devait arriver est arrivé… c’était écrit sur les murs…

Samedi dernier, 110 avions ont détruit en un seul passage de 3 minutes 97% des plus de 100 cibles qui leur étaient assignées. Toutes les infrastructures militaires, de communication et de commandement du Hamas ont été pulvérisées ainsi que l’essentiel des «usines» de fabrication de fusées «artisanales» et leurs dépôts de stockage. On sent là la «patte» d’Ehud Barak, celui qui a conçu l’action «Entebbé» ou des incursions inimaginables à Beyrouth du temps où les terroristes d’Arafat avaient transformé le Liban en territoire sous leur coupe. Plus de 300 «activistes» ou «militants» ou «combattants» du Hamas tués qui sont probablement en train de réfléchir maintenant sur l’ineptie de leur organisation dans les bras de vierges aux yeux noirs du paradis des terroristes musulmans. Des officiels palestiniens assurent que la plupart des morts sont des membres des services de sécurité du Hamas, y compris plusieurs commandants de rang supérieur. Il y aurait aussi des victimes civiles… Si des civils sont morts il faut se souvenir que, d’un côté, le Hamas construit ses infrastructures militaires dans le centre des villes (comme le Hezbollah au Liban), et que de l’autre, le «peuple palestinien» a bien voté pour eux et pour leur programme de destruction d’Israël. De plus, un civil dans le jardin duquel on installe, moyennant finances, un lanceur de Qassam n’est plus vraiment un civil…

C’est donc la guerre. Le Général Sherman, pendant la guerre de sécession disait "La guerre est la cruauté. Il ne sert à rien de tenter de l'adoucir. Plus elle est cruelle, plus tôt elle sera terminée. Toute tentative visant à faire la guerre facile et sans pertes, se traduira par l'humiliation et la catastrophe".

Puisque c’est la guerre, puisque le Hamas n’a pas voulu arrêter «les attaques à la roquette visant à tuer des civils israéliens» (dixit Tony Blair, envoyé du «Quartette» au Proche-Orient), Israël l’a fait avec deux objectifs précis : détruire les infrastructures du Hamas et obtenir le calme pour ses citoyens, en utilisant la puissance maximum qu’elle considère nécessaire pour cela. Et c’est là où les choses se compliquent. 

D’un côté, le Hamas et ses alliés un peu partout dans le monde parlent de «massacre» et dirigent le chœur des idiots utiles d’Europe surtout (car la «rue arabe» lui est acquise) pour obtenir la «condamnation de l’agression barbare d’Israël». Pourtant, le Ministre égyptien des Affaires Etrangères, en conférence de presse, déclare «L'Egypte a longtemps mis en garde que celui qui refuse de comprendre les avertissements doit prendre ses responsabilités». Naturellement, l’Egypte est accusée par le Hamas de collusion avec Israël.

Et voilà notre président qui sort de l’armoire du Quai d’Orsay la vieille et éculée antienne de «la force disproportionnée». Ce qui ne semble pas compris c’est la vraie nature de la guerre. On peut tourner «autour du pot» autant que l’on veut mais, à la fin, la vraie question reste posée en termes clairs : si l’on est menacé de mort, a-t-on le droit de choisir ses armes ? Il semblerait que tout ce que l’on a trouvé de nouveau pour diaboliser Israël se lie à l’utilisation d’une force "disproportionnée" pour vaincre le Hamas. Certes, les prédicateurs faisant usage de ce concept ont le droit de considérer que le nombre de fusées ou obus de mortier tirés par le Hamas (et ses acolytes) depuis 2005 était proportionnel au mal que ce dernier voulait infliger à Israël. Mais, depuis que des conflits militaires existent, la capacité d’un protagoniste d’infliger un maximum de pertes à l’autre, tout en souffrant un minimum, est une des lois écrites ou non écrites (Sun Tzu). Appliquée au conflit avec le Hamas cette loi ne peut conduire qu’à poser une question simple : pour que sa réponse soit proportionnelle Israël aurait-il dû utiliser des fusées artisanales tirées sur les agglomérations civiles de Gaza ? Et si ce pays ne dispose que de fusées perfectionnées, à quel nombre aurait-il eu droit ? 

Bien sûr, on peut dire avec Libération (Laurent Joffrin, d’habitude plus circonspect quand il s’agit de dire des idioties…) que le raid israélien est «cruel et disproportionné». Mais ajouter un adjectif n’est pas innocent car on passe du registre rationnel (proportion/disproportion, donc quelque chose de mesurable) au registre affectif, celui qui s’adresse non pas au cerveau du lecteur mais à ses sentiments. Comme cela, sans le dire, on diabolise encore mieux Israël.

En réalité, ceux qui parlent de «disproportion», pas seulement ses détracteurs mais aussi certains qui assurent être ses amis, veulent qu’Israël reste sans rien faire pendant que ses populations sont bombardées. Si au moins ils disaient à quoi il faut être«proportionnel» quand on a affaire à 1 million d’habitants d’un territoire qui s’est choisi comme dirigeant une organisation terroriste dont la raison d’être, clairement énoncée, est la volonté de vous détruire… Ne pas les prendre au sérieux ? Qui le ferait pour soi-même ?

En dénonçant la trêve qui durait depuis six mois, en refusant à l’Egypte d’en renégocier une nouvelle, le Hamas a menacé Israël de «tirer des milliers de fusées contre les villes d’Ashdod ou Beersheva». Les deux dirigeants principaux de cette organisation terroriste (Hanyeh et Zahar) disaient que, si nécessaire, ils seraient «honorés de joindre le train des martyrs palestiniens». Remarquons, en passant, que pour l’instant ils se terrent Dieu sait où à Gaza tandis que leurs troupes se font décimer par les bombardements israéliens. 

Pourquoi le Hamas s’est-il comporté d’une manière tellement irresponsable vis-à-vis de ses propres intérêts ? La réponse n’est pas simple mais elle tient d’un côté à son assurance selon laquelle Israël ne devait rien faire et parce qu’il sait d’expérience que si Israël fait quelque chose, le monde entier se retrouvera solidaire des «frères palestiniens», en oubliant qu’il s’agit de gens qui supportent et aident les terroristes. Et, cerise sur le gâteau, l’Iran, le Hezbollah (donc le Liban) et la Syrie sont là pour l’aider.

Le Hamas se retrouve seul : le Hezbollah (chat échaudé craint l’eau froide) dit qu’il ne prendra pas les armes contre Israël et l’Iran ne fait qu’annoncer l’ouverture d’un registre appelant des volontaires à s'inscrire et à se mobiliser «pour combattre les sionistes et venger la mort des 318 hommes du Hamas tués dans cette opération». Cette nouvelle est utile : à la différence des télés et radios occidentales qui reprennent, sans vérification aucune, les chiffres des morts et des blessés donnés par le Hamas et laissant croire qu’il s’agit de civils, l’Iran reconnaît que les morts sont des hommes du Hamas. Bien sûr il y a des dizaines de civils touchés : dans toutes opérations militaires (Irak, Afghanistan, Pakistan, etc.) on constate un ratio de victimes collatérales de l’ordre de 10 %. La différence entre Israël et le Hamas vient du fait que le Hamas tire ses fusées contre des populations civiles tandis que l’armée d’Israël doit faire face à quelqu’un qui utilise son propre peuple comme bouclier humain… Et, naturellement, toute bavure israélienne contribue à la campagne de relations publiques du Hamas facilitée par la «compréhension» des médias occidentaux et qui se rattache, en réalité, à une campagne de propagande soutenue par des fonds essentiellement européens. La Norvège, la Suisse, la Communauté Européenne supportent avec des millions d’euros une nébuleuse d’organisations non gouvernementales dont l’objet social, n’est rien d’autre que la diabolisation d’Israël et le terrorisme.

Comme par hasard, le dernier «idiot utile» en date (mais il a fait la même chose avec Arafat), Marek Halter, légitime Khaled Mashaal, le chef du Hamas, en le laissant dire (Le Figaro, se devait d’être complice de cette grande action) «à la place de Shalit, on aurait pu prendre des otages civils, mais comme on est en guerre, on a pris un soldat. Quant à un affrontement à Gaza, cela ne m’effraie pas, au contraire». Bon, c’était avant samedi. Depuis, et bien que la rupture de la trêve lui soit attribuée, il est prêt à en accepter une nouvelle pour laquelle Marek Halter se mobilise déjà… Poser la question «qu’avez-vous fait de Gaza depuis trois ans, depuis qu’Israël s’est retiré ? Qu’avez-vous fait des milliards de dollars que la communauté internationale et surtout l’Europe vous a consenti ?» n’est pas venu à l’esprit de ce grand donneur de leçons. Comme il n’a pas eu l’idée de vomir sur ce terroriste quand il a déclaré «il n'y a pas d'alternative aux attentats suicide, c'est ce qui aidera à protéger la bande de Gaza et la Cisjordanie».http://www.lefigaro.fr/debats/2008/12/29/01005-20081229AR...

La disproportion érigée au rang de dogme pour accepter ou pas une légitime défense ne suffisant pas, on ajoute «il n’y a pas de solution militaire à Gaza». Il n’y aurait donc jamais de solution militaire. Comme pour l’Iran, tant qu’on n’aura pas le courage de reconnaître la complicité de l’Occident à la marche de ce pays vers la bombe.

Mais Gaza ? Un territoire gouverné (avec l’assentiment enthousiaste de ses habitants) par une organisation terroriste et qui a devant lui l’armée israélienne dont les victoires militaires sont nombreuses, la mer et enfin l’Egypte qui, minée par une surpopulation galopante et une crise économique sans précédent, doit se défendre de la mère du Hamas, les Frères Musulmans. C’est dire que, n’en déplaise à tous les «apaiseurs» en rond, il y a une solution militaire certainement, au moins temporaire : la destruction des infrastructures militaires, organisationnelles et sociétales du Hamas. C’est ce qui est en train de se faire à Gaza. Ne pas le croire, ne pas le faire serait se plier à la volonté de ceux qui veulent vous détruire. Ce n’est pas le cas d’Israël, ses ennemis le savent, ses amis devraient s’en souvenir avant de lui demander de se suicider en chantant… 

Les jours qui viennent, nous apprendrons que le temps où Jésus, un juif qui a réussi au delà de tout espoir, prêchait «tendre l’autre joue», est révolu depuis longtemps. On est toujours obligé de suivre la loi du Talion. Nonobstant la volonté de l’Europe d’apaiser l’ogre islamiste et la propension générale des élites bien pensantes à diaboliser Israël pour mieux le délégitimer, quelque chose est en train de se passer à l’échelon mondial. Une certaine révulsion contre la terreur islamique, certes pour l’instant quand il s’agit de ce qui se passe en Indonésie, en Thaïlande ou à Bombay, commence à se manifester avec de plus en plus de vigueur. L’espoir n’est pas perdu, qu’un jour les assassinats suicides, les actions terroristes de tout poil, les tirs de fusées, fussent-elles «artisanales», tout ce dont Israël a bénéficié en premier avant le reste du monde, soit considéré comme l’expression de la barbarie islamiste qui ne se justifie par rien d’autre que la volonté de détruire ceux qui ne sont pas les adeptes du prophète… Et qui sait, à partir de là (mais cela a commencé déjà) le monde entier commencera à se détacher de la «cause palestinienne».

Quant au Hamas, «Nous croyons à la mort, dit-il, tandis que vous croyez à la vie»Parfois on obtient ce que l’on souhaite (Barry Rubin). C’est le cas aujourd’hui à Gaza, ils ne devraient pas s’en plaindre. 

La France, assurant encore deux jours la présidence de l’Europe, a convoqué à Paris les ministres des affaires étrangères des 27. Tandis que les pays arabes, eux, ont quelques difficultés à se mettre d’accord sur la tenue d’une réunion pour condamner d’une seule voix Israël. Ils devaient se rencontrer en urgence mais ils ne le feront que le 2 janvier. Comment ? Faire attendre les frères palestiniens encore trois jours ? Cela ressemble à la volonté de laisser Israël casser le Hamas autant que faire se peut, non ? Et pour que l’on ne se trompe pas, Monsieur Moubarak explique à l’Europe que ceux qui tirent les ficelles sont l’Iran et la Syrie et que l’Europe a tort d’accorder le bénéfice du doute à ces derniers. 

Sans doute on reparlera de «disproportion» et de la «nécessité du dialogue». En sortant de réunion, Bernard Kouchner a menti doublement en parlant de «catastrophe humanitaire» et en travestissant le communiqué officiel qui parlait d’une «trêve permanente respectée de tous» en disant «une trêve de 48 heures», ajoutant «j’ai vu des trêves de 48 heures qui ont tenu longuement et des trêves supposées longues qui n’ont pas tenu 48 heures». Pourquoi ? Pourquoi la France veut-elle sauver le Hamas comme jadis elle a sauvé Arafat en l’évacuant avec armes et bagages de Beyrouth à Tunis ?

© Marin Birnbaum pour LibertyVox

08/01/2009

Apitoyons-nous sur le Hamas!

Les  chassés de Bethléem

 de Fiamma Nirenstein traduction de l’Italien par Bivouac-id.

 

«L’Europe doit comprendre deux choses et se décider à réagir : le monde palestinien risque de perdre ses derniers , la force du nous met beaucoup plus en danger qu’auparavant et nous n’étions certainement pas dans une situation enviable ; en second lieu, et que les gens de bonne volonté ne prennent pas peur comme d’habitude, le nouveau patriarche latin nous donne une force nouvelle. »

Malgré tout il nous a fallu plusieurs jours pour trouver quelques disposés à nous raconter l’angoisse des  et tout spécialement de ceux de Bethléem.

A la veille de la fête par excellence de cette communauté, celle de la naissance de Jésus, sur le seuil de l’église de la Nativité, là où les pèlerins descendent avec émotion dans la grotte, tous sont conscients que le futur pourrait être beaucoup plus sombre, sur la place, comme toujours il y a un arbre de Noël et on prépare la traditionnelle messe solennelle, mais dans la ville qui a vu naître le Christ, les  ne représentent plus que 20 % de la population totale alors qu’en 1990 ils y étaient 90 %. ( Cette année, ) Ramallah et El Bireh, toujours en Judée-Samarie, ont été la cible d’attentats et de nos jours, Gaza vit constamment sous la menace continue d’assassinats et d’attaques à l’explosif de la part des organisations extrémistes islamiques qui y détiennent le pouvoir, le et à ses côtés la Jihad islamique ainsi que les groupes salafistes Jaish al Islam et Jaish al Umma.

Les  dans la bande de Gaza sont à peu près 3000 et une campagne de violence sans précédent les frappe. Après de nombreuses explosions à la Librairie de la Société Biblique Palestinienne, son propriétaire, Rami Khader Ayyad a été kidnappé pour être ensuite assassiné en octobre de l’année dernière. Maintenant cette année, les attaques à la bombe ont visé les écoles des Soeurs et justement il y a deux semaines la grille d’entrée protégeant l’accès de l’École du Rosaire, dirigée par les religieuses, a sauté. « Voyez-vous » me dit un ami « même si formellement il se déclare contraire à la violence, le gouvernement du  est fanatiquement islamique, ça veut dire qu’il suit la norme théocratique d’imposer le choix de la conversion forcée ou de la réduction au statut de dhimmi des  et qui en fait des citoyens de seconde catégorie

Je parle à une femme et elle me raconte: « Si le 9 janvier, quand prendra fin le mandant de Abu Mazen, le  réussissait à surpasser le  en Cisjordanie, alors nos conditions de vie, qui sont déjà suffisamment difficiles, empireraient, par exemple, pour le port des vêtement occidentaux, pour le travail dans un milieu mixte hommes et femmes et pour le simple fait d’être  ; il y aura les lois pour l’habillement musulman “pudique” ou “modeste” ( chose qui préoccupe tout autant mes amies musulmanes) ensuite viendra la ségrégation des sexes depuis la petite enfance et pour finir les lois sur “l’honneur”. Essayez d’imaginer l’effet que cela aura sur le tourisme des femmes chrétiennes. Essayer de penser ce que ce sera, pour les pèlerins se rendant à Bethléem, de voyager là où les lois alimentaires musulmanes seront de rigueur et où l’alcool sera défendu . Le  est fort, même en Cisjordanie; si son pouvoir s’installe aussi chez nous, je prévois une forte émigration
Cette amie n’a pas oublié quand deux jeune filles, au début de la vingtaine, furent tuées, dans le quartier chrétien de Beith Jalla, pour des “raisons d’honneur”. Elle se rappelle même que l’autopsie, pour unir le ridicule à l’horreur du geste, prouva qu’elles étaient vierges. Un jeune commerçant nous fait remarquer qu’un phénomène abject a été la confiscation, déguisée en acquisition ou en cession, de terres de  , le tout étant approuvé par les autorités au moyen de faux documents. « Si la version officielle parle toujours d’harmonie et de solidarité,» ajoute-t-il « et même si le maire de Bethléem est chrétien, la vérité est qu’ils ont volé certaines de nos propriétés. Et on s’est tu par peur. À un de mes amis qui revendiquait son terrain, les nouveaux propriétaires, dont parmi eux un gros bonnet de l’Autorité Palestinienne , lui répondirent en montrant un revolver : «Voilà notre titre de propriété».

Maintenant, malgré tout, il y a de nouveau un peu d’espoir. Abu Mazen a promulgué une recension précise avec arpentage des propriété depuis Ramallah jusqu’à Bethléem., et a déclaré l’urgence de cette mesure.
« Je crois» raconte un chrétien qui parle pourtant à fenêtres et portes closes «que l’effet de la nomination et de l’attitude du nouveau Patriarche, Fouad Twal, se fait sentir, c’est un prêtre oecuménique et un diplomate formé au Vatican.» Il y a trois semaines mgr Twal est apparu à l’écran d’une télévision privée et a déclaré:
« Nous les , nous ne sommes pas aussi faibles comme vous vous l’imaginez, les agressions doivent cesser et le monde entier a les yeux sur nous parce qu’ici c’est la Terre Sainte.» « Ce prêtre» continue notre interlocuteur « a la prudence d’un diplomate, mais aussi une orientation apostolique, c’est un patriote parce que les Israéliens nous créent des problèmes avec la barrière de sécurité, les check points et les permis, mais l’islamisme nous vexe pour des motifs religieux. Twal ne veut pas que son troupeau soit dispersé et humilié et encore moins le voir disparaître. Nous nous sommes établis ici sept siècles avant eux et nous ne devons pas souffrir d’un complexe d’infériorité.» « Nous sommes écrasés socialement et jusqu’à maintenant nous n’avions que le droit de nous taire. Maintenant ça suffit , nous devons nous faire respecter. Aidez-nous. Ou préférez-vous une ville de Bethléem sans aucun chrétien? »

Source : Il legno storto sur bivouac-id