14/06/2007
Medio Oriente: la "purificazione religiosa" in chiave islamica
Dalla prima guerra mondiale circa 10 milioni di cristiani sono stati costretti a emigrare. Una fuga simile alla cacciata degli ebrei sefarditi che, da un milione prima della nascita dello Stato di Israele, si sono assottigliati a 5 mila. Si tratta della prova più eloquente della tragedia umana e dell'imbarbarimento civile in cui è precipitato il mondo arabo-musulmano, in preda al fanatismo ideologico degli estremisti islamici e all'intolleranza religiosa delle dittature al potere.
Il caso più grave è quello che colpisce i cristiani in Iraq. Da circa un milione e mezzo prima dell'inizio della guerra scatenata da Bush il 20 marzo 2003, si sono ridotti a circa 25 mila. Un «accorato appello» per la «preoccupante situazione in Iraq» e per le «critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane», era stato lanciato dal papa Benedetto XVI nel corso del suo incontro con Bush sabato scorso. Proprio ieri, in una dichiarazione raccolta da Avvenire, il vescovo ausiliare di Bagdad, monsignor Shlemon Warduni, ha alzato il tiro denunciando che anche «i cristiani non stanno facendo nulla mentre qui si muore, si viene rapiti, costretti a convertirsi all'islam o a pagare per ottenere protezione, a cedere le proprie figlie a dei delinquenti per evitare ritorsioni o a fuggire lasciando tutto il lavoro di una vita. Dagli Usa e dall'Europa solo silenzio». Dal canto suo il nunzio apostolico in Iraq e Giordania fino al 2006, monsignor Fernando Filoni da poco nominato sostituto Segretario di Stato del Vaticano, in un'intervista a
Tracce si era detto pessimista: «Fin quando durano la guerriglia e gli attentati c'è poco da fare. Solo la pace potrà riportare la speranza».
Lo scorso maggio sul sito http://iraqichristians.ne/petitionir.php era stato lanciato un vibrante appello alla comunità internazionale per porre fine alla «più feroce campagna di assassinii, sequestri, esproprio di beni e case, cacciata e dispersione, liquidazione dei diritti religiosi e civili da parte di gruppi estremisti religiosi per il semplice fatto che non siamo musulmani».
Insieme all'Iraq l'altra grande tragedia dei cristiani orientali è nei territori palestinesi. All'inizio dello scorso secolo i cristiani rappresentavano un quarto della popolazione araba; nel 1948 erano il 20%; con l'avvento al potere dell'Autorità nazionale palestinese di Yasser Arafat nel 1994 si registra la fuga di tre quarti dei cristiani, vittime di persecuzioni e del drastico calo del tenore di vita. Ed è così che i cristiani, perfino nelle città sante cristiane, sono diventati minoranza. A Betlemme erano l'85% della popolazione nel 1948, oggi sono solo il 12%. A Gerusalemme dal 53% della popolazione nel 1922, sono precipitati al 2%.
Quanto al Sudan si tratta di un vero e proprio genocidio, con una sanguinosa guerra civile — scatenata dai regimi islamici di Khartum — che ha provocato l'eccidio di circa un milione e mezzo di cristiani e animisti, colpevoli di non sottomettersi alla sharia, la legge coranica. Così come fu genocidio il massacro di 1,5 milioni di cristiani armeni in Turchia, dove oggi non rimangono che circa 100 mila cristiani. Il Libano, che dal 1840 ha registrato quattro guerre intestine a sfondo confessionale, ha visto il numero dei cristiani crollare dal 55% della popolazione dall'indipendenza nel 1932, a circa il 27% odierni. Con il risultato che rispetto al milione e mezzo di cristiani residenti in Libano, ci sono circa 6 milioni di cristiani profughi dispersi nel mondo. La situazione è molto pesante anche in Egitto, dove i copti — che rappresentavano il 15-20 % della popolazione all'inizio dello scorso secolo, oggi sono soltanto circa il 6%. La repressione e le violenze contro i copti sono esplose nel decennio di Sadat quando, alleandosi con i Fratelli Musulmani, lasciò loro mano libera nel promuovere un nefasto processo di islamizzazione forzata della società. In Siria le comunità cristiane che rappresentavano circa un quarto della popolazione all'inizio dello scorso secolo, oggi sono calate a circa il 7%.
Più in generale, in quasi tutti i paesi musulmani, dall' Algeria al Pakistan, dall'Indonesia alla Nigeria, dall'Arabia Saudita alla Somalia, i cristiani sono vittime di vessazioni e discriminazioni. E si tratta di una catastrofe per tutti: certamente per le vittime cristiane, ma anche per i musulmani che si ritrovano a essere sottomessi all'arbitrio di spietati carnefici e di tiranni che si fanno beffe della libertà religiosa. Ebbene non possiamo più continuare ad assistere inermi a queste barbarie. Ecco perché propongo di indire una manifestazione nazionale a difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e altrove nel mondo, da svolgersi a Roma e che potrebbe coincidere con il 30 giugno, la festa liturgica dei protomartiri romani. Una grande manifestazione per la vita, la dignità e la libertà dei cristiani e per il riscatto dell'insieme della nostra civiltà umana.
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08/06/2007
Al Qaradawi: soit l'islam pour les "nuls"
DANS LE BUT DE CLARIFIER A TOUS LES SCEPTIQUES, IGNARES, ET AUTRES IDIOTS UTILES, A QUEL POINT LES IDEOLOGUES DE L'ISLAMISME ACTUELLEMENT EN VOGUE N'ONT RIEN A ENVIER AUX PIRES ORDURES DU NAZISME HITLERIEN, VOICI TRANSCRITE LA BIOGRAPHIE ESSENTIELLE DU CHEIKH YOUSSEF AL QARADAWI, "PARRAIN " DES "FRERES MUSULMANS" ET DE TOUTES LES ORGANISATIONS CORRELEES (HAMAS, UOIF- qui fait partie du Conseil français du culte musulman-, etc)
IL EST L'AUTEUR, ENTRE AUTRES, DU BEST SELLER ISLAMIQUE " LE LICITE ET L'ILLICITE EN ISLAM" UNE SORTE DE "DOCTRINE ISLAMIQUE POUR LES NULS" OU SI VOUS PREFEREZ "MEIN KAMPF POUR LES NULS", DANS LEQUEL ON JUSTIFIE LE MEURTRE POUR APOSTASIE, POUR HOMOSEXUALITE',OU POUR FORNICATION, L'EXCISION, LA VIOLENCE FAITE AUX FEMMES, LA SUPREMATIE DE LA SHARIA SUR LES LOIS REPUBLICAINES, LES ATTENTATS SUICIDES ET LA JUDEOPHOBIE, ETC, ETC...
LE PIRE N'EST PAS QUE CELA PUISSE EXISTER, MAIS BIEN LE FAIT QUE CES SCRIPTS SONT EN VENTE LIBRE EN EUROPE AVEC LA COMPLICITE' DE NOS "EURODHIMMIS".
ON PEUT MALGRE TOUT Y VOIR LE BON COTE DES CHOSES: CECI PERMET DE REALISER DE MANIERE TANGIBLE LE NIVEAU D'ABROUTISSEMENT DE CES INDIVIDUS ET D'EN FAIRE PART AUTOUR DE SOI POUR BRISER LA CHAPE DE PLOMB DE NOS MEDIAS
NOUS REVIENDRONS DANS UNE NOTE ULTERIEURE (FIN JUIN OU DEBUT JUILLET) SUR UN TEXTE ORIGINAL QU'IL A ECRIT A PROPOS DE L'APOSTASIE.
BONNE LECTURE ET ...CONTINUEZ DE CROIRE AU PERE NOEL!!!
Youssef al-Qardaoui ou Yûsuf Al-Qaradâwî [en arabe يوسف القرضاوي] (né en 1926) est un religieux musulman sunnite qatariote d'origine égyptienne.
Biographie
Orphelin de père dès l’âge de deux ans, il grandit dans une famille de paysans attachés à l’islam. Ce fut son oncle paternel qui l’éleva. Il l’envoya à la médersa du village où il acheva la mémorisation du Coran à l’âge de 10 ans.
Yûsuf Al-Qaradâwî poursuivit ses études à l’institut azharite de la ville de Tantâ. Ce fut son premier pas au sein de cette institution de l'Université al-Azhar. À cette époque il rejoignit les Frères musulmans ce qui lui valut d’être emprisonné en 1949, puis entre 1954 et 1956 et en 1962. Neuf années plus tard, il obtint le diplôme sanctionnant le cycle d’enseignement secondaire. Il se rendit alors au Caire où il intégra le cycle universitaire d’Al-Azhar, dans la Faculté des Fondements de la Religion. En 1953, il termina major de sa promotion. Un an plus tard, il passa son examen d'enseignant. En 1957, il obtint une agrégation de lettres arabes, arrivant en tête d’une promotion de 500 étudiants. En 1960, il commença la préparation de sa thèse, sur le thème de la zakâh et son rôle dans la résolution des problèmes sociaux.
Ouvrages
Cheikh Yûsuf Al-Qaradâwî est l’auteur de plus de quatre-vingts ouvrages. Ses écrits ont connu un certain succès en Orient comme en Occident, certains de ses livres ont été édités une dizaine de fois et de nombreux autres traduits dans plusieurs langues étrangères dont Le licite et l'illicite en Islam qui est le livre religieux musulman le plus vendu en Europe après le coran. Certains ont été interdits dans le monde arabe car ils étaient hostiles à certains dirigeants. Il dirige le Conseil européen de la fatwa et apparaît comme consultant religieux sur Al-Jezira. Proche de l’Union des organisations islamiques de France (UOIF), il préside également l'association internationale des savants musulmans. Il est le guide spirituel de plusieurs autres organisations islamistes à travers le monde.
Prises de position (liste non exhaustive)
1-La démocratie
D'autre part, il dit "the Shari`ah cannot be amended to conform to changing human values and standards, rather, it is the absolute norm to which all human values and conduct must conform ..." [2]. Apparemment, le fait qu'un vote populaire puisse fournir un majorité pour une option qui n'est pas le choix établi dans le Coran, ou dans les explications du Coran, lui est inacceptable.
En plus, il condamne aussi la séparation de l'état de la religion, principe essentiel dans toute démocratie: "Since Islam is a comprehensive system of `Ibadah (worship) and Shari`ah (legislation), the acceptance of secularism means abandonment of Shari`ah, a denial of the Divine guidance and a rejection of Allah’s injunctions. (...) the call for secularism among Muslims is atheism and a rejection of Islam. Its acceptance as a basis for rule in place of Shari`ah is a downright apostasy."
2-Prépondérance de la loi religieuse
Il considère que le code de conduite musulman, la charia, doit rester invariante et non suivre les variations des standards et valeurs de la société. Elle doit au contraire rester la norme à laquelle les valeurs et conduites humaines se conforment
3-Traitement de conflit dans le cercle familial
Youssef Al-Qardaoui, dans un passage sur le droit du divorce explique dans son livre comment l'homme doit réagir lorsque son épouse se rebelle contre son autorité au sein du cercle familial :
« après avoir tenté de rectifier de son mieux l'attitude de son épouse à l'aide de mots choisis, en usant de persuasion subtile et en raisonnant. En cas d'échec, il devra faire couche séparée, tachant ainsi d'éveiller son agréable nature féminine de façon à ce que la sérénité soit restaurée [...]. Si cette approche échoue, il lui est permis de la battre légèrement (SIC!), avec ses mains, en prenant soin d'éviter le visage ou d'autres parties sensibles. En aucun cas il ne pourra user d'une canne (stick) ou d'aucun autre instrument pouvant causer de la douleur ou la blesser. En fait, cette "correction" (souligné dans le texte original) doit se conformer à celle dont a usé le prophète de l'islam Mahomet lorsqu'un jour, en colère contre un serviteur, il lui dit, : "si ce n'était de crainte du Jour de la Résurection (jugement dernier), je t'aurai battu avec ce miswak (écorce tendre d'arbuste servant à se nettoyer les dents) (rapporté par Ibn Sa'd dans son Tabaqat) »
4-Excision
Sur l'excision il dit : "Il est important de rappeler que le prophete a dit "ne depassez pas la limite", c’est-à-dire, n'enlevez pas la totalité du clitoris .
Il dit aussi "Celui qui pense que l'excision peut avoir des effets positifs sur ses filles, devrait la pratiquer, et personnellement, je soutiens cette pratique que je juge nécessaire dans le monde moderne. Mais si quiconque choisit de ne pas la faire il ne commet aucun pêché.
5-Laïcité
Youssef Al-Qardaoui refuse la laïcité. Ses positions sur la laïcité de l'État sont conformes au droit musulman le plus classique. Celle-ci est en effet indissociable de l'aspect religieux et ne se conçoit pas sans lui, ce que Al-Qardaoui rappelle : « Dans la mesure où l'islam est un système où l'aspect spirituel (`Ibadah) et législatif (charia) sont liés, accepter le sécularisme revient à abandonner la loi, nier la guidance divine et rejeter les injonctions de Dieu. » C'est ainsi que les musulmans militant de la laïcité sont qualifiés d'apostats « Ceux parmi les musulmans qui militent pour un état laïc sont athées, ils ont rejeté l'islam. Accepter des lois autres que celles de la charia n'est que pure apostasie »[6].
6-Apostasie
Selon Al-Qardaoui, « Tous les juristes musulmans s'accordent à dire que l'apostat doit être puni » A partir du lien référencé on peut lire "Its acceptance as a basis for rule in place of Shari`ah is a downright apostasy." C’est-à-dire qu'accepter la sécularisation dans une société musulmane à la place de la Sharia est l'equivalent de l'apostasie.
7-Les attentats suicides
À une question lui demandant dans quelles circonstances le recours aux attentats suicides était justifié quand il n'y a pas d'autres alternatives en Israël ou en Irak par exemple, Al-Qardaoui répond en juillet 2004 que les « opération martyrs sont l'arme que Dieu a donné aux pauvres pour combattre les forts. C'est la compensation divine. La société israélienne est une société militaire. Leurs hommes sont des soldats, et leurs femmes le sont également, soit d'active, soit de réserve. En conséquence, on ne peut pas considérer les femmes comme des innocentes. Concernant les enfants, ce ne sont que des dommages collatéraux ».
8-Les caricatures de Mahomet
Al-Qardaoui n'admet aucune critique sur Mahomet, ni sur l'islamisme violent et intolérant qui a été si vivement caricaturisé. Lors de la Crise internationale des caricatures de Mahomet, il a appelé à manifester contre le Danemark ».
9-L'homosexualité
Dans son livre Le licite et l'illicite en Islam, il se pose cette question : "Est ce qu'on tue l'actif et le passif, par quels moyens les tuer, est ce avec un sabre ou le feu ou on les jetant du haut d'un mur, cette sévérité qui semblerait inhumaine n'est qu'un moyen de débarrasser la société islamique de ces êtres nocifs qui conduisent à la perte de l'humanité".
10-Loi française contre le port de signes religieux ostensibles
Il s'est déclaré hostile à la loi française contre le port de signes religieux ostensibles. Au cours d'un meeting au Bourget, il préconise au citoyen français musulman de ne pas voter pour un candidat d'un parti qui aurait soutenu la loi française contre le port du voile islamique à l'école.
SOURCE www.wikipedia.org
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Un libro assolutamente indispensabile
Dopo il totalitarismo rosso, basato sulla lotta di Classe, il bruno, sulla lotta delle Razze, l’Occidente deve affrontare il totalitarismo verde (colore dell'islamismo), che si fonda sulla lotta tra le Civiltà e tra le Religioni. Solo in apparenza, questo terzo totalitarismo è più debole dei primi due: non trova certo espressione in uno Stato totalitario, come fu il caso del nazismo o dello stalinismo, non dispone di un arsenale nucleare e strategico paragonabile a quello degli Stati Uniti o della Cina, benchè il Pakistan, come dice Bin Laden, detenga la « bomba nucleare dell’Islam », e benchè l'Iran di Ahmadinagiad stia per ottenerla.
Il totalitarismo verde non é che al suo esordio. Perchè non è solo terroristico ma prima di tutto ideologico. Per questa ragione sarà ancora più difficile da sconfiggere dei precedenti.
L’islamismo è fondamentalmente intollerante e razzista, un razzismo a base religiosa, « leggittimato» da Dio, e per ciò molto più difficile da combattere.
Come il Nazismo, il Totalitarismo Verde considera che il Resto dell’umanità non-musulmana faccia parte della categoria dei sotto-uomini, preparando cosi’ una nuova soluzione finale, in particolare per i Satanici Giudeo-Crociati, che devono pagare per le Crociate, la Colonizzazione, il Sionismo e l’Imperialismo, dunque responsabili di tutti i mali di cui soffrirebbero le nazioni arabo-islamiche umiliate.
Come il Nazismo, l’islamismo è intrinsecamente antisemita, ma anche anticristiano e contro tutto cio’ che non è islamico, a comincire dai « falsi musulmani » occidentalizzati, prime vittime della spada della Jihad.
Dall’11 settembre in poi, non si è mai parlato tanto dell’islamismo e della religione musulmana. Eppure non siamo mai stati cosí disinformati sulla natura vera dell’ideologia che ispiro’ i Kamikaze d’Allah quando colpirono il cuore del mondo occidentale. Alcuni commentatori rifiutarono per principio di mettere in relazione tra loro i termini Islam e terrorismo, preferendo parlare di « caos » o di « minaccia eversiva», denunciando cosi’ la « politicizzazione » dell’islam. Altri si affannarono a spiegare l’islamismo come un « integralismo » religioso ne peggiore ne migliore di quello ebraico o cristiano, precisando altresi’ che i musulmani « si sarebbero un giorno non lontano, evoluti e modernizzati come noi ». Praticando la politica dello struzzo, e rassegnandosi nel vedere il mondo islamico abbracciare la barbarie, tanti « autorevoli » analisti non sono stati capaci di definire chiaramente la nuova minaccia neo-totalitaria islamica.
www.alexandredelvalle.com
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06/06/2007
Far West italico: la barbarie avanza e regna
Milano - È morto Maurizio Oldani, commercialista di 47 anni e coordinatore di zona 1 della Margherita a Milano, aggredito domenica all’alba nel capoluogo lombardo. Nel consiglio provinciale di Milano si è già tenuto un minuto di silenzio per ricordare la figura di Oldani, che è anche vicesegretario nazionale dell’Associazione dei Partigiani Cristiani. La famiglia ha autorizzato l’espianto degli organi.
Si procede per tentato omicidio Con la morte di Maurizio Oldani, il commercialista e dirigente milanese della Margherita aggredito l’altro ieri nei pressi della sua abitazione in Porta Tenaglia a Milano, inevitabilmente è cambiato da tentato omicidio in omicidio il reato per cui procede il pm Alessandra Dolce. Gli investigatori stanno prendendo in considerazione tutte le ipotesi per scoprire le ragioni dell’aggressione, anche se fin dalle fasi iniziali è stata esclusa la rapina. L’uomo, infatti, è stato trovato ferito in modo gravissimo ma aveva con sè il portafogli con il denaro.
I ricordi "Era una persona buona, riservata e mite", ricorda Mario Barbaro, capogruppo della Margherita in consiglio provinciale di Milano. "Ho incontrato Oldani la settimana scorsa nella sede milanese del partito - aggiunge Barbaro - e abbiamo discusso di un’iniziativa culturale che avrebbe voluto organizzare con il patrocinio della Provincia. Era sereno e sorridente. Non posso credere che lo abbiano massacrato e ridotto in quelle condizioni, fino a farlo morire".
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05/06/2007
Nos anciens ont combattu Hitler et le Bolscevisme, aujourd'hui nous acceptons cela!
EURABIA AVANCE A GRANDS PAS :CLICK http://www.youtube.com/watch?v=le8uWM550Po
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Chaldéens d'Irak et djihad anti-chrétien
"Un groupe armé a tué par balles le prêtre Ragheed Ganni, 31 ans, et trois de ses assistants, devant l'église de l'Esprit saint de Mossoul. L'assassinat a été perpétré dimanche 3 juin, peu de temps après la messe dominicale", selon l'agence de presse Asianews. Une information confirmée par la police de la ville.
"La messe a pris fin à 19h30 (16h30 à Paris), le prêtre et les diacres sont partis en voiture, mais à une centaine de mètres de l'église, une voiture a bloqué la route devant eux et quatre homme armés en sont sortis", a raconté un agent de police. "Les hommes armés ont obligé le prêtre et les diacres à descendre de leur voiture et ils les ont tués à bout portant", a-t-il ajouté.
Le patriarche de l’Église chaldéenne, Emmanuel Delly III, a qualifié l'homicide de "Crime abominable". "Un acte honteux que toute conscience ne peut que refuser". "Ceux qui ont commis ce crime", peut-on lire dans une note signée par tous les évêques chaldéens irakiens et publiée lundi sur le site en arabe Ankawa.com, "ont commis un acte horrible contre Dieu et contre l’humanité, contre leurs frères qui étaient des citoyens fidèles et pacifiques, en plus d’être des hommes de religion".
Les évêques "s’en remettent au Seigneur afin que la paix, la sécurité et la stabilité soient rétablies en Irak". Invitant les fidèles à la cohésion, le patriarche et les évêques de l’Église chaldéenne irakienne soulignent que cet homicide "évoque ce que nous avons dénoncé lors de précédents communiqués sur la persécution des chrétiens en Irak (…) en ce difficile moment, nous demandons aux autorités irakiennes et internationales de prendre toutes les mesures nécessaires pour mettre fin à ces actes criminels et éviter qu’ils ne se reproduisent".
Dimanche, le secrétaire d'Etat du Vatican Tarcisio Bertone a indiqué dans un entretien au quotidien des évêques italiens Avvenire, que le pape Benoît XVI évoquerait le "problème" de l'Irak et de "la situation dramatique des chrétiens irakiens qui se dégrade toujours plus" avec le président américain George W. Bush lors de leur audience du 9 juin.
L’Eglise chaldéenne convoque un synode en Irak en pleine persécution
Vendredi dernier s’est ouvert à Al Qosh, à 25 kilomètres de Mossoul, le Synode de l’Eglise chaldéenne en Irak.
Parmi les thèmes à l’ordre du jour figurent le problème de la sécurité des chrétiens en Irak – dont le nombre est désormais réduit de moitié en raison de l’émigration forcée , l’avenir du Collège Babel (seule et unique faculté de théologie dans le pays, déplacée de Bagdad à Ankawa, dans le Kurdistan) et la situation des diocèses à l’intérieur et en dehors de l’Irak.
La tenue de ce synode a été confirmée par le procureur chaldéen près le Saint-Siège, Mgr Philip Najim qui, comme le rapporte l’agence italienne SIR, a fait part de l’inquiétude des évêques quant aux dures persécutions dont est victime la minorité chrétienne.
« Malgré le climat d’insécurité qui règne dans le pays, le Patriarche en personne et les évêques ont choisi de tenir leur synode chez eux et non à l’étranger, comme signe important de solidarité à notre peuple, pour leur dire qu’ils sont présents et que leur vie leur tient à cœur » a déclaré Mgr Najim à l’agence de l’Institut Pontifical des Missions étrangères « Asia News » (cf. asianews.it).
Le dernier synode chaldéen s’était tenu à Rome en novembre 2005.
Le synode de al Qosh sera également suivi par les évêques chaldéens de la diaspora, venus des Etats-Unis, du Canada, d’Australie et du Liban, et par le nonce apostolique en Irak, Mgr Francis Chullikat.
Ce synode est aussi une manière d’attirer à nouveau l’attention de la communauté internationale sur la situation tragique des chrétiens en Irak, cible d’un véritable nettoyage ethnique.
Pour cette raison, mercredi à Stockholm (Suède), où réside une forte communauté de chaldéens, mille personnes environ ont marché dans le centre ville jusqu’au parlement suédois, en brandissant des banderoles sur lesquelles était inscrite la phrase « Ne tuez pas les chrétiens en Irak ». Cette manifestation a également connu la participation de plusieurs députés suédois qui ont lancé un appel en faveur d’une meilleure protection des chrétiens. (ZF)
http://eucharistiemisericor.free.fr/index.php?page=040607...
COMMENTAIRE: ISLAM, ENCORE ET TOUJOURS, RELIGION D'AMOUR DE TOLERANCE ET DE PAIX
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04/06/2007
Circoncision: une pratique "religieuse" remboursée par la SECU
A l'heure où l'on demande à ce qui payent leur cotisations de payer encore plus pour se faire soigner, personne ne parle du scandale des circoncisions, pratique "religieuse" imposée par des traditions barbariques, et qui est couramment realisée en fraude au frais de la SECU en la faisant passer pour une pratique thérapeutique (phimosis).
Bien sûr il vaut mieux parler de la chirurgie plastique du nez masquée sous forme de rhinoplastie....on ne risque pas de se faire égorger ou même traiter de "sale raciste"!
Chape de plomb sur EURABIA!
13:25 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islamisation, ump, mpf, P2V
31/05/2007
L'imposture Erdogan et ses mentors Eurabiens
UN MOMENT CRUCIAL POUR LA TURQUIE
par Daniel Pipes
New York Sun
15 mai 2007
Version originale anglaise: A Critical Moment For Turkey
Adaptation française: Alain Jean-Mairet
Ma visite à Istanbul cette semaine a pour décor le plus important défi posé à la république laïque turque depuis sa création en 1923.
Fondée par Mustafa Kemal Atatürk pendant le naufrage de l'Empire ottoman, la république est apparue à l'apogée de la confiance en l'Occident, alors que l'exemple européen semblait devenir le modèle mondial. Atatürk imposa une série vertigineuse de changements, y compris les lois européennes, l'alphabet latin, le calendrier grégorien, l'usage de noms de familles personnels, le chapeau au lieu du fez, la monogamie, le dimanche comme jour de repos, l'interdiction des derviches, le droit de boire de l'alcool et le turc comme langage liturgique.
De nombreuses réformes ont pris racine – il est inconcevable aujourd'hui de revenir à l'écriture arabe ou de renoncer aux noms de famille. Mais d'une manière générale, le pays a retrouvé les usages islamiques. L'instruction religieuse plus intensive dans les écoles et le nombre accru de mosquées financées par l'État y vont de pair avec l'accroissement du nombre de femmes voilées.
Cette évolution est due à plusieurs facteurs: la réaction prévisible aux excès d'Atatürk; la démocratisation avancée de la Turquie, qui a permis aux masses de s'exprimer; la croissance démographique plus élevée des Anatoliens, plutôt sceptiques devant les réformes d'Atatürk; et la poussée d'islamisme qui a démarré au milieu des années 1970.
Cette montée en puissance s'est traduite par une forte représentation islamique au parlement, laquelle a passé d'un seul siège dans les années 1960 à une majorité de près des deux tiers aujourd'hui, aidée en cela par les particularités électorales turques. Par deux fois, des partis islamiques ont contrôlé le Premier Ministère, en 1996-1997 et depuis 2002. La première fois, la personnalité impétueuse et le programme ouvertement islamiste de Necmettin Erbakan ont convaincu les militaires, gardiens des traditions d'Atatürk, de l'exclure du pouvoir en une année.
Après la chute d'Erbakan, son ex-lieutenant, Recep Tayyip Erdoğan, fonda le parti de la justice et du développement (AKP), maintenant au pouvoir. Erdoğan et son équipe tirèrent la leçon du fiasco de 1996-1997 et adoptèrent une démarche beaucoup plus prudente vers l'islamisation. Ils firent également preuve de compétence de gouvernance en gérant bien les dossiers de l'économie, de l'Union européenne, de Chypre et autres.
Mais le mois dernier, Erdoğan alla trop loin en choisissant Abdullah Gül, un proche associé, pour assumer la présidence de la république. Au cours d'une succession rapide d'événements, Gul ne parvint pas à obtenir le quorum, la Cour constitutionnelle annula l'élection, des millions de partisans de la laïcité descendirent dans les rues, l'armée fit allusion à un coup et Erdoğan prononça la dissolution du parlement. De nouvelles élections – pour le parlement et la présidence – devraient se tenir sous peu.
Les questions se pressent: l'AKP peut-il reconquérir une majorité des sièges? S'il échoue, peut-il former une coalition gouvernementale? Parviendra-t-il à faire élire un des siens à la présidence?
Quelles sont au fond les intentions des dirigeants de l'AKP? Échaudés par le sort d'Erkaban, ont-ils simplement appris à dissimuler leurs ambitions réelles et nourrissent-ils en fait un programme islamiste secret? Ou ont-ils abandonné ces objectifs et accepté le principe laïque?
Ces questions d'intention ne peuvent déboucher que sur des spéculations. Je concluais ainsi à l'été 2005 après un voyage en Turquie que de chercher à déterminer si l'AKP a un tel programme secret ressemble à un «puzzle intellectuel complexe», avec des éléments de preuve en faveur des deux alternatives. Après ma visite actuelle, deux ans plus tard, je constate que c'est toujours le cas. Il y a simplement plus de données à intégrer et à interpréter.
Chacun des Turcs doit se faire sa propre opinion sur l'AKP, de même que les principaux gouvernements étrangers. Alors que les sondages montrent que les électeurs turcs restent indécis, des leaders étrangers ont accordé leur faveur à Erdoğan. Le Conseil de l'Europe condamna l'intervention militaire. La secrétaire d'État américaine Condoleezza Rice alla plus loin, félicitant l'AKP d'«attirer la Turquie vers l'Occident, vers l'Europe» et approuvant explicitement son action tendant à rendre les lois turques conformes à celles de l'Europe dans le domaine des libertés individuelles et religieuses.
Mais ses déclarations font l'impasse sur les efforts de l'AKP visant à appliquer la loi islamique en criminalisant l'adultère et en créant des zones sans alcool, sans parler du fait qu'il privilégie les tribunaux islamiques au détriment des cours laïques, qu'il fait usage d'argent sale, qu'il prend parti contre les minorités religieuses et qu'il persécute ses adversaires politiques. De plus, l'adhésion à l'Union européenne fournit un énorme avantage à l'AKP: paradoxalement, en diminuant le rôle politique des dirigeants militaires turcs résolument laïques, elle facilite l'application des lois islamiques. La prudence de l'AKP survivrait-elle à la neutralisation du corps d'officiers turcs? Enfin, la secrétaire Rice ignore les tensions dans les relations entre les États-Unis et la Turquie provoquées par l'AKP.
Mais son analyse superficielle présente aussi un avantage fortuit: compte tenu de la ferveur anti-américaine actuelle en Turquie, les encouragements américains à l'AKP risque de lui faire perdre des voix. Humour cynique mis à part, Washington devrait cesser de soutenir l'AKP et se tourner plutôt vers ses alliés naturels: les sécularistes.
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30/05/2007
Djandjawids: le djihad arabe contre les noirs
Ils tiennent leur nom de la contraction de deux mots arabes, signifiant «diable» et «cavalier», ou les «cavaliers du diable».
Ces cavaliers nomades, armés de kalachnikov, se livraient depuis des décennies à d'impitoyables razzias contre les cultivateurs sédentaires d'origine noire africaine du Darfour.
Selon l'organisation humanitaire Human Rights Watch (HRW), cette milice ethnique provient surtout de petites tribus nomades qui ne possédaient pas de terres, et avaient immigré du Tchad au Darfour pendant les années 1980.
L'activité des djandjawids a totalement changé de nature lorsque le gouvernement de Khartoum a décidé, pour soulager son armée, de les enrôler il y a quatre ans contre des mouvements rebelles du Darfour.
Ces groupes rebelles, aujourd'hui de plus en plus fragmentés, demandent la fin de la «marginalisation économique» du Darfour, un région aussi vaste que la France, et le partage du pouvoir et des richesses avec le gouvernement de Khartoum.
Selon les témoignages recueillis par des organisations humanitaires, les djandjawids ont reçu pratiquement carte blanche du gouvernement central pour imposer leur loi aux tribus sédentaires africaines, multipliant les incendies de villages, les vols de bétail et les viols de femmes.
Khartoum n'a jamais reconnu avoir des liens avec les djandjawids, dont le nombre n'est pas connu.
«Si, par djandjawids, vous voulez dire ces hors-la-loi (...) qui commettent des crimes, alors nous sommes contre eux et la police les pourchasse, les arrête et les conduit devant la justice», avait déclaré en 2004 le président soudanais Omar el-Béchir.
Pour HRW, ces milices «permettent au gouvernement soudanais d'avoir à sa disposition une grande force armée qui sert aussi de force d'insurrection car les milices reçoivent des avantages financiers (butin et terre) pour leur participation au conflit».
Une guerre civile sévit depuis fin février 2003 dans cette région partiellement désertique, peuplée d'environ six millions d'habitants et frontalière du Tchad, de la Libye et de la République centrafricaine.
Ce conflit a causé la mort de quelque 200.000 personnes, et plus de 2 millions de personnes ont été déplacées, selon l'ONU, des chiffres contestés par le Soudan.
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Ce Darfour qui n'émeut guère les musulmans arabes
Qui, de nos oulémas sentencieux, de nos prédicateurs chevronnés, aura prêché courageusement, brandi un simple doigt accusateur ou, tout simplement appelé les fidèles, un vendredi, à prier pour les martyrs du Darfour ?
Quel Imam aura fait sienne cette injonction, divine, à affronter le mal, sinon avec le cœur, du moins avec la plume, au mieux avec le glaive ?
Quelle illustre autorité de L’Islam aura rédigé une fatwa contre les Janjawid, ces cavaliers de l’apocalypse qui jettent au feu les enfants du Darfour ?
Qui, donc ? Personne.
Ni colère, ni compassion pour le Darfour, nouvelle terre de la mort de l’Homme.
De l’homme noir, qui, visiblement, n'alarme ni les dirigeants, ni les peuples Arabes.
Est-ce l’appel au Jihad lancé par les islamistes de Khartoum contre les chrétiens, les animistes et les Musulmans dits dévoyés qui musèle les consciences Arabes et Musulmanes ?
Ces fillettes violées, ces mères égorgées, ces pères, ces hommes que l’on force à s’agenouiller pour leur tirer une balle dans la nuque, ces villageois que l’on enferme dans leurs cases pour les y brûler. Ceux-là, ces hommes-là, ne sont-ils pas assez bien pour notre dolorisme ?
Celui-là même, que, aussi professionnelles soient-elles, les Al Jazira et Al Arabia, savent tant travailler au corps.
Le Darfour, donc. Et, au-delà, tous ces massacres qui firent saigner l’Afrique, ne provoquant, chez nous, ni colère, ni détresse pour l’Autre, pose, aux Arabes, précisément, la question de l’Autre.
Serait-il possible que seul l’Irakien d’Abou Ghraïb, le Palestinien de Jénine, le prisonnier de Guantanamo ; que ceux-là, seuls, soit nos Autres ?
Est-il possible, qu’au terme d’une récente mutation psychologique, le cœur des Arabes se soit à ce point fermé, qu’il ne puisse reculer de quelques centimètres sur la carte du monde, et saigner pour un peuple autre ?
Les Arabes n’auraient-ils mal qu’à leur Proche, leur Moyen- Orient ?
Oui, mais lesquels ? Quels Arabes ?
Nous parlons de ceux qui peuplent la Rue Arabe, rue mouvante, avec ses affluents, ses faisceaux, faits de terre et de fibre optique, devenue donc cet espace sans doute plus imaginaire que géographique, espace d’une névrose plurielle puisant ses stimuli, son besoin d’ennemi, à Damas, à Alger, à Casa, à la Courneuve.
Nous parlons de ces Arabes, Musulmans de France et d’Italie, et ceux qui vivent en terre Arabe, sous l’oppression ; ceux qui endurent les exactions commises par leurs propres chefs, ces tribuns assassins.
Nous parlons toujours de ces Arabes, de ces Musulmans, qui trouvent dans une pulsion de mort, matière à faire naître un nouvel Arabe, un nouveau Musulman, nihiliste, qui, de la douleur, du drame de l’Autre, ne veut rien savoir, rien connaître.
Nous parlons de ces psychés au travail, de ces « territoires occupés de l’âme Arabo-musulmane », nous parlons, enfin, de cette « formidable capacité d’incapacité à l’Autre ». D’une inaptitude à une altérité pleine, entière, « irraciale ».
D’où, peut-être, que le Darfour soit le continent noir de cette âme, devenue entièrement indisponible.
Quel excellent exercice alors ce serait, - essayons, du moins ! que de rendre au Darfour le malheur qui lui appartient. Cet éprouvé Darfour. Quel travail, presque spirituel, oui, quel vrai Jihad ! ce serait pour nous, que de rencontrer l’Autre, par l’intermédiaire de sa souffrance, sans doute aussi, sinon plus terrible que la nôtre.
Mais, ici et maintenant.
Le Darfour, dont nous tardons, nous, à exhumer les cris, révèle, sans doute, la faillite éthique, compassionnelle, intellectuelle des Arabes. Dans l’instant, cet immense malheur noir ne nous émeut guère.
Alors ? Se souvenir, à chaque instant, que lorsqu'un milicien, tremblant de haine, se tenant debout, immense, raide, du haut de sa rage armée, hurlant des insultes racistes à un petit garçon de trois ans avant de l'abattre à bout portant ; se rappeler, que ce petit humain, que ces milliers d'Africains sont les nôtres, notre humanité, qu'on assassine.
Cela du moins, devrait être vécu ainsi.
Notre si légendaire humanisme en dépend.
Idriss Chraïbi, 8 décembre 2004 (texte original abrégé)
Mouvement des Maghrébins Laïques de France
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