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15/10/2015

Renzi, ovvero il buffone delle COOP che sopprime la democrazia

Se le istituzioni europee nel loro attuale assetto rappresentano un pallido simulacro di democrazia, l'Italia è riuscita a creare qualcosa di peggiore: le modifiche costituzionali, che sono contenute nel cosiddetto DDL Boschi e che disegnano il nuovo Senato appena varato dal governo Renzi, sono la pietra tombale per la sovranità popolare in Italia.

Lo affermiamo serenamente,  riferendoci sia al metodo utilizzato per portare a compimento l'opera sia al suo orribile contenuto.

Solo in uno Paese sciagurato come il nostro si può tollerare che un presidente del Consiglio arrivato al potere restando al riparo dal processo elettorale (per usare l'ipocrita espressione del suo predecessore Monti), faccia passare con l'inganno — ricordiamo il giochetto fatto col Patto del Nazareno sull'accordo per il presidente della Repubblica — una riforma costruita a immagine e somiglianza del proprio partito. (click)

Perchè sia chiaro se il Porcellum fu una legge studiata dal centrodestra per tentare di agguantare il pareggio nelle elezioni politiche del 2006, tutte le riforme istituzionali fino ad oggi varate da Renzi sono figlie del medesimo scopo fazioso. Basta guardare a come sono stati delineati i nuovi collegi uninominali, che riescono a smembrare zone omogenee dal punto di vista socio-economico. E' sufficiente pensare che nel Senato, in quelle Regioni che daranno un massimo di due deputati, entrambi toccheranno alla maggioranza: caso strano, porzioni di territorio che storicamente esprimono governatori del PD. Ci sono addirittura collegi che transitano in altri cambiando la Provincia di appartenenza.

D'altronde cosa ci potremmo attendere da chi fa votare una riforma costituzionale attingendo a piene mani dai gruppi parlamentari degli altri partiti? In questi mesi il premier italiota, da consumato giocatore di poker — o meglio da imbonitore delle tre carte — ha infatti raccolto voti un po' qua un po' là. Qualunque sostegno gli ha fatto comodo, per il bene dell'Italia naturalmente. E anche per il bene del Partito Democratico. Vi sono stati transfughi dal Movimento Cinque Stelle, da Forza Italia e pure dalla Lega Nord. Renzi deve essere di bocca buona! Poi si sa, l'appetito vien mangiando… e alla fine è riuscito a chiudere con 179 voti. Sarebbe interessante capire se le transumanze — più o meno a gettone — valgano processualmente parlando solo per una parte politica oppure per tutte.

Come ci insegnano i casi Monte Paschi di Siena e Unipol, i processi hanno velocità diverse a seconda dei soggetti coinvolti. A parte questo, resta il contenuto di una riforma salutata da alcuni opinionisti come la soluzione di tutti i mali della nostra politica. Finalmente è stato superato il bicameralismo perfetto. Perbacco, che grande balzo in avanti! Peccato che sull'altare di un radioso avvenire sia stato sacrificato il diritto di voto dei cittadini: i senatori non verranno più votati dagli italiani, ma scelti da altri eletti. Scusate, ma l'Italicum non era stato fatto da Renzi anche con la scusa di mettere mano all'odiosa selezione delle segreterie di partiti? Miracoli della democrazia ad uso e consumo del PD, il cui stesso leader, dopo aver utilizzato le primarie come un Freccia Rossa per giungere velocemente a Palazzo Chigi, ora vorrebbe scegliere in solitaria i nomi dei candidati sindaco delle principali città italiane, Roma in testa. 

Il Senato della Repubblica disegnato da Renzi diventerà insomma una sorta di dopolavoro per alcuni consiglieri regionali,

Tornando al fastidio che Renzi prova verso il diritto al voto, non c'è nulla di cui stupirsi. Le avvisaglie c'erano già state con la pseudo abrogazione delle province, confezionate dal suo sodale Delrio. Anche lì la forma elettorale scelta per i Consigli provinciali fu quella dell'elezione indiretta: di fatto si tengono in piedi i centri di spesa, fingendo tuttavia che gli esecrandi palazzi — i quali drenano a piene mani i soldi pubblici — non esistano più. Però l'apparato è ancora lì e anzi continua ad accumulare debito agendo sempre più indisturbato.

Il Senato della Repubblica disegnato da Renzi diventerà insomma una sorta di dopolavoro per alcuni consiglieri regionali, un circolo Pickwick dove fare qualche apparizione senza lasciare il segno. C'è veramente da domandarsi se non sarebbe stato meglio tramutare il Senato in un museo, come hanno detto alcuni, invece che ridurlo a tali macerie.

I senatori non verranno più votati dagli italiani, ma scelti da altri eletti

In un contesto del genere sorridiamo amaramente ripensando alla riforma costituzionale varata dal Governo di centrodestra nel 2005/06, che avrebbe introdotto già allora la fine del bicameralismo perfetto, mantenendo però un Senato elettivo e soprattutto realmente rappresentativo delle varie Regioni. Rimane aperta la ferita dei senatori a vita, i quali seppur revisionati, resisteranno come figura: un sberleffo vero e proprio, uno sfregio alla spending review che ha riempito la bocca di Monti, Letta e Renzi dal 2010 ad oggi.

La bestialité sunnite orthodoxe en images (attention choquant)

http://www.dreuz.info/2015/01/22/video-voila-comment-on-d...

François , Manuel, Jack et Barack approuvent!

13/10/2015

L'holocauste mahométain expliqué pour les nuls

https://www.youtube.com/watch?v=xMRR7B5q70A

TOUT EST DIT !

Au Yemen des crimes de guerres Saoudiens dans l'indifference générale

Amnesty International a dénoncé dans un rapport de multiples violations du droit international par la coalition menée par l'Arabie Saoudite. Dans ce pays en proie depuis six mois à un conflit complexe, c'est un désastre humanitaire qui se joue à huis clos.

C'est la guerre oubliée. Celle qui échappe aux radars journalistiques, braqués vers la Syrie où s'étend l'ombre de l'État islamique. Pourtant, depuis six mois, les bombes pleuvent sur le Yémen. «Des bombes tombent du ciel jour et nuit»: c'est même le titre du rapport publié par Amnesty International le 7 octobre, qui dénonce des crimes de guerre commis par la coalition menée par l'Arabie saoudite.

Six mois de conflits

Ce pays de 27 millions d'habitants, le plus pauvre du monde arabe, n'a jamais été véritablement unifié, et Nord et Sud s'écharpent depuis plus de trente ans. Au Nord, la rébellion chiite des Houthis monte en puissance depuis 2004. Un conflit avant tout politique et économique qui s'habille d'un vernis confessionnel.

En mars 2015, à la demande du président du Yémen Abd Rabbu Mansour Hadi, l'Arabie saoudite déclenche l'opération «Tempête décisive» pour contrer les rebelles Houthis qui progressent dans le pays et se sont emparés en janvier du palais présidentiel à Sanaa, la capitale. L'Arabie saoudite accuse les Houtis d'être aidés en sous-main par l'Iran chiite. Ce conflit entre sunnites et chiites, entre Nord et Sud, est complexifié par la présence d'acteurs terroristes: fief d'al-Qaïda depuis toujours, le Yémen a vu naître sur son sol une branche de l'État islamique, qui a revendiqué un attentat faisant plus de 30 morts à Sanaa le 17 juin dernier. C'est bien le problème lorsqu'on parle du Yémen: il faut une longue introduction pour expliquer même sommairement un conflit dont la complexité ferait passer l'enfer syrien pour un jeu de quilles.

• 2000 civils tués, des armes interdites utilisées

En tout, le conflit a fait près de 5000 morts dont 2000 civils parmi lesquels 400 enfants. Il y a également 1.5 millions de déplacés à l'intérieur du pays. Ce sont les bombes de la coalition qui tuent le plus de civils. Dans son rapport, Amnesty dénonce «le mépris flagrant pour la vie des civils dont fait preuve la coalition militaire conduite par l'Arabie saoudite». La coalition «Restaurer l'espoir» en marche depuis avril 2015 est composée également du Bahrein, du Qatar, des Émirats arabes unis et reçoit l'appui des Etats-Unis. Amnesty, qui a analysé plus précisemment 13 frappes de la coalition ayant eu lieu entre mai et juillet 2015, met en évidence plusieurs violations du droit international: désignation de villes à large densité de population comme cibles militaires, attaques disproportionnées et indiscriminées, usage d'armes bannies par la communauté internationale.

«Les raids aériens sont fréquents, et utilisent des armes interdites par la communauté internationale» comme les bombes à sous-munitions qui permettent de couvrir d'explosifs l'équivalent d'un terrain de football. Certaines de ces armes auraient été fournies par les États-Unis, indique Amnesty.

Amnesty demande l'établissement d'une enquête internationale indépendante pour faire la lumière des violations par les parties du conflit. Car la résolution déposée par l'Arabie saoudite adoptée par l'ONU à Genève au début du mois d'octobre ne mentionne pas les exactions de la coalition. L'ONG demande également la suspension des transferts d'armes à la coalition. «Les États-Unis et les États qui exportent des armes à l'une des parties au conflit au Yémen sont tenus de veiller à ce que les transferts qu'ils autorisent ne facilitent pas de graves violations du droit international humanitaire.», a ainsi déclaré Donatella Rovera conseillère principale à Amnesty International pour les situations de crise, qui a conduit une mission d'établissement des faits au Yémen.

• Chaos humanitaire

«C'est la première fois en 10 ans de missions que je suis plongé dans un tel climat de violence. Même à Gaza, en Côté d'Ivoire, en Somalie ou en Centrafrique, je n'ai jamais vu pareille situation où le conflit ne s'arrête jamais. Les trêves ne sont jamais respectées plus de deux heures. Le quotidien est rythmé par les cris, les pleurs, le sang et les morts.» témoigne Thierry Goffeay, responsable MSF à Aden, sur France Inter.

Guillaume Binet est un des rares photographes à s'être rendu dans un pays hors des radars de l'actualité depuis des mois. Il raconte au Figaro un pays dévasté, en proie à une crise humanitaire sans précédents. «Dans les villes ravagées par les combats, la population est exangue et souffre de malnutrition. Le typhus et la rage sont réapparus. Il n'y a pas d'électricité, pas de téléphone. L'essence est vendue au marché noir, son prix a été multiplié par 400. Seules quelques voitures roulent encore.»

Selon Amnesty, la moitié de la population serait en «insécurité alimentaire», et près de 15 millions de personnes n'auraient pas accès aux soins. Dans le Nord, l'Arabie saoudite bloque les convois humanitaires.

• Le patrimoine de l'humanité en danger

Les destructions ne touchent pas seulement les civils, mais aussi le patrimoine mondial de l'humanité. Lemonde entier s'indigne de la destruction de Palmyre par Daech, mais depuis six mois au Yémen, un patrimoine tout aussi extraordinaire est mis en péril par le conflit. Les Houthis ont pilonné Aden, al-Qaïda détruit les tombeaux soufis. La ville de Sanaa, vieille de 3000 ans et inscrite au patrimoine mondial de l'Unesco a été abimée.

Certains estiment que les destructions saoudiennes sont délibérées et systématiques et visent à éradiquer le patrimoine antéislamique. «Ce qui est troublant, explique-t-il, c'est que ce patrimoine est très visible et connu. Des destructions intentionnelles de la part des Saoudiens ne seraient pas surprenantes étant donné qu'ils détruisent leur propre patrimoine religieux» expliquait ainsi un archéologue anonyme sur Slate.

•Pourquoi tant d'indifférence?

Contrairement à la Syrie qui passionne les journalistes et fait régulièrement la une de l'actualité, le conflit au Yémen est quasiment inexistant dans les médias. «Le Yémen est très peu couvert par les médias. Personne ne connait le Yémen, très peu de journalistes y ont déjà été, contrairement à la Syrie.» explique Nina Walch, responsable d'Amnesty, qui s'agace que la seule indignation médiatique ait eu lieu pour les destructions de patrimoine.

«Le silence médiatique vient sans doute de la grande difficulté à expliquer un conflit extrêmement complexe, voire incompréhensible, mais aussi du danger qu'il y a pour les journalistes à se rendre sur place.», analyse pour sa part Guillaume Binet. «Il n'y a quasiment aucun journaliste. On ne sait pas ce qui se passe, hormis à travers les chaînes arabes (al-Jazeera) qui ont un biais anti-chiite. La seule association humanitaire encore active sur place est MSF. Le CICR (Comité international de la Croix-Rouge) est parti après que deux de ses membres soient tués» explique Guillaume Binet.

Rapport Amnesty International Yémen

SOURCE www.figaro.fr

PS Pendant ce temps MANUEL et FRANCOIS signent des accords de prostitution franco sunnite à tour de bras

Mais pas question de vendre les MISTRAL à la Russie.....embargo sur les méchants!

Gli USA non vogliono realmente l'eliminazione di ISIS e AL NUSRA

Navigando su internet ho trovato un documento molto interessante, anche perché la fonte è insospettabile: il Council on Foreign Relations, ovvero il think tank di altissimo livello che forma le élites sia del partito democratico che di quello repubblicano destinate a governare il Paese. Molti lo considerano, non a torto, il vero pensatoio della politica estera statunitense.

Uno dei suoi ricercatori Mikah Zenko ha paragonato i bombardamenti degli americani nelle grandi missioni militari degli ultimi vent’anni  con quelli in Siria. Vediamoli. 

Da quando un anno fa è stata lanciata la campagna militare contro l’Isis il Pentagono ha sganciato 43 bombe al giorno, mentre in Irak nel 2003 ne lanciò 1039, in Afghanistan 230, in Kosovo 364 e nel 1991 nella prima guerra addirittura 6123.

E ricordatevi la polemica di qualche mese fa, di cui ho dato conto su questo blog, quando i piloti statunitensi protestarono con il Pentagono per le regole di ingaggio a cui dovevano sottostare, regole così  assurde e burocratiche che di fatto vanificavano la possibilità di colpire seriamente ed efficacemente le truppe del califfato islamico.

Quando gli Usa fanno sul serio la loro force de frappe è devastante per intensità e potenza; invece quando, come accade in Siria contro l’Isis,  si limita a dei raid dimostrativi, significa che la vittoria finale non è la vera priorità e le operazioni hanno più che altro fini mediatici.

Chi invece vuole vincere è Putin. E la differenza è evidente. Il Cremlino sta colpendo molto duramente i gruppi armati salafiti in Siria,  persino con missili di lunga gittata. E che tali gruppi appartengano all’Isis o al Qaida o ad altre organizzazioni islamiche è francamente risibile: i ribelli armati moderati in Siria di fatto non esistono, sono tutti estremisti islamici della peggior risma.

Sia chiaro: al sottoscritto non piacciono né le bombe americane né quelle russe e vorrei, come ha scritto Ron Paul, che nessun ordigno insanguinasse la Siria. Sun Tzu insegna che la guerra è la soluzione estrema, a cui bisogna ricorrere solo in casi estremi e il fatto che si sia arrivato a tanto rappresenta una sconfitta per tutti i grandi Paesi, a cominciare da quelli occidentali, dall’Arabia Saudita e dalla Turchia, responsabili per la destabilizzazione della regione.

Ma una volta che è dichiarata va combattuta senza se e senza ma, soprattutto avendo ben chiari gli obiettivi: l’America dice di voler sconfiggere l’Isis ma la sua priorità è di far cadere Assad ovvero l’uomo che si oppone all’Isis. E non sembra per nulla preoccupata dalla conseguenza ultima delle sue manovre che è quella di consegnare al neocaliffato e/o ad Al Qaida l’area tra Siria e gran parte dell’Iraq ovvero a un regime violento, settario, retrogrado; il peggio che si possa immaginare e ben lontano dai valori di democrazia, libertà, diritto che Washington difende e promuove in altre parti del mondo.

Capire le logiche di questa America è davvero molto difficile.

FONTE http://blog.ilgiornale.it/foa/2015/10/08/ecco-la-prova-che-lamerica-non-sta-bombardano-lisis/

Barack Hussein, nobel della pace, soffia sul vento della guerra

Il conflitto in Siria diventa sempre più una guerra per procura tra Russa e Stati Uniti, che hanno ripreso ad armare con maggior determinazione e armi pesanti i ribelli che combattono contro il governo di Bashar al Assad.

Il flusso di armi che da Washington arriva ai ribelli attraverso Riad si è fatto molto consistente dall’inizio dell’intervento russo, perfino "superiore a quello necessario", ha spiegato al New York Times uno dei capi delle milizie ribelli impegnati a fronteggiare le forze armate di Damasco ad Hama, nella Siria centrale, una delle prime province colpite dai raid aerei di Mosca e Damasco. "Abbiamo ciò che chiediamo in pochissimo tempo", racconta Ahmad al-Sud, comandante dei ribelli, entusiasta dei successi ottenuti in due giorni dal suo gruppo, la Divisione 13, che è riuscito a centrare con i missili anticarro Tow "sette blindati su sette". Blindati, detto per inciso, costruiti e forniti dai russi.

Gli Stati Uniti starebbero rifornendo missili anticarro ai ribelli siriani che combattono contro Assad. Il New York Times parla di missili anticarro di tipo Tow, di fabbricazione americana.

La fornitura non sarebbe iniziata da poco, ma dal 2013, attraverso un programma segreto gestito dagli Stati Uniti, dall'Arabia Saudita e da altri alleati con lo scopo di aiutare alcuni gruppi di insorti controllati dalla Cia contro il governo siriano.

Tuttavia, fa notare il New York Times, la fornitura si sarebbe intensificata in seguito agli aiuti forniti da Vladimir Putin ad Assad. Le armi verrebbero consegnate sul campo dagli alleati americani, ma gli Stati Uniti approvano la loro destinazione, avendo di fatto almeno la tacita approvazione degli Stati Uniti, ora che la forza aerea russa sta sostenendo Assad. L'iniziativa di trasferimento delle armi sarebbe coordinata dalla Cia, e non dal Pentagono, e, più ampia nel numero di armi, sembra avere più successo di quella varata dal ministero della Difesa, fallita perché i missili venivano utilizzati solo in funzione anti-Isis e non per combattere le truppe di Assad.

FONTE: www.ilgiornale.it

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Dall'inizio dei raid delle forze aeree russe in Siria, l'opposizione siriana ha iniziato a ricevere dagli Stati Uniti grandi quantità di armi anticarro, scrive il “New York Times”. Secondo il prestigioso giornale americano, i ribelli hanno inoltre chiesto a Washington armamenti per abbattere gli aerei.

I comandanti dell'opposizione siriana armata affermano che con l'inizio delle operazioni russe nel Paese hanno cominciato a ricevere grandi quantità di armi anticarro dagli Stati Uniti, scrive il "New York Times".

"In tempi brevi riceviamo quello che chiediamo," — ha detto il comandante di uno dei gruppi ribelli.

Il giornale rileva che le forniture nella regione dei missili anti-carro "Tow" sono iniziate nel 2013 nell'ambito di un programma segreto di USA, Arabia Saudita ed altri alleati di Washington nel Golfo. Secondo quanto rivelato dagli stessi ribelli, nel 2013 l'Arabia Saudita aveva acquistato dagli Stati Uniti più di 13mila complessi "Tow". Si evidenzia come l'operazione sia gestita dalla CIA, non dal Pentagono, che la scorsa settimana aveva chiuso il programma di addestramento dei combattenti dell'opposizione siriana.

Al momento le spedizioni sono aumentate notevolmente.

"Possiamo ottenere quanto è necessario e quando è necessario. Bisogna solo specificare la quantità," — ha detto il rappresentante di uno dei gruppi armati dell'opposizione.

Secondo lui, questi cambiamenti sono legati all'intervento russo nel conflitto.

Tenendo conto di questo fatto, cresce il rischio che il conflitto siriano degeneri in una guerra "per procura" tra la Russia e gli Stati Uniti, ritiene il "New York Times".

Il giornale scrive che i ribelli siriani chiedono a Washington e ai suoi alleati armi contraeree per usarle contro i caccia di Damasco e dell'Aviazione russa. L'ultima volta che una richiesta simile era stata inoltrata è avvenuta 10 giorni fa tramite una centrale operativa in Turchia. Secondo il "New York Times", gli Stati Uniti non hanno fretta di concretizzare queste richieste, temendo che le armi finiscano nelle mani degli estremisti.

Dal 30 settembre, su richiesta del presidente siriano Bashar Assad, la Russia conduce raid aerei di precisione contro le posizioni dello "Stato Islamico" in Siria. I raid hanno compromesso significativamente il funzionamento dei centri di comando e logistici dei fondamentalisti, così come hanno seriamente danneggiato le infrastrutture usate per la preparazione degli esplosivi usate dagli attentatori suicidi. Gli obiettivi sono selezionati sulla base delle informazioni d'intelligence di Russia e Siria.

L'ambasciatore della Siria in Russia Riyad Haddad ha confermato che gli attacchi aerei sono diretti contro i gruppi armati terroristici, non contro l'opposizione e i civili, e l'esercito siriano ha le coordinate esatte delle posizioni dei terroristi.

08/10/2015

Silence, la secte sunnite tue au Yemen!

Pendant que de fausses preuves sont utilisées pour accuser la Russie de tuer des civils en Syrie, 15 personnes ont été tuées et 25 blessées dans un bombardement de la la coalition saoudienne au Yémen.

Des avions de la coalition dirigée par l'Arabie saoudite ont effectué mercredi deux frappes visant une fête de mariage à Sanban, ville rebelle située à une centaine de kilomètres au sud de Sanaa.

Selon les données de l'agence, l'attaque aérienne, visant la maison d'un des dirigeants des Houthis, a causé 15 morts, 25 personnes sont blessées.

Ce n'est pas la première bavure du genre: le 28 septembre, la coalition dirigée par l'Arabie saoudite a effectué des frappes aériennes visant une cérémonie de mariage au sud-ouest de Yémen, causant plus de 130 morts.

Les affrontements entre les autorités yéménites et les insurgés houthis se sont intensifiés en août 2014. En janvier 2015, la branche armée des Houthis, Ansar Allah, s'est emparée de la capitale du pays. Le président Abd Rabo Mansour Hadi s'est d'abord réfugié à Aden, mais la prise de cette ville par les insurgés chiites le 25 mars l'a contraint à quitter le pays.

Répondant à l'appel du président en exil, l'Arabie saoudite soutenue par Bahreïn, le Qatar, le Koweït et les Emirats arabes unis a lancé le 26 mars l'opération aérienne Tempête décisive (Tempête de fermeté) contre les Houthis. L'Egypte, la Jordanie, le Maroc et le Soudan ont également rejoint la coalition. Le 21 avril, l'Arabie saoudite a annoncé la fin de l'opération qui a permis de détruire les armes balistiques se trouvant entre les mains des Houthis, liés à l'Iran, et des militaires fidèles à l'ex-président yéménite Ali Abdallah Saleh. La coalition a également annoncé le lancement, à partir du 22 avril, d'une nouvelle opération au Yémen baptisée Renaissance de l'espoir destinée à rétablir le processus politique, à combattre le terrorisme et à mettre fin aux activités militaires des Houthis (traduire: éliminer physiquement toute opposition non sunnite orthodoxe NDR).

Selon l'ONU, 5.000 personnes ont été tuées et 25.000 blessées dans le conflit depuis mars.

07/10/2015

07 ottobre 1571 l'invasione turca fermata a LEPANTO

La storia insegna che si deve sempre difendere la propria identità

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Buon compleanno PRESIDENTE

07.10.2015

poutine.JPGE  ANCORA GRAZIE !

 

SOSTENETE : http://it.sputniknews.com/

06/10/2015

Les Occidentaux font alliance avec Al Qaida

Les médias occidentaux(francophones comme anglophones d’ailleurs) sont tout de même étonnants (dans le sens négatif). Leur façon de traiter l’information, ou plutôt de mener la guerre de l’information, atteint des niveaux où la morale et la déontologie n’ont plus aucune signification.

Quoi qu'il en soit, depuis que la Russie est entrée dans une nouvelle phase de lutte contre le terrorisme en Syrie, le mainstream est passé, lui, à un autre niveau de guerre informationnelle. Accuser la Russie de ne pas limiter ses frappes au groupe terroriste Daech, mais de les étendre à « d'autres groupes soutenus par les Etats du Golfe », qu'ils avouent eux-mêmes « être liés à Al-Qaida et à d'autres groupes salafistes » http://news.yahoo.com/russia-says-increase-air-strikes-ag..., voilà le comble du comble.

Cela signifie-t-il que, depuis septembre 2001, tout le matraquage médiatique voulant que l'ennemi N°1 de l'humanité soit le groupe terroriste Al-Qaida, c'était donc du pipeau? Al-Qaida et ses affiliés sont-ils devenus désormais "fréquentables" et même des "alliés" pour certains membres de la communauté internationale? Devrait-on alors réinterpréter complètement les attaques terroristes du 11 septembre 2001, leur revoir leur "signification" ainsi que toute la notion du terrorisme international qui s'est élaborée depuis?

La Russie de son côté a toujours été fidèle à ses principes, y compris ceux liés à la lutte anti-terroriste. Du terrorisme, c'est du terrorisme, peu importe contre qui il est visé. On ne peut pas en dire autant des élites occidentales, aussi bien au niveau politique que médiatique. A une époque, les Talibans étaient des "freedom fighters" (lorsqu'ils combattaient les troupes soviétiques) pour devenir par la suite "des extrémistes du Moyen-Age" à éliminer à tout prix.

Al-Qaida était devenu, depuis l'épisode du 11 septembre, le "principal défi pour toute l'humanité", à en croire là encore les politiciens et journalistes d'une partie de l'humanité. Mais aujourd'hui, ces terroristes sont soudainement devenus plutôt "fréquentables", du moment qu'ils aident à nous débarrasser d'un leader arabe laïc qui n'arrange aucunement les intérêts néocolonialistes de certains.

Cette hypocrisie atteint donc une telle altitude qu'il ne faut nullement s'étonner que la chute soit proportionnelle. En différents endroits du globe, y compris même au sein des pays occidentaux, un grand nombre de voix s'élèvent pour dire que ce genre d'approche ne peut plus être tolérée. On peut partager des valeurs différentes, basées notamment sur nos histoires et traditions respectives (n'est-ce pas d'ailleurs ce qu'avait rappelé le président russe lors de son allocution à la 70ème Assemblée générale de l'ONU?). Mais il est tout simplement inacceptable et en fonction des intérêts géopolitiques du moment de portraiturer un terroriste pur et simple en "rebelle modéré", pour ensuite, lorsque les intérêts immédiats auront été satisfaits et qu'une nouvelle donne sera à l'ordre du jour, le remaquiller en le terroriste égorgeur qu'il a toujours été.

Pendant ce temps, les frappes russes contre les positions des terroristes en territoire syrien ont donné, en quelques jours, plus de résultat que les "frappes" de la coalition occidentalo-golfiste depuis plus d'un an… On peut du reste se demander ce que faisait ladite "coalition" pendant tout ce temps, et quels étaient ses objectifs véritables.

Depuis les tout débuts de l'intervention russe répondant à la demande officielle du gouvernement syrien, et selon les dernières informations, un grand nombre de terroristes sont désormais pris de panique, ceux possédant des passeports de pays occidentaux, dont européens, cherchant par tous les moyens à rentrer chez eux. Reste à savoir, après, si les autorités des pays en question sauront les accueillir comme il se doit, ou pas…

"Nos bombardements sur les positions des terroristes apportent leurs fruits. Les terroristes paniquent, nombreux quittent leurs positions et fuient. Selon les informations dont nous disposons, plus de 600 terroristes tentent de quitter la Syrie pour rejoindre l'Europe (ce qui laisse supposer qu'ils sont citoyens de l'Union européenne). Dans cette situation, non seulement nous n'allons pas réduire le nombre de nos frappes, mais nous allons au contraire les intensifier".

Andrey Kartapolov, chef de la direction opérationnelle de l'état-major des Forces armées de la Fédération de Russie