Ora che facciamo? Chiederemo scusa al presidente nigeriano Olusegun Obasanjo perché le vignette su Maometto hanno provocato la collera dei musulmani sfociando nel massacro di 16 cristiani e la distruzione di 11 chiese? O forse quei cristiani e quelle chiese non meritano lo stesso riguardo riservato alla trentina di musulmani finora uccisi nel mondo, da forze dell’ordine musulmane, per impedire loro di compiere ulteriori atti di vandalismo e di terrorismo? D’altro canto chi di noi sa che negli ultimi cinque anni circa seimila cristiani sono stati trucidati nel nord della Nigeria dove è in vigore la sharia e Bin Laden è un eroe? Ammettiamolo: l'Occidente si scandalizza solo quando viene messo, a torto o a ragione, nei panni del carnefice e solo quando le vittime, reali o presunte, sono dei musulmani. A questo punto il cardinale Bertone dopo aver auspicato che Calderoli sia condannato ai lavori forzati in Cirenaica, potrebbe completare il processo salvifico dell’Occidente raccomandando a tutti i cristiani almeno un mese di penitenza e di esercizi spirituali. I governi dei Paesi musulmani hanno sbagliato attribuendo prima alla Danimarca, poi all’Unione Europea, quindi all’Occidente, infine all’insieme della cristianità la responsabilità casomai soggettiva dei singoli vignettisti danesi. Ma i governi occidentali hanno commesso un errore speculare rifiutandosi di individuare, e possibilmente sanzionare, le responsabilità soggettive di chi ha istigato all’odio, ha condannato a morte mettendo cospicue taglie sulla testa dei vignettisti, ha dato l’ordine di assaltare, incendiare, saccheggiare ambasciate e chiese. All’opposto l’Occidente ha maturato il convincimento che l’ondata di violenza sia una reazione automatica e giustificata da parte di un blocco monolitico chiamato arbitrariamente «Islam». Di fronte al quale per paura, viltà e collusione ideologica si genuflette e chiede perdono, assumendosi la responsabilità degli atti di violenza e di terrorismo commessi dagli altri contro i beni e le vite occidentali e cristiane. In questo contesto l’Italia primeggia nell’offesa, non all’Islam, ma alla propria credibilità come Stato sovrano e alla nostra dignità come cittadini liberi. Questa classe politica, governo e opposizione, sta sbagliando tutto genuflettendosi davanti a Gheddafi. Un folle tiranno che prima ha aizzato i libici ad aggredire gli italiani, poi ha ordinato di sparare su una folla trattata come carne da macello, infine ha proclamato un giorno di lutto nazionale e assegnato un posto certo in Paradiso agli undici morti elevandoli al rango di «martiri». Ma ci rendiamo conto che ci siamo affrettati e affannati a chiedere scusa a Gheddafi per un attentato terroristico al nostro consolato a Bengasi di cui lui è l’unico vero responsabile? In questo contesto le vignette su Maometto considerate blasfeme, e la provocazione di un ministro italiano certamente irresponsabile, risultano solo strumentali a una deliberata e annosa strategia di Gheddafi incentrata sul ricatto e il condizionamento dell’Italia. In questa tragica e umiliante vicenda Berlusconi si è fatto dettare la linea da Pisanu, che a sua volta si è fatto dettare la linea da Gheddafi. Mi spiace ma io non ci sto: mi va bene che Calderoli venga licenziato, ma non per ordine di Gheddafi. Rendiamoci conto che da questa crisi l’Italia potrebbe uscire come un Paese a sovranità limitata. Solo che a limitarla non è una superpotenza occidentale con cui condividiamo la stessa civiltà, bensì un piccolo Stato del Terzo mondo sottomesso a una dittatura illiberale. E pensare che è stat a proprio l’Italia, insieme all’allora presidente della Commissione europea Prodi, a prodigarsi per accreditare una verginità politica a un tiranno costretto dall’Onu a una lunga quarantena per la responsabilità diretta, da lui ammessa versando milioni di dollari di indennizzo, nella strage dei passeggeri degli aerei della Pan Am nel 1988 e dell’Uta nel 1989. Ebbene credo che sia arrivato il momento di assumere seriamente una strategia energetica che ci affranchi dalla schiavitù del petrolio e del gas, di cui proprio dalla Libia attingiamo un terzo del nostro fabbisogno. E liberiamoci dal pregiudizio che appiattisce i musulmani alla sola sfera religiosa. Non esiste l’homo islamicus. Il ministro degli Esteri Fini non si illuda di risolvere la crisi recandosi in visita alla moschea di Roma. Solo una minoranza di musulmani frequenta le moschee. I gestori delle moschee non sono delle autorità religiose, non rappresentano i musulmani. A maggior ragione in Italia dove il vuoto legislativo e il «volemose bene» hanno acconsentito a imam autoeletti e a sedicenti «comunità islamiche» di controllare la gran parte delle moschee. Dopo esserci spezzata la schiena a furia di scusarci per le vignette considerate blasfeme, come ci comporteremo quando alla prossima tornata l’Italia verrà accusata di offendere l’Islam perché, ad esempio, discrimina le scuole coraniche o il marito poligamo? Magdi Allam 20 febbraio 2006 Corriere della Sera
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