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05/05/2009

Svezia: islam= sottosviluppo, violenza, incompatibilita' culturale

MALMÖ — «Io? Sono di Gaza». Rani, 15 an ni, strizza l’occhio agli amici che gli si fanno intorno a semicerchio, come se volessero proteggerlo da una minaccia incombente. Si chiamano Mohammed, Ali, Hata, Isak. Tutti coeta nei. Età da medie, al massimo liceo. «A scuola? Ma no, nessuno di noi ci va. Tempo perso». La stessa domanda, provoca identica risposta: so no di Ramallah, Il Cairo, Sarajevo. Bisogna insi stere. E allora rispondono con le voci che si so vrappongono, in una primavera nordica solo annunciata: «Certo che siamo nati a Rosen gard: ma questa non è mica casa nostra».



Periferia orientale di Malmö. Palazzi gettati come mattoncini a formare isole tanto ordina te quanto slegate l’una dall’altra, cemento a vi sta: uno dei tanti progetti che, sulla carta, ne gli anni Sessanta e Settanta, dovevano risolve re una volta per tutte il «problema casa» della classe operaia più viziata d’Europa. Oggi i lavo ratori svedesi sono una minoranza minacciata più dall’incedere dell’immigrazione islamica che dalla crisi economica. «Non c’è più posto per noi», spiega con un sorriso a mezza bocca Anders Püschel, al momento «disoccupato». Non c’è più posto per nessuno, a giudicare da gli ultimi eventi. A Rosengard, dove Ibrahimo vic ha imparato prima a fare a botte poi a cal ciare il pallone, la sera, non si esce di casa. I poliziotti sono diventati il bersaglio preferito di Intifade istantanee: sassaiole sulle auto di pattuglia che tornano in rimessa ammaccate, come se avessero attraversato un campo profu ghi palestinese con le insegne dell’esercito di Israele bene in vista.

Ogni sera, da mesi, casso netti, cabine, e qualunque struttura pensata per la città si trasformano in roghi appiccati da molotov lanciate direttamente dal salotto di casa. I vigili del fuoco, stanchi di diventare il bersaglio preferito dopo gli agenti, hanno de ciso di ritirarsi dal loro Forte Apache, la caser ma di Rosengard. Henrik Persson, il coman dante della stazione dei pompieri del quartie re, si è appena dimesso: «Nessuno mi ascolta, nessuno ci aiuta. Non ha senso continuare co sì ». Persson ha raccontato che, a una recente riunione operativa, un dirigente della polizia lo ha messo in guardia: «Preparatevi a vedere lanciare le molotov contro di voi». Ma a una richiesta di fondi e rinforzi, spiega ancora Pers son, «ho ricevuto un netto rifiuto». Dall’oppo sizione, la consigliera centrista Anja Sonesson chiede «l’imposizione immediata di un copri fuoco per arginare l’ondata di violenza. I ragaz zini con meno di 18 anni non dovrebbero usci re dopo le 9 di sera». Per il momento, i social democratici, la maggioranza, resistono: «Sa rebbe la fine della democrazia, del sistema sve dese ». Il sindaco Ilmar Reepalu è convinto che una misura così drastica accentuerebbe «il ca rattere di enclave a se stante del quartiere. Al contrario noi dobbiamo cercare di unire Ro sengard al resto della città, farne un zona resi denziale come le altre».

Malmö, terza città della Svezia, capoluogo della prospera Scania, porto sull’Öresundcon un passato di traffici che non torneranno più, ha 270 mila abitanti, centomila dei quali stra nieri, per lo più concentrati a Rosengard e din torni. Come dire, un residente su tre è musul mano. Molti vengono dai Balcani, dall’Africa, dall’Asia centrale. «Ci sono cento e più nazio nalità nel quartiere — spiega Stefan Alfelt, cor rispondente locale di Aftonbladet, uno dei principali quotidiani nazionali —. Pochi di lo ro hanno un’occupazione. In alcune zone i sen za lavoro sono addirittura l’86% degli adulti. I giovani crescono osservando i genitori che vi vono di carità pubblica. Sanno di essere senza speranza e si comportano di conseguenza: fan no la guerra». Curiosamente, non è un conflit to «Rosengard contro gli altri». «Gli scontri ra ramente superano i confini del quartiere — di ce ancora Alfelt —. È una guerra civile locale: tutti contro tutti». In realtà, qualche volta la violenza lascia Ro sengard e si sposta verso il centro elegante, l’isola pedonale dove si affacciano vetrine e ri storanti ancora affollati nonostante la crisi.

Ai primi di marzo è bastato l’arrivo della naziona le israeliana di tennis, impegnata in Coppa Da vis contro la Svezia, proprio a Malmö, a far in sorgere la comunità islamica, in quell’occasio­ne alleata dei centri sociali svedesi e i black blok di tutta Europa. Un mix esplosivo che la polizia ha affrontato a modo suo. Con le manie re forti: cariche a cavallo, botte da orbi e pisto le impugnate contro i dimostranti. Inutile par lare di integrazione, a Rosengard. Il modello sociale svedese? «Non spetta a me interpretare la politica del governo», ci ha detto il sindaco Ilmar Reepalu, socialdemocratico, facendo in tendere che lui, la sua città, vuole continuare ad amministrarla come se il welfare scandina vo non fosse superato dalla realtà. Certo «dob biamo iniziare a progettare qualcosa di diver so. Ne va della tranquillità di tutti». Solo una questione di ordine pubblico, allo ra? La polizia, conclude il portavoce Lars-Hakan Lindholm, «sa esattamente cosa fare e lo farà». Il punto è: per quanto, ancora?

Paolo Salom
05 maggio 2009

www.corriere.it

03/05/2009

Delara Darabi: uccisa come una bestia

TEHERAN - Un'ultima disperata richiesta di aiuto alle persone più care. «Mi impiccano fra pochi secondi, aiutatemi!»: così, alle 06.00 di venerdì mattina Delara Darabi, la 23enne pittrice iraniana condannata a morte per un omicidio commesso a 17 anni, ha informato per telefono i genitori che la stavano portando sul patibolo. Poco dopo, è stata giustiziata. Ora, come ha raccontato il suo avvocato, Abdolsamad Khorramshahi, il padre della ragazza è ricoverato in ospedale in stato di choc.

NIENTE PERDONO - A mettere personalmente la corda intorno al collo di Delara, scrive il quotidiano Etemad, è stato un figlio della donna per la cui uccisione la pittrice è stata condannata, nonostante avesse accettato le condizioni poste dalla famiglia della vittima per concedere il perdono che le avrebbe salvato la vita: dichiararsi colpevole e cambiare avvocato. L'esecuzione è avvenuta a sorpresa venerdì nel carcere di Rasht, nel nord dell'Iran, anche se il capo dell'apparato giudiziario, ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, aveva annunciato il 19 aprile scorso un rinvio di due mesi dell'impiccagione. La ragazza è stata messa a morte senza che nemmeno il suo avvocato venisse informato, come invece vorrebbe la legge.

www.corriere.it

 

COMMENTO: UCCISA NELL' INDIFFERENZA GENERALE!  www.savedelara.com

Desormais on autorisera seulement les petits jihadistes au croissant vert

5d30fa5a-354e-11de-ae33-511cae571ce9.jpg«On nous considère comme une entreprise de spectacle, alors qu'on est avant tout une œuvre éducative», déplore Françoise Grobois, directrice de l'association des Petits Chanteurs à la croix de bois. Mercredi, le célèbre chœur a été «interdit de concert» par la préfecture de l'Oise (où se trouve le siège social de l'institution) qui exige désormais que les enfants soient rémunérés quand ils se produisent sur scène. «En 2000, cette dernière nous a demandé d'être titulaires d'une licence d'entrepreneur de spectacles et excluait alors toute idée de rémunération, mais elle a changé d'avis. Sous sa pression, la Drac d'Amiens, qui accorde les licences, ne l'a pas renouvelée sous prétexte qu'on ne payait pas les enfants, mais nous n'avons pas les moyens de les payer», explique Alain Babaud, vice-président de l'association.

«Quatre-vingt-dix pour cent du personnel se consacrent à l'enseignement du chant, de la technique musicale et à l'encadrement des enfants scolarisés et logés à la Fondation Eugène-Napoléon, dans le XIIe arrondissement de Paris», ajoute Françoise Grobois. Mercredi soir, les quatre-vingt-six Petits Chanteurs à la croix de bois ont manifesté devant l'église de Saint-Vincent-de-Paul, à Paris, où ils devaient chanter au profit des jeunes en difficulté. Parallèlement, l'institution a lancé un appel à l'aide à Éric Woerth, ministre du Budget, et à Axel Poniatowski, député du Val-d'Oise, afin de pouvoir «poursuivre une œuvre plus que centenaire, qui appartient au patrimoine de la France et participe à son rayonnement dans le monde. En décembre 2008, nous avons donné un concert à l'Opéra national de Pékin», rappelle Françoise Grobois.

Aujourd'hui, la tournée, prévue à partir du 13 mai en province, en Italie et en Suisse, a été suspendue. L'association vit des concerts payants pour les adultes, mais gratuits pour les moins de­ 15 ans. Les parents des Petits Chanteurs, en outre, participent au coût de l'internat.

«Ils sont les premiers à ne pas vouloir qu'on paie leurs gamins, signale Alain Barbaud. Sans concert, nous ne pouvons plus vivre, sans disques non plus, mais dans une moindre part. Nous n'avons pas de structure financière solide, l'argent rentre et sort. Sans tournée, on nous coupe les vivres et on nous tue !»

www.lefigaro.fr

EXTRAIT DES COMMENTAIRES ENVOYES AU FIGARO:

..Le droit de s'habiller avec des jeans effilochés à l'usine, le droit de se soûler d'images de synthèse, le droit de faire la queue à la sortie du prochain Potter, de cultiver son obésité en mangeant ce que l'on sait, de se nourrir de mots tronqués, « phonétisés », désorthographiés, d'expressions convenues ? nues de sens réel -, de flinguer sans compter les humains surgis de sa PS3, de tuer le temps en « chattant » avec des « ça va? - oui, et toi? », le droit de préparer sa calvitie en s'enduisant le crâne de colle gélifiante, pour devenir clone parmi les clones, le droit de provoquer la garde-à-vue d'un prof qui l'aura giflé pour s'être fait insulter, le droit de s'inonder le cerveau de rayons nocifs, le droit de télécharger des sonneries qui pètent comme les humains pour épa(pe)ter le mec d'à-côté, le droit de se détèriorer les tympans en vivant « branché» - le MP3 connecté aux oreilles pour écouter de la « musique » de concert(ve), le droit de conduire des voitures folles et meurtrières au volant de son ordi, le droit de porter plainte contre ses parents qui l'auront fessé, le droit d'être agressé par la pornographie étalée à chaque coin de l'oeil, le droit de s'encombrer l'esprit d'un savoir encyclopédique voué à l'oubli, le droit de s'abrutir de télé-réalités réellement écoeurantes, de cultiver sa dépression à cause du collège, de peupler son imaginaire d'images de violence et de viols, de sadisme et de sang, 

...mais il n'a pas le droit de CHANTER! 

Tout doit être monnayé, rien n'est pur, tout est commerce, rien n'est désintéressé ? dès lors qu'on recherche la qualité, le « professionnalisme » en quelque sorte, on est forcément un produit commercial et donc soumis aux lois du marché ? aux lois du « travail », à la « règlementation », puisque seule la médiocrité est supposée « amateur » et donc non taxable!

Il est vrai que la beauté des voix enfantines, c'est ringard, il est vrai que l'uniforme culotte-courte-veston-bleu-marine, c'est désuet - que-dis-je, dégradant pour le garçonnet -, et quant à l'aube blanche ornée d'une croix de bois! Je vous dis pas...! ça craint!

Ainsi va la France... Cela me donne envie de vomir (sur l'Exagone) et de brandir le poing en chantant « Allons-z'enfants! » ou « Aux larmes, citoyens! »