09/05/2007
Vous ne voulez pas de la Turquie? Vous en aurez quand-même!
Le président de la Commission rappelle que le processus d'adhésion d'Ankara a été approuvé à l'unanimité.
15:01 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islamisation
"Princes" saudiens: ils ne trafiquent pas seulement le coran!
Le prince saoudien Nayef Bin Fawaz al Chaalan, 53 ans, a été condamné par défaut à 10 ans de prison par le tribunal correctionnel de Bobigny pour sa participation en 1999 à un vaste trafic de cocaïne, les neuf autres prévenus se voyant infliger des peines allant de 4 à 10 ans.
14:45 | Lien permanent | Commentaires (0)
07/05/2007
Decalogo anti-islamico di ISCO
1. ISCO (www.iostoconoriana.it) nasce innanzitutto non per essere contro qualcosa o qualcuno, ma a favore della nostra cultura e identità Occidentale. Detto ciò, non possiamo fare a meno di vedere come sia in atto, in Italia e in Europa, un’invasione islamica. Questa non è solo un’opinione, è una constatazione, i fatti sono lì a dimostrarlo, i fiumi di parole sulla “rinascita dell’Islam” sono lì a dimostrarlo, le bombe sono lì a dimostrarlo, il proliferare di moschee e di centri culturali islamici sono lì a dimostrarlo, il numero sempre crescente di richieste da parte delle comunità islamiche (talvolta poste in modo arrogante) è lì a dimostrarlo, il numero di immigrati islamici che aumenta esponenzialmente è lì a dimostrarlo. L’obiettivo più o meno dichiarato è quello di trasformarci in Eurabia, di fare dell’Europa una terra islamica e chi non vede questo pericolo è miope o in malafede.
2. Noi prendiamo atto che, allo stato attuale, non esiste un “Islam moderato”, esistono musulmani moderati, ma questa è un’altra cosa. Un conto è la posizione del singolo, un’altra la posizione “istituzionalizzata”. Inoltre ci chiediamo: cosa significa l’espressione “Islam moderato”? Che non mette le bombe? Basta dunque soltanto questo per meritarsi l’appellativo di moderato? E’ moderato un islamico che segrega la moglie, che la obbliga a portare il burkah o il velo, che la picchia o giustifica chi lo fa o magari ne tiene più d’una ? E’ moderato un islamico che prima di tutto ubbidisce al Corano e poi, forse, alle nostre leggi, basta che non siano in contrasto con la sua fede? E’ moderato un islamico che non denuncerebbe mai un altro islamico anche se sapesse che è colpevole di atti terroristici? E’ moderato un islamico che non riconosce a se stesso e ad un altro la possibilità di uscire dall’islam, di cambiare religione o di diventare ateo? E’ moderato un islamico che considera un reato l’apostasia? E’ moderato un islamico che non discrimina tra ciò che è peccato e ciò che è reato? E quanto è moderato l’Islam istituzionale, quello che conta, quello delle moschee, quello degli imam che spesso predicano odio, quello che non condanna mai in modo chiaro il terrorismo islamico? Temiamo che “l’Islam moderato” sia una categoria concettuale (vuota) puramente occidentale o che, in modo davvero paradossale, proprio noi finiamo per dare più spazio a chi di moderato non ha nulla a scapito di chi, magari timidamente, tenta di far sentire la sua voce.
3. Noi crediamo che in Europa sia sotto gli occhi di tutti il fallimento del “multiculturalismo” inteso come diritto di identità irriducibile di tutte le comunità, come relativismo assoluto, come ideologica affermazione che tutte le culture sono uguali, incomparabili, ingiudicabili. Vogliamo lasciare che nascano ghetti d’illegalità, d’intolleranza, d’odio? Che si crei uno stato dentro uno stato? Inizialmente a macchia di leopardo, ma poi magari basato su territori sempre più ampi? Il riconoscimento acritico della cultura altra, il multiculturalismo esasperato elevato ad ideologia può trasformarsi facilmente in una bancarotta morale, in passività. Il multiculturalismo non può diventare un asettico contenitore di legalità multiple, non può ispirarsi solo al “quieto vivere”, non può accontentarsi della semplice tolleranza, non può renderci ciechi, sordi, muti.
4. Noi riteniamo che l’Occidente, l’Europa, abbia il diritto all’auto difesa dagli attacchi terroristici, ma soprattutto abbia diritto ad una difesa culturale che salvaguardi la sua identità. Paradossalmente siamo molto più preoccupati dell’invasione culturale e religiosa lenta e strisciante che non degli attentati passati e - temiamo – futuri.
5. Noi siamo convinti che sia stato un grosso errore non riconoscere nella Costituzione Europea le radici Cristiane; il Cristianesimo è stato, dal punto di vista sociologico, la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto. Nessun’altra regge al confronto. Rispetto a lei tutte sembrano limitate. Senza il Cristianesimo ci saremmo scordati del Rinascimento e dell’Illuminismo; senza il Cristianesimo niente Rivoluzione francese, niente socialismo, niente liberalismo. Il Cristianesimo a cui facciamo riferimento è quello che ci appare come una maestosa scommessa che l’uomo fa con sé stesso, non tanto quello talvolta travisato o distorto dalla Chiesa cattolica o dalle Chiese protestanti, è il Cristianesimo che non corrisponde necessariamente a quanto afferma la Religione cristiana, nelle sua varie accezioni, Cattolica o Riformata o quant’altro. Neppure acconsentiamo a quel cristianesimo mal digerito e spesso utilizzato a rovescio di chi pretendeva di chiudere i cristiani in un bunker, chiuderne la porta e gettarne la chiave. Invece è quel Cristianesimo che crea punti di comprensione reciproca e di condivisione di obiettivi tra il credente, l’agnostico e l’ateo, quello che va oltre la metafisica e parla a tutti dell’uomo, di un’etica condivisibile, di un solidarismo responsabile. E di quell’uomo ne rivendica la coscienza, il libero arbitrio, la responsabilità, il destino. E’ il Cristianesimo che fa un elogio alla ragione, e quindi alla possibilità di scegliere e dove la scelta è consentita lì v’è libertà. Qui stanno i nostri principi, qui sta la nostra civiltà.
6. Noi proponiamo che si debba porre con forza la questione della reciprocità; non è più tollerabile tollerare gli intolleranti, non è più tollerabile l’uso strumentale che viene fatto delle nostre leggi liberali e democratiche, non è più tollerabile concedere tutto senza chiedere nulla in cambio. Ma allora, nel concreto, cosa occorrerebbe fare per dare sostanza al termine “reciprocità”? Innanzitutto esigere che gli stati occidentali chiedano:
• distinzione tra religione e stato
• pari dignità per uomini e donne, a qualsiasi livello
• libertà di culto per tutti nei paesi mussulmani
• libertà di conversione dall'Islam ad altre religioni
• libertà di costruire edifici di culto non islamici
• libertà di dire, stampare, insegnare altre visioni della realtà da quella islamica
• libere elezioni e libera dialettica democratica
7. Noi siamo dell’idea che, se davvero si vuole costruire una società di pace, l’islam debba smettere di prevaricare, debba accettare le conversioni come frutto di convinzione personale e non di pressioni e intimidazioni, debba accettare il confronto fatto con la forza delle argomentazioni e non con le minacce, debba lascare liberi i suoi fedeli di cambiare religione o di diventare atei, debba cancellare il reato di apostasia (un abominio nel terzo millennio), debba accettare una visione laica del mondo separando fede e politica, debba compiere lo sforzo di leggere i suoi libri sacri in chiave interpretativa e non letterale, debba accettare la piena parità tra uomo e donna. Fino a che ciò non accadrà l’islam resterà un problema (esiste un problema Buddismo? O Taoismo? O Cristianesimo? ). Noi, l’Europa, l’Occidente, dobbiamo aiutare questo processo senza debolezze o tentennamenti.
8. Noi constatiamo che, piaccia o non piaccia, è in atto uno scontro di civiltà, (usate pure altri termini linguistici se vi pare, ma la sostanza non muta) scontro che certamente va ricomposto il prima possibile e nel modo migliore. Il primo passo per fare questo però sta nel non avere paura ad ammetterlo, negarlo, rimuoverlo non aiuta, anzi rende il processo di ricomposizione più lungo e difficile, ci lascia in un pantano d’immobilismo e di fraintendimenti paralizzanti. La psicanalisi ci ha insegnato che per poter risolvere un problema occorre prima di tutto ammettere di avere un problema, se non lo ammettiamo a noi stessi non ne usciremo mai. D’altra parte la storia dell’Umanità è storia di contrasti e opposizioni, fa parte della categoria più pesante che domina il mondo, (e la filosofia questo la sa bene) ovvero il “divenire”.
9. Noi temiamo che l’Occidente, quello dei popoli che condividono gli stessi princìpi, valori, ideali, impegni religiosi stia attraversando un profondo periodo di crisi d’identità; per secoli ha coltivato la convinzione che la verità, la libertà, la democrazia, la tolleranza, il rispetto, la compassione, e molti altri valori collegati, fossero stati forgiati in un posto ma validi in tutti i posti. È da questa convinzione che sono nate le Carte, le Convenzioni, le Dichiarazioni sui diritti umani, che appunto si dicono universali, ad esempio quella delle Nazioni Unite. Oggi l'universalismo è entrato in crisi ed è stato rimpiazzato dal suo estremo opposto, il relativismo, una dottrina secondo la quale le tradizioni, le culture, le civiltà, sono sistemi autonomi e chiusi, ciascuna con propri criteri di valore e con proprie procedure di validazione. Ma se ci manca un credo, una fede, un legame spirituale, non potremo giustificare tutti quei nobili valori - la libertà, la democrazia, la tolleranza, il rispetto, la fratellanza, eccetera - che pure noi stessi professiamo e non potremo neppure proporli come esempio ad altri, visto che non ci crediamo neppure noi. Se smarriamo la nostra identità non potremo rispettarla e difenderla e neppure confrontarci con nessuno o intrattenere un dialogo con alcuno se, in partenza, sosteniamo che non c'è nessuna verità da affermare, nessun valore da preferire, nessun principio che valga la pena essere difeso.
10. Noi crediamo che l’Islam, alla fine, non prevarrà semplicemente perché, se rimane ciò che è ora, è contro Ragione, è contro l’innato senso dell’uomo di progredire e di andare avanti, è contro ogni logica, è uno stagno e alla fine uno stagno non può competere con l’oceano. Noi auspichiamo, speriamo, che alla lunga l’Islam perderà il confronto con l’occidente, imploderà, si frantumerà e diventerà una religione come le altre. Siamo ottimisti quindi? Nell’immediato no, ma nel futuro sì, non c’è alternativa, occorre esserlo per forza. Più l’Islam entrerà in commistione con l’Occidente più la sua forza diminuirà, verrà “contaminato”, criticato dall’interno, messo in discussione dagli stessi musulmani, dalle donne innanzitutto. La Storia ha un andamento ciclico, spesso fa strani giri, ma non torna mai indietro fino in fondo. Certo non possiamo pensare che tutto accada magicamente, dobbiamo metterci del nostro. Quello che ci domandiamo e che ci angustia è: quanto dovremo ancora pagare?
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Facho-communistes à l'attaque du choix libre et démocratique
06.05.07 - Le calme est revenu tard dans la nuit à Paris, dans sa banlieue et dans les grandes villes de province. Premier bilan d'une soirée agitée : plus de trois cent cinquante voitures incendiées, deux cent soixante dix personnes interpellées et une trentaine de policiers blessés.
Les premiers incidents ont eu lieu vers 21 heures à Lyon. Près de 500 manifestants de gauche, dont certains directement venus du siège du Parti socialiste, sont descendus jusqu’à la péniche amarrée sur le Rhône et louée par l’UMP pour fêter la victoire de Nicolas Sarkozy. Arrivés au dessus du pont, ils ont lancé des poubelles et des barrières sur le navire, puis ont provoqué des affrontements. Tandis que place Bellecour, des vitrines de magasins ont été endommagées. Deux fonctionnaires de police ont été blessés et trente quatre personnes ont été interpellées. Près de deux cents voitures ont été brûlées en Rhône-Alpes.
En début de soirée, à Lille, 200 militants anarchistes et de l’extrême-gauche se sont regroupés sur la Grand Place, visant avec des pierres les forces de l’ordre. De leur côté, les pompiers ont du faire face aux feux de voitures au sud de la ville. Ils sont intervenus au total une vingtaine de fois.
Affrontements à Paris
Alors qu’il était 22 heures, des échauffourées ont éclaté à Paris sur la Place de la Bastille où 5 000 manifestants « anti-Sarkozy » s’étaient retrouvés pour exprimer leur colère après la défaite de Ségolène Royal. Plusieurs centaines d’émeutiers masqués par des foulards noirs ont mis le feu à 35 voitures et ont jeté aux alentours de 23 heures des projectiles sur les forces de l’ordre qui ont répliqué à coups de grenades lacrymogènes. Craignant ce regain de tension, le ministère de l’Intérieur avait pourtant pris ses précautions en mobilisant 3 000 policiers dans la capitale et sa banlieue, théâtre d’émeutes à l’automne 2005. Malgré l’important dispositif déployé, plus d’une centaine de voitures ont brûlé dans les départements limitrophes de l’Ile-de-France.
Dans les Hauts-de-Seine, à Rueil-Malmaison et Nanterre, une dizaine de voitures sont parties en fumée. A Antony, des groupes de jeunes armés de battes de base-ball ont voulu en découdre avec la police. A Asnières-sur-Seine, le local d'une association a été calciné.
Dans le Val-de-Marne, neuf feux de véhicules et quatorze de poubelles ont été signalés. Sept personnes ont été appréhendées. En Seine-Saint-Denis, un bus a été attaqué au cocktail molotov et une quarantaine de voitures ont été brûlées. Scènes identiques dans les Yvelines, le Val d’Oise, l’Essonne, la Seine-et-Marne, où quelques véhicules ont fini carbonisé.
A Toulouse, le rassemblement sur la Place du Capitole a dégénéré. Des manifestants ont dressé des barricades afin de grimper sur la face de l’Hôtel de Ville pour y décrocher les drapeaux bleu-blanc-rouge. Ils ont ensuite caillassé le siège de l’UMP. Quinze personnes ont passé leur nuit en garde à vue.
A Marseille sur le Vieux-Port ou à Bordeaux en plein centre-ville, les manifestants se sont livrés à des jets de bouteilles et de poubelles sur les gendarmes mobiles.
Dans l’Ouest du pays, à Nantes, les policiers ont réussi à disperser les quelques 700 manifestants qui tentaient de s’approcher des locaux de l’UMP. Des heurts se sont également produits à Rennes, Caen et Brest. Comme dans l’Est, à Metz et à Nancy.
Manifestations. Dans la journée, quelques centaines de manifestants ont défilé à Paris jusqu'à la place de la Nation. Vers 14 heures, un autre cortège de 300 lycéens a battu le pavé entre Bastille et Nation. Ils avaient auparavant déployé, sur les marches de l'opéra Bastille, une banderole bleu-blanc-rouge portant l'inscription "Résistance à Sarko". "Nous, on n'a pas pu voter, alors faut bien qu'on se fasse entendre", a expliqué une lycéenne.
A Lyon, ce sont quelque 200 jeunes qui se sont regroupés dans le centre-ville. Des actes de dégradation ont été observés en marge de la manifestation sur des poubelles et des panneaux d'affichage politique, provoquant deux interpellations, dont celle d'un mineur de 17 ans. Une dizaine de policiers étaient présents sur les lieux, mais l'ambiance était calme et les lycéens ont fini par se disperser.
AG dans deux universités, l'Unef condamne. Deux petites assemblées générales étudiantes se sont tenues à la Sorbonne et au site de Tolbiac (Paris I), pour lancer une mobilisation contre le projet de réforme de l'université de Nicolas Sarkozy. Ces réunions auraient réuni entre 50 et 90 étudiants à la Sorbonne, et 300 à Tolbiac. Le président du syndicat étudiant Unef, Bruno Julliard, a déclaré que ces manifestations et assemblées générales étaient "contre-productives" et n'étaient pas une "réponse adaptée" à son élection.
Lycées bloqués. Plus tôt dans la matinée, la rentrée scolaire a été brièvement perturbée dans sept lycées et collèges parisiens. Des groupes d'une trentaine de lycéens « anti-Sarkozy » se sont postés à l'entrée de ces établissements et ont tenté d'empêcher les élèves d'entrer. Les établissements concernés sont le lycée Voltaire, rue de la République (XIe), le lycée Arago à Nation (XIIe), le lycée Balzac, boulevard Bessières (XVIIe), le lycée Rabelais, Porte de Clignancourt (XVIII), le lycée Paul-Bert (XIV) et le collège Thomas-Mann, avenue de France (XIII).
En Seine-Saint-Denis, c’est le lycée Paul-Eluard de Saint-Denis qui a été perturbé. Un petit groupe a bloqué l'entrée, puis les lycéens se sont dirigés vers un autre lycée, Bartoldi, coupant pendant 10 minutes la route nationale 1.
15:35 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : Sarkozy, ump, Royal, ps
04/05/2007
Turquie: un Pays incompatible avec la culture occidentale
Le parti au pouvoir AKP, islamiste « modéré » ?
L’AKP serait, pour les partisans de l’adhésion, le pendant des partis démocrates chrétiens européens. Se pencher sur la composition du parti au pouvoir, le passé de ses dirigeants, son programme politique permet de contester un parallèle fallacieux.
Abdurrahman Dilipak, inconnu du grand public européen, est pourtant une des clés de voûte de l’AKP : il fut directeur de campagne du parti lors des élections en 2002. Editorialiste au quotidien islamiste radical Vakit, il est aussi l’auteur d’un succès de librairie dont le titre se passe de commentaire pour un gouvernement dit laïque : « Vive la Charia ! ou Vers une société islamique. »
Le premier ministre Tayyip Erdogan milite depuis les années 70 dans des partis islamistes. En décembre 1996, lors de conférences organisée par le Milli Selamet Partisi (MSP), Erdogan déclara qu’un « complot mondial ourdi par les juifs et les sionistes menaçait de prendre le contrôle de la planète »[1]. En juin 1997, lors d’un meeting organisé pour fêter la chute de Constantinople, n’hésita pas à, comme Dieudonné, à comparer les juifs aux nazi sans distinction : « aujourd’hui, l’image des juifs ne diffère plus de celle des nazis. »[2]
Les universités turques sont un des derniers bastions laïques du pays. En 1998 Leyla Sahin, étudiante turque fut contrainte d’ abandonner ses études de médecine à l’université d’Istanbul pour avoir refusé d’ôter le voile. La jeune femme porta plainte auprès de la Cour européenne des droits de l’homme. Le 18 novembre 2005, 17 juges de la Cour européenne des droits de l’homme (CEDH) jugèrent que l’interdiction du port du voile islamique (hijab) dans les universités turques ne représentait pas une infraction aux droits de l’Homme, allant ainsi dans le sens de la loi turque. Le 16 novembre, en visite au Danemark, le Premier ministre Erdogan irrité par la position de la CEDH confiait aux journalistes :
« Je suis stupéfait de cette décision. La CEDH n’est pas habilitée à s’exprimer sur ce sujet. Ce droit appartient aux oulémas. (...) Il n’est pas approprié que des personnes sans rapport avec ce domaine décident sans en référer aux spécialistes de l’islam. »
Cette position provoqua de grands remous dans la vie politique turque. Si le parti majoritaire (AKP) d’Erdogan a bien évidemment soutenu son chef, les dirigeants des partis laïques sont montés au créneau pour condamner cette énième dérive de l’ « islamiste modéré ». Deniz Baykal, président du CHP, parti laïque héritier de Mustapha Kémal attaqua bille en tête :
« Ces paroles n’auraient pas dû sortir de la bouche du Premier ministre de la République turque, laïque et démocratique. Demander l’avis des oulémas ! Quelle idée ! Que devrions-nous encore demander aux oulémas ? S’il est permis de prendre quatre femmes ? Et ce qu'ils pensent des lois sur l’héritage ? Et pourquoi pas des droits de la femme ? Et qui devrions-nous consulter [au juste] ? Les oulémas chiites d’Iran ou les oulémas wahhabites d’Arabie Saoudite ? »Selon Baïkal, les paroles d’Erdogan prouvent une fois de plus qu’il n’a pas varié de sa filiation islamiste historique : « D’abord, Erdogan disait : « ma référence est ma religion.» Puis il a déclaré qu’il avait changé. Avant cela, il avait dit : « Pour moi, la démocratie n’est pas une fin mais un moyen.[…] » [3]
Le chroniqueur Hassan Cemal du quotidien centriste à grand tirage Milliyet, fit la projection de la suite logique qu’emprunterait la voie de l’islamisation de la politique :« Selon Erdogan, [le port du] turban est un commandement religieux qui doit être respecté. C’est aussi ce qu’affirment les oulémas… Mais continuons sur cette lancée : qu’arrivera-t-il si demain les oulémas interdisent que les banques prennent des intérêts… ou s'ils interdisent le mariage civil… Et si les oulémas décident qu’il ne peut y avoir d’égalité entre les témoignages des hommes et des femmes, ou les affaires d’héritage, ou le code de la famille… Que ferons-nous alors ? Si nous obéissons aux oulémas, comme dans le cas du turban, qu’adviendra-t-il de l’Etat laïc ? Si les oulémas dirigent l’Etat et la société, qu’arrivera-t-il à notre régime démocratique laïc ?
Et vers quels oulémas se tournera-t-on ? Les oulémas d’Erdogan ou d’autres oulémas ? La Turquie sera-t-elle régie par des fatwas ? »[4]
Le double jeu d’ Erdogan, qui à plusieurs reprises donne des signes forts en direction d’une opinion publique gagnée par l’islam, suscite plus la polémique en Turquie qu’en Europe, où aucun média de masse n’oserait affilier le premier ministre à l’islam radical. Pourtant, ce ne sont pas les indices qui manquent. Information totalement occultée par les médias français, la réception avec les honneurs de l’islamiste taliban Gubuldin Hekmatyar par le Premier ministre fit pourtant couler de l’encre dans les rédactions turques. Une photo publiée dans le journal turc Star du 10 juillet 2003 montrant Recep Erdogan agenouillé devant le chef islamiste provoqua un scandale dans le pays. Sezai Sengun, journaliste de Star parvint à interroger l’intéressé sur la surprenante photo « Quand même, la personne devant laquelle vous avez posé est un individu appartenant aux organisations talibans et à Al-Qaida »[5], Erdogan répondit que Hekmatyar « a combattu héroïquement contre les russes pendant l’occupation ». Puis le journaliste avança un fait auquel l’homme d’Etat courtisé par les chancelleries européennes ne put que maladroitement répondre : « Mr le Premier ministre, mais comment avez-vous pu accepter de classer Hekmatyar parmi les dangereux terroristes dans un document que vous avez signé après avoir été photographié avec ce même terroriste que vous continuez à présenter comme un héro ? »
Réponse affligeante de l’intéressé « Cela peut arriver, l’inverse aussi…»
Mehmet Aydin, le ministre des affaires religieuses turc lanca un avertissement contre les missionnaires chrétiens prêchant en Turquie le 27 mars 2005. Affirmant que les chrétiens répandaient leur religion en s'appuyant sur l'ignorance des gens, il les a accusa de porter atteinte à la paix sociale et à l'unité de la Turquie :« Le but de ces activités (religieuses) est de porter atteinte à l'unité culturelle religieuse, nationale et historique du peuple de Turquie[…] Ce ne sont pas seulement des activités religieuses, et elles ne sont pas conduite seulement par des ecclésiastiques chrétiens. Nous avons observé des docteurs, des infirmières, des ingénieurs, des officiels de la Croix Rouge, des défenseurs des droits de l'homme, des pacifistes et des professeurs de langues étrangères conduisant ces activités. »
Le prosélytisme chrétien est interdit en terre d’islam, le ministre ne fait qu’appliquer la loi islamique. La loi islamique est un objectif à accomplir pour les dirigeants de l’AKP. En automne 2004 , un projet gouvernemental visait à criminaliser l’adultère, légalement puni en islam. Il s'agissait de punir d'une peine de deux ans d'emprisonnement tout époux coupable d'adultère, les femmes auraient été sûrement les seules visées dans la pratique. Tollé général en Europe, le commissaire Gunther Verheugen téléphona a Erdogan qui s'étonna du malentendu. Ce fut l’armée, gardienne de la laïcité héritée du kémalisme, qui exigea le retrait d’une loi qui aurait gravement pesée sur la décision d’ouverture des négociations par le Conseil européen. Erdogan plia au bout de huit jours, gardant sûrement en tête son envoi en prison pour islamisme en 1997 par les militaires : inculpé pour « incitation à la haine religieuse » conformément à l’article 312 du code pénal, l’actuel Premier ministre avait lu un passage d’un poème de Ziya Gokalp, un des père du nationalisme islamique turc devant une foule enthousiaste lors d’un meeting politique : « Les minarets sont nos baïonnettes, les coupoles nos casques, les mosquées nos casernes et les croyants nos soldats » .
Le projet de loi sur l’adultère ne fut pas considéré comme tiré de la charia par l’islamologue Olivier Roy, alors que l’adultère est répréhensible dans toutes les écoles juridiques islamiques, ce qui donne une idée de la compétence des islamologues écoutés par les médias, souvent aveuglément islamophiles[6]. Numéro 2 du parti AKP, Abdullah Gül, ministre des affaires étrangère, n’a pas non plus grand-chose à voir avec l’islam des Arkoun, Zaid, Bensheik et autres vrais modérés. Après avoir enseigné quelques années à l'université de Sakarya, Abdullah Gül est recruté, en 1983, à la Banque islamique du développement (BID) à Djeddah, une banque saoudienne répertoriée par la CIA comme l'une des voies de financement occulte d'Al Qaïda. Pendant huit années (1983-1991), Gül y officiera en tant qu'économiste. En ce qui concerne la considération des femmes en Turquie, le 8 mars 2004 fut réprimée une manifestation pacifique de femmes par une police plus que ferme : les images de coups sur les manifestantes, d’une violence inouïe, firent le tour du monde des médias. Cependant, Abdullah Gul exprima « comprendre la police », une femme revendicative et bruyante étant une effronterie en islam.
La volonté de faire entrer la Turquie en Europe par les commissaires et chefs d’Etat est d’autant plus inquiétante que la Cour européenne des droits de l’homme, le 31 juillet 2001, émit une décision[7] relative à l’interdiction du parti islamiste refah dont est issu Recep Erdogan, reconnaissant la charia comme incompatible avec le système démocratique européen.
Lors de l’affaire des caricatures de Mahomet, en février 2006, alors même que le gouvernement danois avait censuré une radio pour islamophobie durant l’été 2005 et que sa responsabilité soit nulle dans la diffusion des caricatures par une presselibre, la Turquie condamna l’attitude du gouvernement. Des députés islamistes de l’AKP s’en prirent violemment aux intérêts danois en Turquie. Vahit Kiler, député AKP, appela le 8 février 2006 tous les musulmans à boycotter les produits danois et norvégiens pour protester contre la publication de caricatures du prophète Mahomet. Il expliqua aux journalistes au parlement les rayons des 110 supermarchés à travers la Turquie de sa chaîne d'alimentation Kiler avaient été vidés des produits de ces deux pays. M. Kiler affirma avoir en outre envoyé par la poste un Coran au Premier ministre danois Anders Fogh Rasmussen. Un autre député de l'AKP, Turhan Cömez, demanda lors d'un discours prononcé le 7 février à l'Assemblée nationale que le ministère de la Santé résilie un contrat avec le groupe pharmaceutique danois Nova Nordisk, qui fournit notamment de l'insuline à la Turquie. M. Cömez, médecin, indiqua que le marché de l'insuline en Turquie comprenant 300.000 malades était détenu à 60% par cette compagnie danoise, un marché qu'il estima à 50 millions d'euros.
Un islam populaire radical
L’existence de ce qu’on appelle les « crimes d’honneur » sont des pratiques fondamentalement musulmanes. L’adultère, les relations sexuelles en dehors du mariage et le viol, sont considérés pour la famille à des pratiques entachant lourdement leur réputations, devant être puni très sévèrement. La charia ordonne effectivement de lapider les femmes adultérines. En ce qui concerne le viol, la honte d’une famille ayant une de ses filles violée est insupportable, le meurtre expiatoire de la victime permet de laver un honneur prétendument bafoué. Une étude universitaire réalisée en Anatolie courant 2005 fait apparaître que 40% des personnes interrogées, essentiellement des hommes, sont favorables aux « crimes d’honneur ». Interrogés sur la punition adéquate envers les femmes adultères, 37% se prononçaient en faveur de leur exécution, 25% par le divorce et 21% pour qu’on leur coupe le nez ou les oreilles. Il n’est pas rares que les femmes restent séquestrées à la maison, pratique connue dans d’autres pays musulmans. Selon une enquête du professeur Aytekin Sir, psychiatre à l’hôpital universitaire de Diyarbakir, les femmes se suicident deux fois plus que les hommes en Anatolie : « On constate un pic impressionnant de suicide entre quinze et vingt-cinq ans, à l’âge des mariages forcés, ainsi qu’un passage à l’acte inhabituel par armes à feu et empoisonnement[8] ». Une avocate de la ville de Diyarbakir confie « Les meurtres d’honneur continuerons tant que la femme sera considérée comme une personne de second rang[9] ». Heureusement, des associations de femmes font bouger les choses et les poursuites pénales à l’encontre des criminels sont de moins en moins rares.
La Turquie connaît depuis 25 ans une vague de réislamisation sans précédent. 70% des femmes sont dorénavant voilées, plus de 90% de la population pratique le ramadan, les mosquées se construisent à un rythme qui ferait pâlir d’envie le christianisme dépérissant de l’Europe. La vague de réislamisation dont rien indique actuellement le fléchissement, fut initiée en 1983 par le gouvernement de Turgut Özal. Le dirigeant appuya la l’édification de nouvelles mosquées, soutint l’ouverture de nombreux imam-hatip (écoles islamiques privées) avec le droit à l’issue des études d’entrer à l’université. Galvanisée par ses mesures, une nouvelle classe urbaine issue de l’exode rurale, jeune et «islamique», commença à se développer comme en témoignent alors le port de plus en plus fréquent du türban (le voile) chez les jeunes femmes, et le succès croissant des publications et des librairies islamiques.
En 1997, après l’éviction du premier ministre islamiste Ncemmit Erbakan par l’armée laïque, le nombre des lycées Imam hatip était passé de 600 à 450, et celui des élèves avait chuté de 600.000 à 500.000. Mais l’arrivée de l’AKP dopa de nouveaux les ouvertures des écoles islamiques. Pour la rentrée scolaire 2003, « L'augmentation des inscriptions est au moins de 60 à 70% », avait expliqué à l'AFP Ibrahim Solmaz, président de l'Association des membres et diplômés d'Imam hatip (Önder). Rien qu’à Istanbul, il existe 24 lycées Imam hatip.
Inquiétante, la réédition récente de Mein Kempf d’Adolph Hitler, accompagnée d’un lancement commercial impressionnant est un des best seller de l’année 2005. En juillet 2005, l’ouvrage se hisse à la vingtième place des meilleures ventes selon le classement d’une grande chaîne de librairie. L’envoyé spécial de la revue Valeurs actuelles rapporte une situation inconcevable dans un pays européen « Kavgam, alias Mein Kempf, est en vente partout en Turquie. Dans les boutiques des aéroports, dans les librairies universitaires. Au supermarché. Dans les musés, à côté des ouvrages consacrés à Topkapi et Sainte-Sophie.[…] chose curieuse cette diffusion massive est le fait de plusieurs éditeurs à la fois.Chose plus curieuse encore, l’ouvrage -broché- ne coûte que 5 ou 10 nouvelles livres turques, alors que le prix moyen d’un livre de cette catégorie se situe au dessus de 20 livres [10]». En l’espace d’un an, plus de cents milles exemplaires ont été écoulés. En 1940, sous le président Ismet Inonu, Mein Kampf fut édité pour la première fois. Depuis, l’ouvrage a connu trente rééditions. Dès lors on peut s’interroger de la finesse d’esprit du député juif Pierre Lellouche lorsqu’il taxe Phillipe de Villiers de « raciste » sur le plateau de l’émission « Riposte » en pointant son refus d’assimiler la Turquie à l’Europe. Confirmant le peu d’estime que portent les Turcs aux Chrétiens, un sondage publié en juin 2006, réalisée par le Pew Research Center de Washington, rapporte que seuls 16 % des personnes interrogées ont « une opinion favorable à l'égard des chrétiens »[11]
Tout aussi inquiétante, la campagne publicitaire d’Etat visant à séduire la population quant à la perspective d’adhérer à l’UE. Des milliers d’affiches placardées durant l’été 2005 sur les murs d’Istanbul représentaient une femme recouverte non d’un hijab, mais d’une burka ne laissant transparaître que le contour des yeux, bleue parsemée des étoiles de l’UE. Le drapeau européen transformé en burka, tout un symbole.
Un anti-christianisme d’Etat
Les statuts des minorités religieuses en Turquie sont régies par la conférence de Lausanne de 1923, attribuant la reconnaissance du monophysisme arménien et de l’Eglise gréco-orthodoxe. En revanche, l’Eglise catholique non reconnue par le traité ne peut jouir d’un statut juridique lui permettant de se constituer en association afin de récolter des fonds et d’exister officiellement. Dans le cadre des efforts en matière de respect des minorités imposés par le processus d’adhésion à l’UE, l’Eglise catholique a désormais en théorie une reconnaissance officielle, mais dans les faits, l’application des gages de bonnes intentions est loin d’avoir fait son chemin. En 2005, Les autorisations de permis de construire ou de rénovation de lieux de culte sont toujours majoritairement refusées.
Le Vatican dénonce officiellement la christianophobie d’Etat en Turquie.
L'ambassadeur du Vatican en Turquie, Monseigneur Edmond Farhat s’exprimait en septembre 2005 : « Il existe en Turquie une christianophobie institutionnelle pas très différente de celle qui existe dans d'autres pays musulmans ». En avril 2006, Mgr Emmanuel, Patriarche orthodoxe grec partage la même opinion : « Nous attendons de la Turquie qu’elle respecte les minorités religieuses, ce qui est quasi inexistant actuellement. »
Abdelfattah Amor rapporteur spécial de l'ONU, fit un rapport sur la liberté de religion et de conviction qu’il présenta le 25 octobre 2000, à la 55e session de l'Assemblée générale de l'ONU. Les conclusions du rapport, étonnement passées sous silence lors des interminables débats sur la pertinence de l’intégration de la Turquie, sont accablantes. Concernant les lieux de culte dans le sud-est de la Turquie (région de Tour Abdin), des restrictions sont imposées par les autorités pour la rénovation d'églises et de monastères. Depuis 1979, l’ex-premier ministre Bulent Ecevit fit fermer les deux derniers monastères de Tur Abdin, ils sont aujourd’hui toujours fermés alors que les populations chrétiennes environnantes, bien qu’en extinction constante, sont toujours présentes. A. Amor écrit : «Il s'agirait en réalité d'une ingérence des autorités agissant, le plus souvent, sur la base d'un nationalisme exacerbé de rejet des minorités surtout chrétiennes.» Le rapport souligne le rôle pernicieux de la Direction générale des fondations , qui confisque des lieux de cultes au prétexte fallacieux de non utilisation, pour souvent les transformer en mosquées.
A Istanbul, les Syriaques ne bénéficient que d'une seule église, alors que cette ville est devenue leur principal lieu d'émigration. Les demandes formulées par les représentants Syriaques aux autorités, y compris au président de la République et au premier ministre, restent sans effet. Par ailleurs, les Syriaques se trouvent démunis d'institutions sociales, de charité et de santé, car il leur est interdit d'ouvrir leurs propres établissements. En 2005, leurs requêtes n'ont toujours pas abouti. L’enseignement du syriaque araméen ou soureth, descendant du parlé de Jésus Christ, est interdit dans les écoles ainsi que l’ouverture d’écoles confessionnelles. Les enfants Syriaques eux, sont obligés de subir l’enseignement islamique de rite hanéfite, malgré la laïcité revendiquée.
Pour le rapporteur spécial l’extinction lente et irrésistible des chrétiens en Turquie est dû largement à l’attitude des autorités qui, comme la population, exercent pressions, vexations et discriminations envers eux, les considérants comme des étrangers, bien que leur présence soit de plusieurs siècles antérieure à l’invasion musulmane sur le territoire : « elle se voit refuser, dans de nombreux cas, l'enseignement religieux syriaque, y compris au sein de ses églises et monastères, tandis que des demandes d'exemption des cours de culture religieuse au sein des écoles publiques sont parfois ignorées. Tous ces obstacles et atteintes s'expliquent essentiellement par la politique de turquisation et par la non-reconnaissance de la spécificité religieuse et culturelle de la communauté assyro-chaldéenne. Il convient de leur ajouter l'impact du conflit armé entre autorités turques et mouvements kurdes ayant précipité le départ massif des Assyro-Chaldéens du sud-est de la Turquie, en raison d'un climat et de mesures de terreur (attaques, vols, assassinats, enlèvements, conversions forcées à l'islam, etc).» Et il conclut : «Il est nécessaire également de souligner le rejet de cette communauté par une société et par des autorités locales, en général, intolérantes contre toute minorité ne répondant pas aux messages stéréotypés (être ethniquement turc et de religion musulmane) de la politique de turquisation. Cette situation exacerbée dans l'est de la Turquie connaît des échos à Istanbul, principal lieu d'émigration des Assyro-Chaldéens, où la montée de l'islamisme est également perçue comme une menace. Finalement, les Assyro-Chaldéens se sentent traités comme des étrangers, et quittent progressivement la Turquie dans l'espoir notamment de préserver leur identité culturelle et religieuse.»
Erdogan, malgré les déclarations d’intentions, n’a pas infléchi la tendance. Par exemple, en 2005 fut mis en place une taxe rétroactive de 42% sur l'hôpital Balulki, une institution philanthropique sous la responsabilité du patriarcat oecuménique orthodoxe et qui soigne indifféremment le peu de chrétiens qui restent comme les musulmans. Depuis 2002, le gouvernement islamiste a purement et simplement confisqué 75% des propriétés du Patriarcat œcuménique. D’ailleurs, en 2006, le Patriarcat œcuménique d’Istanbul[12] n’a toujours pas de statut légal. Imaginons un instant que les chancelleries européennes surtaxent les associations cultuelles islamiques, un véritable tollé médiatique et diplomatique dénoncerait les mesures d’exceptions discriminatoires que d’aucuns qualifieraient de « racistes ». Ce qui est impensable en Europe est passé sous silence par une certaine intelligentsia médiatique voulant prendre « rendez-vous » avec l’islam, pensant qu’il suffit d’intégrer des pays musulmans pour conjurer le choc des civilisations.
Le Patriarche oecuménique d’Istanbul, Mgr Bartholomé, lança une campagne de pétition pour la réouverture du prestigieux Institut théologique Halki. Situé sur l’île d’Heybeli, au large des côtes turques, l’Institut Halki, fondé en 1844, est le principal centre de formation théologique du monde orthodoxe grec. Ses portes sont fermées depuis trente-deux ans sur ordre du gouvernement. Les communautés de la minorité chrétienne turque n’ont plus l’autorisation d’assurer la formation supérieure de leur clergé depuis un décret de 1971. L’Institut Halki et l’école de l’Eglise apostolique Arménienne sont fermés depuis cette date. Des rencontres eurent lieu durant l’été 2004 entre le ministre des Affaires étrangères, le Premier ministre et le patriarche Bartholomé qui suscitèrent un grand intérêt parmi les médias turcs. «Le Premier ministre nous a assuré qu’il considérerait le problème avec bienveillance. Nous espérons que cette déclaration sera suivie d’effets dans un avenir proche» déclara le Patriarche. Espérance déçue, en décembre 2004, le gouvernement refusa de donner suite à la demande légitime du Patriarche voulant former son clergé. En Europe, les « instituts culturels » formants les imams sont légions, mais la Turquie, qui ne manque une occasion d’accuser l’UE d’être un club chrétien soit disant fermé, n’accorde pas à ses minorités ce qu’elle réclamerait si elle ne l’avait déjà obtenu pour ses citoyens en Europe. En novembre 2005, A Kulp, dans la province de Diyarbakir, une des dernières vieilles églises arméniennes fut rasée pour lancer la mise en chantier d’une mosquée. Comme le note le fin connaisseur des questions islamiques, Bernard Anthony, dirigeant de l’association Chrétienté Solidarité «En dehors d’Istamboul où, vitrine oblige, elle [la Turquie] doit diplomatiquement tolérer un minimum de survivance chrétienne, elle éradique encore férocement les moindres restes de ce qui fut jadis la première chrétienté au monde. »La partie nord de Chypre occupée par la Turquie a connu une épuration religieuse totale. 82 églises étaient présentent sur ce territoire. Aujourd’hui plus une seule ne sert de lieu de culte : 68 ont été transformées en mosquées, 5 en écuries, 4 en musées, 3 en casernes, 2 en habitations. Le 27 août 2004, une bombe explosa devant l’une d’entre elle… Etienne Leroy, chercheur spécialiste de la Turquie, ironise sur la « laïcité » turque : « On peut difficilement être rassuré sur la tolérance d’un « Etat Laïc » qui indique la religion de ses citoyens sur les cartes d’identité, qui refuse les autorisations administratives pour restaurer la plus vieille église de la chrétienté ( à Ourfa, l’ancienne Edesse) et qui, sur le plateau anatolien, se sert des églises arméniennes abandonnées comme cibles pour les exercices d’artillerie. La « laïcité » de la Turquie ne doit tromper personne. »[13]
En moins de six mois, au premier semestre 2006, quatre tentatives de meurtres de prêtres ont fait deux victimes en Turquie. Déjà le meurtre d’Andrea Santoro en février 2006 avait suscité l’émoi des opinions européennes. En Europe, on chercherait en vain le meurtre d’un seul imam en l’espace de plusieurs decennies. La police turque persiste à nier les motivations islamistes ou nationalistes de leurs auteurs. L’agresseur du prêtre français Pierre Brunissen, poignardé en juillet 2006, fut jugé « schizophrène »… Selon Mgr Ruggero Franceschini, président de la conférence épiscopale turque, les crimes contre les catholiques en Turquie, généralement impunis, sont inspirés par des campagnes de presse délirantes qui accusent le clergé d’acheter les conversions. Ces campagnes offensives contre le prosélitysme chrétien, tiré tout droit de la charia, ne font que relayer les harangues du Diyanet, ministère des affaires religieuses en Turquie.
La Turquie et les « clubs musulmans »
Un des grands arguments asséné aussi bien par le premier ministre Erdogan et le ministre des affaires étrangères Gul pour essayer de culpabiliser les européens est la dénonciation du « club chrétien » européen, insinuant une xénophobie latente, un « frileux repli sur soi », ainsi que la favorisation du choc des civilisations.
L’ argument est doublement provocateur. D’une part l’Europe, contrairement à la Turquie n’émet aucune entrave à la construction de mosquées, aux développement des organisations et confréries religieuses turques, mêmes les plus radicales (Milli Görüs, Suleymanciyya).En Europe réside des millions de Turcs, principalement en Allemagne (2 millions) et en France (400 000), qui jouissent de leurs droits de travailler et de droits sociaux. D’autre part, historiquement incontestablement chrétienne, véritable ciment du continent pendant deux mille ans, l’Europe s’est affirmée comme telle et s’est défendue contre les intrusions guerrières musulmanes, dont la présence passagère Europe ne fut qu’offensive, et à ce titre, illégitime. Conquête de l’Espagne par les extrémistes almoravides au 8 ème siècle, offensives de la « Sublime porte » en Europe orientale avec les sièges mémoriaux de Vienne en 1529 puis 1683. Reprocher à l’Europe de s’affirmer chrétienne revient à l’accuser d’avoir défendu ses terres lors des multiples agressions subies au cours de l’histoire. Absurde.
En réplique à l’argument du « club chrétien », nul chef de gouvernement n’eut l’idée de renvoyer l’accusation à la face de la Turquie, pays des premiers Chrétiens, de Paul de Tarse à l’église d’Ephèse, devenu un club musulman à force d’épuration religieuse. Erdogan est mal placé pour dénoncer les clubs religieusement homogènes. Maire d’Istanbul, les 28 et 29 mai 1996, il organisa une grande réunion inter islamique ayant trois buts : la réalisation d’un marché commun musulman, une sorte d’ONU islamique protégée d’influences judéo occidentales, ainsi qu’un « OTAN musulman ». Le 15 juillet 1997, il élabora avec l’ancien président Erbakan l’idée du D8 association des 8 pays musulmans les plus puissants et dont nombre sont outrageusement intégristes (Nigeria, Pakistan,Egypte, Iran, Bengladesh, Malaisie et Indonésie).Le projet échouera notamment à cause de l’armée voulant préserver l’accord stratégique israélo-turque , mais n’en fut pas moins une réalité.
Depuis 2004, la Turquie préside le club musulman de l’OCI, composé de tous les pays islamistes existants. Lors du sommet de décembre 2006 de l’OCI à la Mecque, le président iranien Mahmoud Ahmadinedjad, déclara qu’il ne croyait pas à l’holocauste quelques semaines après avoir évoqué la nécessité de « rayer Israël de la carte ». L’OCI, club de l’islamisme mondial, avait aussi fait scandale lors de son sommet en 2003, lorsque le premier ministre malaisien , Mr Mahathira, dénonça le complot juif mondial. Son discours d’ouverture le 20 octobre 2003, vaut le détour :
« Nous n'appliquons pas les principes authentiques de l'islam, car nous avons mis en place la démocratie qui nous divise et qui a été inventée par les Juifs. Est-ce possible que quelques millions de Juifs aient raison d'un milliard trois cents millions de musulmans ?Appliquons le principe du Prophète : à la Mecque, Mohamed ne peut pas vivre son islam dans un environnement polythéiste. Il émigre à Médine et reconstitue ses forces, puis signe l'accord déséquilibré de Hudaibiyah, trêve de 10 ans avec les Mecquois. Les Mecquois baissent la garde et reprennent leurs affaires. Sans coup férir, de manière unilatérale après deux ans, le Prophète conquiert la Mecque en violation de l'accord, car le Jihad a priorité sur les accords. La solution avec les Juifs et les USA doit suivre ce modèle »Voilà un exemple du contenu des sommets de l’OCI, rassemblant 57 pays musulmans. Musulmans ou islamistes, la différence est, à l’aune des positions de l’OCI, insaisissable.
L’Europe, façonnée indiscutablement par le christianisme, n’a donc pas de leçon d’ouverture à recevoir d’Erdogan. Mais étrangement complexées de ne pas être assez ouverte à l’ «Autre», en l’occurrence l’islam, les chancelleries européennes n’osent renvoyer le premier ministre face à la réalité de son islamisme militant. Erdogan exploite à merveille la psychologie européenne, qui souffre de nombreuses pathologies, parmi lesquelles un complexe de supériorité civilisationel et une obsession du mythe multiculturel, relativisant son identité profonde.
Le faux argument de la « salle d’attente »
Destiné à culpabiliser les européens, l’argument distillé à longueur d’émissions télévisées et radiophoniques selon lequelles l’ Europe ne tiendrait pas ses promesses et laisserait dans une salle d’attente la Turquie depuis 40 ans, est fallacieux. La première demande d’adhésion officielle de la Turquie remonte à 1963. Si les européens reçoivent la demande sans la rejeter, ils ne l’ont cependant pas admis jusqu’en 1970 où la CEE et la Turquie signent un accord prévoyant, à terme, l’adhésion à part entière de la Turquie au bloc européen. A l’époque la CEE n’est qu’une organisation économique, dénuée de tout projet commun en matière de politique de défense et de sécurité, et non supranationale, les états restant souverains. L’UE est une organisation d’un autre type, l’Acte Unique (1986), Maastricht (1992) et surtout le Traité d’Amsterdam (1998) sont passés par là, il s’agit maintenant d’un ensemble sans frontières communes avec une politique monétaire unique, des visées géostratégiques communes (PESC), avec une souveraineté partagée par la double majorité et estropiée par la perte du droit de veto dans bien des domaines. Il ne s’agissait donc pas du tout du même type d’adhésion. La première demande fut avant tout un partenariat économique, il s’agit maintenant d’une intégration politique ! De plus, la vision d’une Europe condescendante rejetant systématiquement le candidat est fausse : en 1978-79, Bruxelles suggéra à la Turquie de formuler une demande conjointe avec la Grèce et la Turquie rejeta la proposition. Puis intervient le coup d’Etat de l’ armée en 1980, coupant les relations diplomatiques entre les deux parties. L’arrivée de Turgut Ozal au pouvoir en 1983, ne va pas non plus dans le sens de l’adhésion : artisan de la réislamisation du pays il déclare « En Turquie, le régime est laïque, mais pas moi. »[1] En 1986 le parlement vote une loi punissant de six mois à deux ans de prison « les insultes à la religion musulmane, Allah et son prophète », en d’autres termes, le blasphème et les critiques trop acerbes sont désormais interdites.C’est Ozal en 1987 qui formule la demande d’adhésion de la Turquie à l’Union Européenne.
18 juin 1987 : la résolution bafouée du Parlement européen
La candidature officiellement posée, le parlement européen fixe un ensemble de préalables indispensables à toute négociation, faire sauter ce qu’elle appelle des « obstacles incontournables » : « Le refus du gouvernement turc de reconnaître le génocide ; sa réticence à appliquer les normes du droit international dans ses différends avec la Grèce, le maintien des troupes turques d’occupation à Chypre, la négation du fait kurde ; […] l’absence d’une véritable démocratie parlementaire et le non respect des libertés individuelles et collectives, notamment religieuses dans ce pays »[2]
Dix-huit ans après la rédaction de la pieuse résolution, l’UE agit comme si elle n’existait pas, démontrant le peu de conviction et de moralité d’une organisation se voulant championne des droits de l’homme. De plus, lors du sommet de Copenhague de 1993, une série de critères furent édictés concernant les obligations requises à tout candidat à l’adhésion, comprenant une large partie sur les droits de l’homme, comme le respect des minorités. Ces critères, tout autant bafoués que la résolution de 1987, n’empêchera pas l’ouverture des négociations.
En janvier 1996 rentre en vigueur l’accord abolissant les droits de douane entre l’UE et la Turquie, puis en décembre 1999, a Helsinki, sur proposition de Jacques Chirac, la Turquie est officiellement reconnue comme « pays candidat qui a vocation à rejoindre l’Union sur la base des mêmes critères que ceux qui s’appliquent aux autres candidats. »[3]
6 octobre 2004 : La recommandation positive de Bruxelles
« La dynamique de la population turque pourrait contribuer à compenser le vieillissement des sociétés européennes ». Voilà une partie du contenu de la recommandation positive que fit la Commission. C'est-à-dire qu’une des raisons d’accepter les négociations est la perspective d’accélération d’une immigration de substitution de population, dans une logique purement comptable indifférente des questions identitaires et culturelles. La recommandation ne craint pas de transformer l’histoire. Ainsi, la Turquie ne reconnaît pas l’Etat de Chypre, et pire, viole son espace aérien à plusieurs reprises dès le lendemain de l’ouverture des négociations le 3 octobre 2005, mais on lit « Elle a activement soutenu les efforts de résolution du problème chypriote, et continue de le faire, et elle s'est en particulier associée à la solution présentée dans le plan de paix du Secrétaire général des Nations unies. »
Si la Turquie a acquiescé le Plan Annan, ce n’était pas pour complaire aux Chypriotes grecs mais bien parce que la solution proposée convient à ses intérêts. Le chercheur Alexandre del Valle explique : « Anti-démocratique, le Plan Annan conférait à l’armée turque un droit d’intervention dans toute l’île en tant qu’« Etat garant » (source de la crise chypriote avec la Constitution de 1960), avalisait la présence des militaires turcs et des 117 000 colons anatoliens, puis prévoyait - en cas de désaccords entre les deux Etats fédérés – de transférer les pouvoirs exécutif et législatifs à un « Comité Constitutionnel » de 9 membres dont trois étrangers parmi lesquels un représentant d’Ankara. »
La recommandation loue les bienfaits de l’intégration turque au niveau économique :
« L’adhésion de la Turquie aurait sur l'Union une incidence économique positive ». Aussi on y lit « L’intégration de la Turquie au marché intérieur serait bénéfique. » Pourtant, quelques lignes plus loin, est notifié que « L’incidence budgétaire de l’adhésion de la Turquie à l’Union européenne ne pourra être pleinement mesurée qu’une fois les paramètres des négociations financières avec la Turquie définis dans le cadre des perspectives financières pour 2014 et les années suivantes. La nature et le montant des transferts à la Turquie dépendraient d'un certain nombre de facteurs fluctuants. »
Les prévisions existent déjà dans les bureaux Bruxellois. A elle seule, la Turquie consommerait autant d'aides européennes que les dix candidats réunis, mais avec un risque de détournement de fonds beaucoup plus élevé (le seul cas comparable est la Roumanie ), étant donné le degré de corruption extrême du pays, d'après des études de l'OCDE et de Transparency International.
Occupant 35 % de sa main d'œuvre, son agriculture absorberait l'essentiel des crédits de la nouvelle politique agricole commune. Si on ajoute à cela les 2,6 milliards d'euros relatifs aux programmes de protection des frontières et les 22,4 milliards d'euros de fonds structurels européens consacrés aux régions pauvres de l'UE, le total du coût annuel de l'intégration turque pour le budget européen pourrait s'élever à au moins à 31,8 milliards d'euros, si la Turquie bénéficie du même taux d'aides européennes que les pays comme l'Irlande, la Grèce , l'Espagne et le Portugal. « Le poids que représenterait la Turquie pour le budget communautaire serait considérable si l'on prend en considération non seulement sa population prévisible mais aussi l'étendue de son territoire à aménager aux normes communautaires (775 000 km2). Faute de quoi, des régions entières deviendraient de plus en plus périphériques, avec des effets induits par ce processus » explique l'expert Pierre Verluise. La Commission reconnaît que l’agriculture serait amenée à avaler une part non négligeable de subsides européen: « L’agriculture est l’un des secteurs socio-économiques les plus importants de Turquie et mériterait une attention spéciale.[…] Elle pourrait prétendre à une aide considérable dans le cadre des politiques actuelles. »
Dans une étude publiée au sein de la Commission européenne en septembre 2004, le Commissaire à l'agriculture, Frantz Fischler, estima que l'adhésion de la Turquie coûterait, en subventions agricoles, entre 11 et 13 milliards d'euros. Avec 6,8 millions d'agriculteurs, elle dispose d'une force de travail, numériquement dix fois plus grande que n'en a la France. Si elle contribuait au budget communautaire, elle en profiterait largement, aux dépens de la plupart des bénéficiaires actuels. Pour rattraper tout ce retard et remettre à niveau les régions turques les plus sinistrées de l'Est, l'Union européenne devrait consacrer dans l'hypothèse la plus basse, 26 milliards d'euros annuels au titre des fonds structurels et de la Politique Agricole Commune. Autant d’argent dont seraient privés les agriculteurs européens, qui souffrent pourtant d’une entrée brutale dans la mondialisation, avec des revenus en chute libre, des fermetures d’exploitation en série, et des taux de suicides élevés.
Le 28 juin 2006, la Banque centrale turque rendit public un rapport prévoyant « considérable» le ralentissement de la croissance pour le deuxième semestre de 2006 et la première moitié de 2007…
La Commission s’efforce de rassurer le bon peuple en lui promettant de suspendre les négociations en cas de violations de droits basiques. Ces droits sont pourtant toujours bafoués en 2006 :
« En accord avec le traité sur l’Union européenne et la Constitution pour l’Europe, la Commission recommandera la suspension des négociations en cas de violation grave et persistante des principes de liberté, de démocratie, du respect des droits de l'homme et des libertés fondamentales et de l’État de droit, sur lesquels l'Union est fondée. Le Conseil pourrait prendre une décision concernant cette recommandation à la majorité qualifiée. »
Recommandation positive car les kurdes et les « anti-nationaux » sont certes encore torturés, mais plus systématiquement, "ouf" :
« La torture n’est plus systématique, mais de nombreux cas de torture et, en particulier, de mauvais traitements continuent à se produire et des efforts supplémentaires seront nécessaires pour éradiquer ces pratiques. »
La recommandation positive fait preuve d’autres incohérences. On y lit une chose : « Bien que la liberté de religion soit garantie par la constitution et que la liberté de culte ne soit guère entravée » Et son contraire: « les communautés religieux non musulmanes continuent à rencontrer des difficultés liées à la personnalité juridique, aux droits de propriété, à la formation du clergé, aux écoles et à la gestion interne. Une législation appropriée pourrait remédier à ces difficultés. Les Alevis ne sont toujours pas reconnus comme minorité musulmane. »
La liberté de culte n'est guère entravée, mais l'Eglise catholique n'a pas de statut juridique lui permettant de récolter des fonds pour rénover et construire des lieux de cultes, on impose aux élèves alevis l'islam de rite hanéfite à l'école, la réouverture du séminaire de Halki est empêchée, l’enseignement de la langue assyro araméennes et l’arménien sont bannis des écoles. Les Commissaires européens, dans le confort de leurs bureaux, paraissent tout ignorer du sort des Chrétiens de Turquie. C’est bien dommage.
12 Décembre 2004 : l’accord du Conseil européen
A Copenhague, les Quinze pays membres réunis en Conseil, sur la base de la recommandation positive de la Commission, saluèrent les progrès censés être accomplis, et donnèrent leur accord pour ouvrir les négociations dès le 3 octobre 2005, sous réserve de la signature du protocole d’Ankara, portant sur la reconnaissance de Chypre et garantissant le respect des droits de l’homme. Pourtant, en novembre 2005, la Commission rendit public un rapport pointant un manque de collaboration patent de la Cour des auditeurs turcs.
La présidence anglaise pour la vision états-unienne
La Grande Bretagne désire une Union Européenne purement économique, à ce titre l’adhésion de la Turquie serait pour elle une manière de conforter des relations commerciales tout en étant protégée des inconvénients d’une telle adhésion. Premier inconvénient écarté, le Royaume ne fait pas partie de l’ « espace Schengen » pour ce qui est des questions migratoires. Participant au budget d’une manière parcimonieuse elle ne contribue pas aux fonds structurels sur un pied d’égalité avec les autres membres, destinés aux Etats en moindre développement économique. Jack Straw, chef de la diplomatie britannique, rejette l’idée d’un partenariat privilégié « l’objectif des négociations et l’adhésion complète » annonçait-il juste avant le début des négociations, reprenant l’argument litanique de la conjuration du choc des civilisations « nous avons besoin de voir la Turquie dans l’Union, nous sommes préoccupés par le supposé choc des civilisations ».
Le rôle souterrain des Etats-Unis
Le 15 Novembre 1999 lors d’une visite d’Etat en Turquie, le président américain Bill Clinton déclara que les Etats-Unis souhaitaient que la Turquie soit acceptée comme un pays membre de l’UE. Quelques semaines plus tard, les chefs d’Etat de l’UE au sommet d’Helsinki décidèrent d’accepter la candidature Turque…Les Etats-Unis, bien décidés a empêcher l’émergence d’une superpuissance rivale, unifiée et cohérente politiquement, travaillent depuis des années à orienter le projet d’Union Européenne vers une pure zone de libre échange, restant un « ventre mou » politique.
L’adhésion de la Turquie tuerait dans l’œuf la Politique de Sécurité et de Défense Commune, simple concept, jamais traduit dans l’action, comme le prouva la pitoyable remise aux américains du règlement de la crise yougoslave. Américains qui soutinrent la création d’un Etat islamique en Bosnie dirigé jusqu'à sa mort par l’ancien nazi islamiste Izetbegovic, et qui appuyèrent les islamo mafieux de l’UCK, organisation pourtant classée terroriste par Washington, dans leur action d’épuration des chrétiens du Kosovo. Kurt Volker, sous-secrétaire d’Etat adjoint du département d’Etat pour les affaires européennes, ancien analyste de la CIA, est un des principaux représentants des intérêts américains en Europe. Parlant français, hongrois et suédois couramment, ce diplomate est le principal interlocuteur des européens sur la question turque, souvent au premier plan des relations transatlantiques, de la guerre en Bosnie à l’installation des bases américaines en Hongrie en tant que directeur de l’Otan pour l’Europe de l’ouest. Le 8 septembre 2005 l’officiel déclarait « Il est dans l’intérêt de l’Union Européenne, il est dans l’intérêt de la Turquie,il est dans notre propre intérêt que les négociations d’adhésion de la Turquie commencent à la date prévue. » En écho à un rapport de la CIA ayant filtré dans la presse en 2004, annonçant les conséquences désastreuses d’une adhésion en termes économiques, politiques et migratoires, la position des américains reste la cynique défense de ses intérêts par l’affaiblissement de ses concurrents.
Dans la soirée du 3 octobre 2005, le rôle que joua Condoleezza Rice fut méconnu mais capital pour débloquer une situation en voie de blocage. Le principal obstacle fut la menace du veto autrichien à l’ouverture des négociations. Les autrichiens réclamaient la future candidature de la Croatie, vœu paraissant plus logique que celle de la Turquie, mais empêché par le manque de zèle de Zagreb à collaborer avec le Tribunal Pénal International réclamant l’extradition du général Ante Gotovina afin qu’il puisse être jugé. Ainsi, Clara Del Ponte présidente du tribunal spécial, fit un violent réquisitoire le 30 septembre sur le manque de coopération de Zagreb, rendant impossible toute candidature à l’UE.
Condoleeza Rice d’une part téléphona officiellement le dimanche et le lundi précédent la réunion de l’UE, à la Turquie afin de la convaincre d’accepter les conditions européennes. D’autre part, la proximité de Clara Del Ponte avec Washington, le TPI étant une création américaine, explique le revirement de la présidente le 3 octobre, qui soudainement estima que Zagreb coopérait pleinement avec le TPI. Ainsi, l’obstacle levé, les négociations purent commencer.
La Commission contre l’avis des peuples européens
La Commission européenne, pour rassurer la Turquie après les camouflets français et hollandais contre une Constitution européenne dont l’Acte final fut signé par la Turquie, rédigea un texte au mois de juin 2005. Son contenu est une réaffirmation de la volonté de faire adhérer -partenariat privilégié écarté- la Turquie : « l’objectif commun des négociations est l’adhésion ».
18:50 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islamisation, Turquie
02/05/2007
Financement du terrorisme islamique
D'après un rapport des services secrets espagnols (CNI) et des RG français, la plupart des financements de la guerre sainte au Maghreb viendrait d'Europe.
15:41 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islamisation
01/05/2007
Dangers de l'islamolâtrie
Les dangers de l'islamolâtrie
par Mohamed Guadi, Ibn Warraq, Rachid Kaci, Aziz Sahiri, Michel Renard, Latifa Ben Mansour (15 Mai 2002 )
Dorénavant, en France, il suffit que quiconque porte sur l'islam et ses fondements un regard sceptique pour qu'immédiatement des associations, pompeusement autoproclamées "antiracistes", et des grands quotidiens politiquement corrects s'indignent et constituent un front commun contre celui qui a osé " dire du mal du Prophète".
Le géopolitologue Alexandre Del Valle en a fait récemment l'amère expérience, lui qui vient d'être victime d'un véritable lynchage médiatique dans Le Monde des 12-13 mai derniers sous la plume de Xavier Ternisien, auteur d'un article en première page " Les dangers de l'islamophobie ", où Alexandre del Valle est non seulement taxé d 'islamophobie mais est rendu responsable des mosquées qui brûleraient en France ou autres actes anti-immigrés arabes, selon lui supérieurs en nombre aux actes anti-juifs. Outre l'amalgame inadmissible entre islamoscepticisme et xénophobie, nous tenons à nous élever contre le procédé consistant à diaboliser, soumettre à la reductio ad Hitlerum, mettre à l'index un écrivain dont la seule faute est de ne pas être politiquement correct et idéologiquement conforme.
Alexandre Del Valle est taxé "d'islamophobie" parce qu'il est un des rares intellectuels français à avoir osé dénoncer l'intolérance de l'orthodoxie islamique sur laquelle s'appuie l'islamisme. En tant que Musulmans ou nés Musulmans, nous estimons que chacun a parfaitement le droit d'émettre une opinion critique vis-à-vis de la religion de Mahomet comme vis-à-vis de n'importe quelle religion. Les critiques émises à l'encontre du christianisme et du judaïsme sont courantes. Rien ne saurait justifier une "exception islamique". L'Islam appartient au patrimoine de l'Humanité et est universel, comme le rappelle le Grand Mufti de Marseille Souheib Bencheikh. De nombreux intellectuels musulmans reconnus et respectés, peu suspects "d'islamophobie" ne disent d'ailleurs pas autre chose que Del Valle (AbdelRazeq, Ibn Warraq, Mohamed Charfi, Mohamed Talbi, Abou Zeid, Taha Hussein,etc).
Aussi, M. Ternisien, incapable de démonter les thèses argumentées du jeune chercheur, qui a enquêté notamment sur les liens entre les islamistes et l'extrême-droite, dans le sillage de Pierre-André Taguieff, tente de disqualifier Del Valle en l'accusant d'avoir assisté à un colloque organisé par la " nouvelle droite " italienne en 1994 où aurait été présent l'éditeur italien des Protocoles des Sages de Sion, Claudio Mutti, en réalité absent à ce même colloque.. Ce type de présence suffirait à faire de del Valle un élément " fascisant " d'autant plus dangereux que son " islamophobie " lui aurait valu d'être recruté par l 'association juive Bnaï' Brith, insidieusement affublée d'anti-islamisme. Pris en flagrant délit de calomnie, M. Ternisien . omet de préciser qu' Alexandre del Valle critique violemment Claudio Mutti, alias Omar Amine, puis la nouvelle droite dans ...tous ses écrits et conférences! Hélas, ceux qui tentent de mettre Del Valle à l'index n'ont même pas pris la peine d'approfondir ses ouvrages ou d'écouter sa défense.
Mais il y a encore pire. Connu pour ses positions courageuses contre les Islamistes et en faveur des démocrates arabo-musulmans, del Valle est littéralement livré à la vindicte verte par M. Ternisien qui n'a pas hésité à révéler par trois fois le patronyme à consonance juive de l'auteur (Danna), lequel a pourtant averti le journaliste des menaces de mort qui lui sont régulièrement envoyées via le Bnai(Brith. La tentative avortée de lynchage (médiatique) de Del Valle laisse craindre que ce sont en réalité tous ceux qui osent de pas se conformer à la vague "islamiquement correcte" qui sont potentiellement menacés de mises à l'index par les nouveaux " maîtres-censeurs " (Elizabeth Lévy) dont les méthodes empruntent à la fois aux tribunaux de l'Inquisition et aux oukases trotsko-staliniennes.
On s'étonnera par ailleurs que les mêmes censeurs si prompts à dénoncer " l'islamophobie " d'Alexandre del Valle ou d'Oriana Fallaci ne nous aient pas gratifiés d'articles aussi "vigilants" sur la Voie du Musulman , livre à succès du leader salafiste Aboubaker Djaber El-Djazaïri, fort populaire dans les banlieues. Dans la dernière partie, sur les rapports sociaux, de nombreux passages constituent des appels au meurtre ou à la discrimination. Que le lecteur juge lui-même plutôt les propos d'un authentique fasciste vert, quant à lui présenté dans les médias bien pensants comme un représentant de la tendance "modérée du salafisme français" : " il est du devoir de tous les musulmans, formant un seul état ou des États séparés, de se doter de toutes sortes d'armements et de se perfectionner dans l'art militaire, non seulement défensif, mais aussi offensif, pour que le Verbe de Dieu soit le plus haut et pour répandre la justice et la clémence sur terre " (page 371). On pourrait citer également Le Licite et l'Illicite, de Yousef Qardhaoui, figure mondiale des Frères musulmans et maître de Tarik Ramadan, ouvrage en vente libre qui explique comment battre sa femme, traiter les esclaves et les infidèles, etc.
En parlant des " fascistes verts ", Rachid Boudjédra avait expliqué qui sont les vrais " nouveaux fascistes ", jamais qualifiés comme tels en Occident en raison de leur exotisme. En France et en Occident en général, la mouvance libertaire aime s'en prendre essentiellement à l'Église catholique, contre laquelle de durs combats seraient toujours à mener pour que chacun soit libre de sa sexualité. Il est vrai que la chose comporte moins de risques que d'attaquer les islamistes ! La Gay Pride de Rome laisserait presque croire que l'Église est la plus grande menace contre la liberté des homosexuels. Nous osons espérer que les associations homosexuelles préparent activement la Gay Pride, de la Mecque à Médine. La Voie du Musulman prévoit en effet une législation de faveur. Alors que dans le cas de l'adultère, la peine varie selon qu'on est marié (la mort par lapidation) ou non marié (cent coups de fouet), les homosexuels ont droit à un traitement unifié: " Le hadd [peine]de la sodomie est la lapidation jusqu'à la mort, qu'on soit marié ou non "..
C'est en réalité l'incorrection politique" de del Valle, le fait qu'il soit "islamiquement incorrect", qui sont à l'origine du procès en sorcellerie "hitlero-tittiste" dont le jeune chercheur en géopolitique est aujourd'hui victime. Citant abondamment les autorités morales "antiracistes" pour disqualifier ceux qui dénoncent l'islamisme et pour "prouver" la montée du péril "islamophobe", les détracteurs de Del Valle ont soigneusement omis de retranscrire les propos pourtant tout à fait "delvalliens" du président d'SOS Racisme, Malek Boutih relatés dans l'Express du 9/05/2002 : " Les islamistes sont encore plus dangereux. Ils sont enchantés de ce qui vient de se passer avec Le Pen : chacun chez soi, avec son ordre moral. Quand je vois des associations prétendre faire du soutien scolaire, alors qu'elles n'ont qu'une ambition, organiser un quadrillage idéologique, imposer le voile et leurs normes sociales, il serait temps de mettre un coup de balai à tout ça. Moi, je ne veux pas d'organisations islamistes en France, même si elles prennent le faux nez d'associations culturelles ou caritatives.
Derrière le travail social, on propage la haine ". Malek Boutih, lui, comme la plupart des Musulmans, premières victimes de l'islamisme, dont les meilleurs alliés sont des non-musulmans, ce qu'a montré del Valle dans ses études sur L'islamisme et les États-Unis, ne se trompe pas d'ennemis, lorsqu'il dénonce sans ambages la judéophobie islamiste, minimisée par Ternisien, et qualifie certain jeunes " beurs " de banlieue de "petits Le Pen de quartiers " ! Le Président d'SOS Racisme sera-t-il bientôt lui aussi accusé d'être "islamophobe"? Cela est à craindre, puisque certains Musulmans eux mêmes comme Taslima Nasjreen ou Salman Rushdie ont déjà été salis de la sorte en Occident parce qu'ils avaient " blasphémé " ou parce qu'ils avaient quitté la religion de leur naissance.
Que l'on soit en désaccord avec Alexandre Del Valle est une chose. Qu'on l'accuse d'islamophobie, de "racisme" anti-arabes" ou de "fascisme" est totalement inacceptable et honteux. Cette propension à la réductio ad hitlerum de toute personne ayant un avis critique sur l'islam, manifeste bel et bien le symptôme récurrent d'un délabrement intellectuel contagieux en France. Que ceux qui ne partagent pas ses idées ou qui sont choqués par le fait qu'il déclare la guerre à la police de la pensée d'extrême-gauche et aux totalitarismes rouge-brun-vert débattent avec lui plutôt que de recourir aux odieux procès d'intentions en " islamophobie ". Le débat intellectuel en sera rehaussé.
Les fatwas contre les libre-penseurs, les politiques de l'Autruche et les censures ne feront qu'aggraver un peu plus la situation de millions de Musulmans, victimes non seulement de l'islamo-terrorisme, mais de l'obscurantisme islamiste en général, que d'aucuns continuent à considérer, en Europe, à la suite de Foucault ou Franz Fanon, inspirateur de Khomeiny, comme une " heureuse spiritualité politique " ou un progressisme identitaire, une voie pour le tiers-monde. Le vrai racisme réside peut être dans cette conviction implicite selon laquelle " les Lumières, c'est pas pour eux "..
LETTRE AU QUOTIDIEN "LE MONDE":
Cher Monsieur,
Je ne peux qu'être effarée par l'article délateur (le terme torchon serait plus adéquat, car article fait encore référence à la profession de journaliste que vous déshonorez) publié ce week end sous le titre "le danger de l'islamophobie". J'ose espérer que les immondices qui y figurent et qui portent atteinte non seulement à la vie privée mais également à l'honneur d'un des rares intellectuels courageux de notre pays sont davantage le fruit d'une ignorance crasse que d'une réelle volonté de désinformer et partant de nuire. Attachée à la présomption d'innocence comme tout vrai démocrate, je vais donc brièvement m'attacher à combler vos lacunes criantes.
Vous faites référence à Claudio Mutti, éditeur italien des "Protocoles des sages de sion". Or vous devez savoir que ce nazi membre de la nouvelle droite italienne est un converti à l'Islam, sous le pseudonyme d'Omar Amin (le même pseudonyme que le tristement célèbre nazi Von Leers), et qu'il fait preuve du plus grand zèle dans la propagande islamiste. Après recherches, il s'avère que la conférence dont vous parlez a vu se côtoyer des néo nazis et des islamistes unis dans la même haine de l'Occident judéo chrétien et que ce jour-là, une seule personne, présente pour enquêter sur le terrain sur les liens des néo nazis et des islamistes, a osé dire "Non" faisant sienne l'expression dont les gens de votre espèce vous faites si souvent les hérauts "no pasaràn". Cette personne courageuse, qui déclencha un pugilat ou peu s'en faut, c'est un certain Guido Delvallée, aujourd'hui connu sous le nom d'Alexandre Del Valle.
Vous devriez également vous procurer les deux ouvrages précédents d'Alexandre Del Valle, dans lesquels il dénonce sans la moindre ambiguïtéles thèses de la Nouvelle droite, dans lesquels il dénonce le poison islamiste, dont vous vous faites le porte parole sous couvert d'antiracisme, et ses indéniables racines coraniques, soulignées également par Souheib Bencheick (encore un islamophobe raciste, lui aussi ?). Mais il est le premier à remarquer que les Musulmans sont les premières victimes de l'islamisme et qu'il faut les aider à réformer leur religion et à faire leur "Vatican II". Est-ce être islamophobe et raciste que de dénoncer les barbares du GIA ? ou d'appeler de ses voeux une réforme de l'Islam afin d'éviter aux assassins de justifier leurs crimes par des versets guerriers et sanguinaires du Coran ? N'est-ce pas plutôt faire montre de complaisance voire de complicité avec ces nouveaux totalitaires que sont les islamistes que de stigmatiser toute critique de l'islam comme raciste ? La laïcité, qui permet la critique des religions, ne serait-elle devenue qu'un voeu pieux en France ?
En outre, l'allusion judéophobe pointe son nez de manière à peine voilée. Vous dénoncez l'islamophobie de M. Del Valle pour ajouter que celle-ci lui vaut d'être régulièrement invité parmi la communauté juive. Vous vous faites ainsi l'écho de cette nouvelle judéophobie si pernicieuse, puisqu'elle s'abrite derrière la respectabilité de l'anti racisme, dénoncée par Pierre André Taguieff qui consiste à faire des juifs des racistes voire des nazis (sic). J'ose espérer que de tels propos, rappelant le déchaînement anti serbe, qui a valu au Monde d'être condamné en justice pour racisme anti serbe, ne resteront pas sans suite judiciaire.
La moindre des courtoisies serait d'offrir à Alexandre del Valle la possibilité de se défendre par un droit de réponse dans vos colonnes.
Dans cette attente, croyez, cher monsieur, à l'assurance de mes sentiments distingués et dévoués
(LETTRE SIGNEE)
Extrait de www.objectif-info.com
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30/04/2007
Islam, ovvero il culto della violenza e della morte
Non c’è stata e non ci sarà indignazione nella grande umma musulmana per il massacro dei cristiani di Malatya. Uccidere cristiani che si siano macchiati della colpa vergognosa di fare proselitismo, non solo non è reato, ma è cosa lecita e doverosa per la mentalità di molti musulmani, moltissimi, la maggioranza. La strage di Malatya, il rito abramitico blasfemo celebrato dagli assassini è solo un nuovo passo, l’ennesimo, di un inarrestabile progredire dello scisma musulmano che si è radicato in due versioni differenti nell’Islam sunnita con i salafiti-wahabiti e in quello sciita con i khomeinisti. Uno scisma basato sul culto della morte –i cinque assassini sgozzatori bramavano essi stessi il martirio e sono sicuramente delusi di non averlo meritato- a celebrare una liturgia oscena che riconosce il momento salvifico solo e unicamente nel sacrificio umano, di sé e degli infedeli.
In pieno ventunesimo secolo, la distorta modernità dell’Islam ripropone il sacrificio umano come momento centrale di una teologia dell’Apocalisse e riesce a farlo, nel disinteresse della umma musulmana, perché a quella la lega una perversa concezione dell’Islam quale “religione naturale” dell’uomo. I moderati musulmani di questo sono convinti: non solo che l’Islam sia l’unica vera religione –come è ovvio- ma anche e soprattutto che essa sia la “religione naturale” dell’uomo, per cui, chi tenta di distogliere il musulmano dalla sua fede infrange il diritto naturale, l’ordine naturale.
Questa follia teologica totalitaria non è solo patrimonio del fondamentalismo, ma anche dell’Islam "moderato" (che non esiste NDR), tanto che è stata elaborata e definita nella Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo che tutti i paesi musulmani hanno promulgato nel 1990, quale summa del pensiero politico delle più grandi menti teologico-giuridiche del mondo musulmano ufficiale, anche di regime, i “moderati” in prima fila.
Solo avendo presente questo scabroso retroterra religioso, si può capire perché allora la Turchia è divenuta cristianofobica, come ha denunciato nel 2005 il vescovo Farhat, nunzio apostolico ad Ankara, perché tanti cristiani vi vengono uccisi, perché i musulmani turchi e di tutto il mondo “moderato” non si indignano. La cristianofobia è sempre più di moda nel mondo musulmano, perché l’intero suo sistema di valori teologici nel secolo scorso è stato restaurato, dopo la caduta del Califfato, avendo come riferimento ibn Taymmyya, teologo del XIII secolo violentemente anticristiano e perché la società islamica non riesce a produrre secolarizzazione.
Basti pensare che la laica Algeria, il cui regime piace tanto chissà perché a Gad Lerner- ha varato una legge che punisce con 2 anni di prigione e 10.000 euro di multa chiunque faccia proselitismo presso i musulmani. Prova provata di come l’Islam rifiuti il confronto e punti all’egemonia basandosi sulla coercizione e sulla violenza, nella dimensione della “conversione con la spada”, denunciata da Benedetto XVI° a Ratisbona.
...
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29/04/2007
Immigrazione incontrollata ed incontrollabile: gli Unni, i Vandali ed i Saraceni sono di ritorno!
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Les images parlent pour elle
Céline a été relachée, certainement pour raisons politiques, par les bêtes de satan talibanes.
Cette fille dont la faute était d'avoir cherché à aider la population civile, et plus particulièrement les enfants, dans ce Pays cauchemardesque qu'est l'Afghanistan du "prophète" muhammad.
Après l'avoir enlevée, terrorisée, humiliée en tant que femme avec sa bâche sur la tête et autour du corps, on la laisse partir pour qu'elle explique clairement aux autorités françaises ce qui va se passer pour son compagnon et surtout ses amis afghans, comme cela a été le cas pour le kidnapping de Daniele Mastrogiacomo.
Pas d'ambiguité, pas de langue de bois: la cruauté, le mepris, la violence dont font preuve ces talibans immondes sont bien ceux qui sortent du message coranique!
20:35 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islamisation