19/01/2009
Manuale del perfetto antisemita
All’articolo uno del manuale del perfetto antisemita del XXI secolo c’è scritto: «Io non sono antisemita, io sono antisionista, i nuovi ebrei sono i palestinesi e perfino il mio più caro amico (amica, compagno di scuola, fidanzata) è ebreo/a». Il perfetto antisemita dice, come diceva Stalin quando lanciò la grande purga contro gli ebrei poco prima di morire: «L’antisemitismo è una barbarie nazifascista che noi respingiamo totalmente e con sdegno. Noi però condanniamo il cosmopolitismo». Il perfetto antisemita ha imparato che deve mostrare deferenza alle vittime di Auschwitz e subito dirà che Gaza è la nuova Auschwitz. Quando brucerà in piazza a Bologna o a Milano le bandiere con la stella di Davide, dirà a se stesso che è come se bruciasse la svastica di Hitler. Il perfetto antisemita indossa la kefiah palestinese a quadretti rossi e bianchi o a quadretti bianchi e neri. Il perfetto antisemita resterà indifferente e cambierà discorso se gli mostrate le foto dei militari di Hamas che marciano facendo il passo dell’oca e il saluto hitleriano.
Il perfetto antisemita ignora che il Gran Muftì di Gerusalemme era alleato del nazismo e chiedeva a Hitler di sradicare e uccidere tutti gli ebrei che vivevano in Palestina, questa regione inesistente, inventata dall’imperatore Adriano dopo l’espulsione della maggior parte degli ebrei dal loro regno,
Il cosmopolitismo come sinonimo di antisemitismo, caro a Stalin, era il nome che si usava prima dell’antisionismo per evitare di professarsi antisemita, odiatore e, in pectore, sterminatore di ebrei. Cosmopolita era Leon Bronstein, detto Trotskij, ed ebrei cosmopoliti erano i grandi padri della rivoluzione bolscevica fra cui Kamenev, Zinoviev, Sverdlov, Radek, Ioffe e Litvinov per la festa degli antisemiti di tutto il mondo i quali potevano scegliere fra i due grandi complotti ebraici da usare per giustificare il loro antisemitismo. Il primo complotto era quello degli ebrei alla guida della grande finanza e del capitalismo imperialista mondiale e il secondo quello degli ebrei alla guida del comunismo e della rivoluzione mondiale. A scelta.
I giovani e i meno giovani che si rovesciano nelle piazze in questi giorni per urlare il loro odio razzista e viscerale per Israele pensano di poter prendere piccole precauzioni, indossare il loro preservativo morale della premessa antifascista per poter esprimere ciò che le viscere più profonde comandano loro. Odio. Non critica, non preoccupazione, ma odio. Al loro fianco militano moltissimi ebrei che odiano Israele e la propria stessa identità ebraica. Questo è un altro problema dell’ebraismo: l’antisemitismo interno, una varietà di quello esterno, che invoca la negazione dell’identità per raccogliere l’applauso del nemico.
Un passo indietro. George Orwell, in genere citato soltanto per 1984 e per La fattoria degli animali descrisse la furia distruttiva, rabbiosa e violenta contro gli occidentali, quando Hitler attaccò la Polonia (subito imitato da Stalin, secondo accordi congiunti) e tutti i pacifisti francesi, inglesi e americani si rovesciarono come dementi per le strade reclamando «pace subito», e «no alla guerra», intendendo bloccare i governi dei propri Paesi impedendo che scendessero in guerra contro il nazismo. Quella gente orrenda raccontata da Orwell era la stessa, geneticamente la stessa, che oggi brucia le bandiere di Israele e vomita odio per gli ebrei, dicendo di essere «antisionista», per non ammettere di essere antisemita.
Quando ero in Medioriente negli anni Ottanta molti colleghi dei giornali di sinistra di cui non faccio il nome per pietà, raccontavano con successo barzellette antisemite ai palestinesi riscuotendo applausi a scena aperta. Un autorevole commentatore adorava la seguente barzelletta: «Sapete che differenza c’è fra un ebreo e una pizza napoletana? Ve la dico io: venti minuti di cottura al forno». Gli antisemiti confessi hanno sempre delle barzellette bonarie sullo sterminio del popolo ebraico. Sono come l’amico ebreo.
Quello che è successo e sta succedendo sulle piazze italiane è nelle foto e nei telegiornali, nei volti paonazzi, nelle mascherature. Lo stesso atto di bruciare una bandiera è un gesto simbolicamente genocida: esprime il desiderio di mettere al rogo un popolo, un’etnia.
E poi Santoro. Ciò che mancava alla nostra analisi della infernale e ben padroneggiata trasmissione era l’oggetto, lo scopo di Santoro. Che non era quello di fare propaganda, non era quello di sfornare una trasmissione giornalistica squilibrata dalla parte di Hamas, ma quello di promuovere la discesa in piazza. Lo si è capito quando ha troncato brutalmente la parola di chi, seguendo ciò che aveva detto poco prima di andarsene l’Annunziata, sosteneva la necessità di capire, ricondurre alla ragione. Ciò ha fatto saltare i nervi a Santoro: razionalizzare? Capire? Cercare di descrivere i motivi del conflitto? Ma per carità: tutta la trasmissione era indirizzata allo scopo di promuovere la discesa in piazza, la scena di esaltazione collettiva alla Orwell.
A costoro non importa nulla, ma proprio nulla, se nello statuto di Hamas si prescrive non già di uccidere ogni cittadino israeliano (e dunque sgozzare se possibile bambini, vecchi, donne) ma di uccidere «ogni ebreo» sulla faccia della terra. Non è una novità, ma è un dato di fatto che chi difende Hamas e Hezbollah, queste infernali creature iraniane non troppo diverse da quel che era Al Fatah fino ad Abu Mazen, compera in blocco tutto il pacchetto, compresa la prescrizione di assassinare ogni cittadino francese, italiano, americano, olandese e di non importa quale passaporto e bandiera, purché sia «ebreo».
La strategia di Hamas, come prima quella di Hezbollah, è stata sotto questo punto di vista perfetta. Sapendo di non poter competere militarmente, neanche nello scontro corpo a corpo, nel combattimento casa per casa, con le truppe israeliane, i dirigenti di questa organizzazione razzista e nazionalsocialista (un’antica tradizione araba, il nazismo) che è Hamas hanno dichiarato in pubblici comizi che abbiamo visto e ascoltato che alla diversa capacità bellica si deve supplire «con l’industria della morte: noi possiamo trasformare le nostre donne, i nostri bambini, i nostri vecchi, in morti. Loro lo sanno e ne sono felici, sono pronti al sacrificio, e noi dobbiamo farli morire come scudi umani, dobbiamo far sì che la loro morte diventi la nostra migliore arma». Questo è il passaggio cui l’Idf non ha saputo porre rimedio: non è bastato che gli uomini dell’Israeli Defence Forces telefonassero a ogni casa in cui era stata sistemata una rampa, prima di bombardarla. Hamas ha costretto la gente a morire e abbiamo anche visto i video in cui le donne urlano con tutta la loro forza e il loro odio la maledizione ad Hamas, non agli israeliani, per aver causato la morte dei loro bambini.
Ma per il mondo di Santoro tutto ciò è dettaglio un fastidioso dettaglio. L’industria della morte andava usata come carburante per rilanciare il vittimismo di chi ha scatenato la guerra con il lancio di migliaia di missili Grad, Qassam, katiushe e colpi di mortaio e attribuire agli israeliani, tutti, la patente di infami assassini.
Gli ebrei che indossano i panni che furono dei loro persecutori e che fanno dei palestinesi gli ebrei di oggi. Sono 40 anni che sentiamo questa litania. E i giovani, i ragazzi e le ragazze italiani che vedono in televisione carri armati da una parte e bambini morti dall’altra, tutte le anime semplici e anche quelle furbe, da che parte volete che siano? Ma naturalmente dalla parte delle apparenti vittime, che poi sono le vere vittime della violenza subita all’interno di una criminale scelta propagandistica.
Pochi sanno che molti ebrei ex combattenti e spesso eroi della prima guerra mondiale furono fascisti e camerati di Mussolini, il quale aveva un’ebrea come fidanzata fissa, la Sarfatti. Alcuni di quegli ebrei si suicidarono per lo schifo e la vergogna delle leggi razziali del 1938. Ma perfino sotto il fascismo e malgrado moltissime enormi infamie (la razzia del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, con partecipazione di delatori fascisti) l’Italia aveva evitato la piaga dell’antisemitismo di massa, corale, quello da «notte dei cristalli».
Oggi siamo al boicottaggio dei negozi degli ebrei, all’alleanza con chi vuole la morte degli ebrei di ogni età, sesso e condizione. E questa massa violenta, stracciona, ignorante, con la bava alla bocca, agitata da capipopolo mediatici e no, che ne fanno uso per la propria protezione dei propri missili, è oggi lanciata sulle strade e le piazze italiane. Per carità, non ditegli che sono emuli di Himmler, seguaci di Goebbels, si offenderanno. Ditegli invece che difendono le buone ragioni dei nuovi ebrei, quelli che legano le donne e i bambini ai loro cannoni per farne carne da televisione e vincere sul piano politico e mediatico le guerre che non sanno combattere sul terreno.
Paolo Guzzanti su www.ilgiornale.it
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L' Europa (Eurabia) non e' degna del Giorno della Memoria
NEW YORK - «Concordo pienamente con la decisione spagnola di annullare la commemorazione pubblica delle vittime dell'Olocausto. Ovviamente per motivi ben diversi dai loro. E anzi invito i governi europei ad abrogare il Giorno della Memoria perché non ne sono degni e perché, ancora una volta, mostrano d'essere dalla parte di chi commise la Shoah». È tremula e piena d'angoscia la voce di Cynthia Ozick, la scrittrice statunitense autrice di capolavori della letteratura ebraica moderna quali Lo scialle, Il Rabbino pagano e Il Messia di Stoccolma. «Sono profondamente disperata — spiega —. Alcune settimane fa pensavo d'essere ripiombata nel 1933. Mi sbagliavo: è di nuovo il 1938: una nuova Kristallnacht (la Notte dei Cristalli ndr)».
Che cosa intende dire?
«L'Europa ha riesumato la condanna del sangue: una tradizione antisemita iniziata nel Medioevo che accusa gli ebrei-demoni d'omicidio. L'antisemitismo è riesploso nel mondo islamico e l'Europa vi si è aggregata come un'orda di lupi. Oggi tutto il mondo è un lupo che abbaia. Ma se l'ultima volta che gli ebrei erano impotenti e indifesi nessuno ha mosso un dito, oggi, grazie a Dio, hanno le armi».
Molti accusano Israele di usarle per compiere un genocidio.
«Come si può usare la parole genocidio per descrivere l'autodifesa di un popolo contro un gruppo che dichiara apertamente di volerlo annientare? Per otto anni Israele ha porto l'altra guancia di fronte alla pioggia di migliaia di missili: è il momento di reagire».
Israele sta perdendo la guerra dei media.
«Le foto dei civili palestinesi sono orribili, proprio come quelle dei tedeschi che nel 1945 vagavano tra le macerie di una Berlino distrutta, in cerca di qualcosa da mangiare. La responsabilità dietro le immagini è la stessa».
Però le foto delle vittime nella scuola delle Nazioni Unite bombardata a Gaza non aiutano la causa di Israele.
«Scuole ed ospedali di Gaza sono pieni di trappole esplosive. Esistono foto che documentano lancia-razzi sul tetto e miliziani di Hamas che trascinano i loro figli per usarli come scudi umani. Vergogna all'Europa, che chiude gli occhi di fronte alla crociata genocida di Hamas e all'empietà con cui tormenta il suo popolo, tenendolo ostaggio e usandolo come riparo alla propria spietata codardia».
E la sproporzione fra i morti palestinesi e quelli israeliani?
«Esiste perché Israele tiene i suoi civili nascosti nei rifugi, dove i bambini ebrei sono ormai di casa da otto anni. A Gaza i terroristi di Hamas si rifiutano di costruire rifugi, circondandosi al contrario di mogli, madri e bambini per lanciare i loro razzi dal focolare domestico. Spesso costringendoli a missioni suicide. Hamas viola il principio base della legge internazionale, che richiede ai combattenti d'indossare un'uniforme».
Anche la stampa statunitense sta diventando anti-israeliana?
«È colpa della sinistra radicale: i cuori che dovrebbero pulsare di compassione progressista si sono alleati ai jihadisti. Ma in America il fenomeno è minore rispetto all'Europa. Anche il New York Times si è svegliato per denunciare, tardi, l'uso dei civili come scudi umani».
Che cosa c'è dietro questa ondata di antisemitismo?
«Lo chiamano l'odio più antico. E comunque la domanda andrebbe posta agli antisemiti, non ad un ebreo. Penso che l'Europa stia sfogando gli effetti della propria colpa, incriminando Israele e il popolo ebraico per i misfatti da lei stessa commessi. L'Europa dice: "Come potete chiamarci colpevoli quando voi stessi lo siete"?».
L'obbiettivo?
«Cancellare la propria responsabilità rispetto all'Olocausto. Questa è la psicologia che anima gli europei ed è per questo che bisogna annullare il Giorno della Memoria, che il vecchio continente ha irrimediabilmente imbrattato di fango».
Cosa dovrebbe fare adesso Israele?
«Deve continuare a fare ciò che sta facendo. È una vergogna che il mondo rimproveri agli ebrei di non essere indifesi e di parlare come nazione sovrana. Se Gaza avesse interrotto la pioggia di razzi oggi non ci sarebbe questa guerra. A Gaza c'è stata un'elezione democratica dove adulti pensanti hanno liberamente eletto Hamas, diventando complici consapevoli delle sue mire genocide sul popolo di Israele».
Come andrà a finire?
«Sono pessimista di fronte a un mondo capovolto che mostra compassione soltanto per gli assassini. Oggi le vittime sono diventate carnefici e viceversa, e se la giuria del mondo è tanto confusa, sarà la fine stessa della civiltà».
Alessandra Farkas
19 gennaio 2009 www.corriere.it
19:19 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islam, islamisation, israel, christianisme, laicité, mpf, ump
16/01/2009
L'islam invade Milano e Bologna
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18:54 | Lien permanent | Commentaires (0)
Hamas, une metastase du cancer islamiste
Actualité oblige il faut essayer de comprendre ce qui se passe à Gaza (ou à cause de Gaza) car les tombereaux de reproches, insultes, accusations, non-dits qui se déversent sur Israël depuis quelques jours ne font que créer des confusions malheureuses. Certes on est habitué à ce que la presse française (mais pas seulement) se déchaine contre Israël, mais cette fois-ci c’est différent. En quoi ?
Gaza : un territoire deux fois plus grand que celui de la Seine-Saint-Denis avec une population équivalente (1,5 million environ) dispose de 70.000 fonctionnaires et de 80.000 policiers : des chiffres ahurissants, non pas en comparaison avec le «9-3» mais avec n’importe quel pays. De plus, une armée évaluée à 17.000 hommes équipée et instruite par les iraniens et disposant d’un armement varié parmi lequel des fusées «artisanales» ou industrielles par milliers. Comment en est-on arrivé là ?
En 2005 Israël a évacué ce territoire conquis sur l’Egypte en 1967 et qui n’a pas voulu le récupérer en 1977 quand les deux pays ont fait la paix, alors qu’Israël lui rendait le Sinaï dans sa totalité. Ensuite, on a «permis» par voie démocratique, imposée par les Etats-Unis, l’arrivée au pouvoir du Hamas qui depuis belle lurette est considéré par l’Occident entier, ou presque, comme organisation terroriste. Puis, par un coup de force d’une grande férocité, le Hamas a expulsé du territoire tout ce qu’il y avait comme structures du Fatah,(clic pour voir les nazislamistes au travail NDR) parti principal de l’OLP (cela vaut la peine de se souvenir qu’il s’agit de l’Organisation de Libération de la Palestine qui s’est toujours et encore proposée de faire disparaître Israël)… Depuis 2006 on se retrouve avec un «peuple», deux gouvernements (un à Gaza, l’autre de Mahmoud Abbas à Ramallah en Cisjordanie) et pas d’état… Pauvres palestiniens, vu le sort qu’ils se sont choisi, il faut les aider et, l’Europe en particulier, utilise une bonne partie de ses ressources pour atténuer les souffrances de cette population, tout en demandant à Israël qui est considéré par d’aucuns comme puissance occupante, d’assurer une vie «normale» à une population qui ne l’est pas.
Le Hamas se fiche comme d’une guigne du bien être de la population. Pour sa subsistance, l’UNRWA, créée après la guerre de 1948 pour aider 650.000 réfugiés à retrouver une vie normale et qui, maintenant, s’occupe de plusieurs millions, et les aides «humanitaires» y pourvoiront. Pour l’eau, le combustible, l’électricité, Israël fera le nécessaire car considéré, toujours, comme puissance occupante. Pour les armes et les munitions, l’Iran directement ou via la Syrie, assure ce qu’il faut avec la complicité tacite de l’Egypte. Le Hamas peut donc concentrer ses activités dans deux domaines essentiellement : les relations publiques et le tir de fusées. Relations publiques ? Souvenez-vous de Gaza à la lumière des chandelles pour montrer qu’il n’y avait plus de combustible pour faire tourner les centrales électriques. Souvenez-vous des mises en scène (certaines avec l’aide de «journalistes» occidentaux) pour montrer les morts des "frappes indiscriminées" israéliennes (dont certains se relevaient des brancards pour vaquer à d’autres occupations). Regardez les «images» tournées par les palestiniens et diffusées en boucle depuis samedi, toutes faites pour montrer la «barbarie sioniste» (dixit Ahmadinejad) et toutes reprises par les télévisions françaises, anglaises ou allemandes en oubliant leur source.
Que le Hamas ait voulu transformer ce territoire en mini état taliban, personne n’en doute. Son parlement vient de passer une loi permettant aux tribunaux de rendre des sentences dans l'esprit de l'Islam (Al-Hayat, Londres). Selon cette loi, les tribunaux pourront condamner les délinquants à une pléthore de mesures punitives violentes. Elles incluent la flagellation, l’amputation de mains, la crucifixion et la pendaison. La loi réserve la peine de mort à des personnes qui négocieraient avec un gouvernement étranger «à l’encontre de l'intérêt palestinien» ou se livreraient à une activité qui pourrait «saper le moral palestinien». De plus, tout Palestinien pris en train de boire ou vendre du vin sera puni de 40 coups de fouet quand la loi sera promulguée, tandis que les voleurs pris en flagrant délit verront leur main droite coupée. On peut toujours attendre les protestations des gauches françaises convaincues qu’elles sont que les palestiniens sont humiliés par Israël, pays diabolisé comme les Etats-Unis mais qui n’a pas élu son Obama pour tenter vainement de se faire aimer.
Le fond de commerce du Hamas tient en deux mots : détruire Israël. Depuis l’évacuation du territoire en 2005 Israël a vu s’abattre sur le Sud de son territoire des milliers de fusées. De quelques unes par jour jusqu’à presqu’une centaine la semaine dernière. Devenue l’activité principale, elle s’alimente via des tunnels aboutissant en Egypte qui assurent un flux continu d’armes ou munitions.
Gaza a une frontière, hermétiquement fermée, avec l’Egypte. Ce pays ne veut pas l’ouvrir (ou seulement de temps à autre) car elle aurait dû être gérée et contrôlée par l’Autorité Palestinienne et des observateurs européens. Le coup de force du Hamas a fait déguerpir et les uns et les autres. Un premier paradoxe est visible : le Hamas a intérêt à avoir la frontière avec l’Egypte ouverte pour faire entrer plus facilement des armes et des munitions. Israël a intérêt à ce que l’Egypte tienne ouverte cette frontière car, ainsi, il sera encore plus visible qu’il n’occupe plus Gaza et souligner encore plus fortement que les tirs de fusées de Gaza sur le territoire israélien n’ont rien à voir avec une quelconque «occupation». En revanche, l’Egypte n’a aucun intérêt (bien au contraire) à garder la frontière ouverte : elle deviendrait partie prenante de ce qui se passe à Gaza, laisserait des «barbus» entrer pour faire alliance avec les Frères Musulmans (dont le Hamas est une branche) et perdrait un moyen de faire saigner, en permanence, Israël tout en lui laissant le mauvais rôle sur le plan international.
Pendant quelques jours, la semaine dernière, la presse française (essentiellement) se fondant sur des dépêches de l’AFP (Agence France–Palestine ?) nous abreuvait de nouvelles venant de Gaza : le Hamas a mis fin à une trêve de six mois pendant laquelle il n’a tiré «que» 300 fusées sur le Sud d’Israël. La condition d’un retour à la trêve était, tenez-vous bien, l’ouverture du point de passage de Rafah sur la frontière égyptienne… Et Comme les égyptiens firent la sourde oreille, le Hamas et ses partenaires tirèrent le jour de Noël, 87 fusées et obus de mortier en moins de 24 heures sur Israël qui fit savoir, urbi et orbi, que si cela ne cessait pas elle se ferait justice toute seule.
Voilà un deuxième paradoxe. Selon Al-Hayat de Londres, «Les «modérés» du monde arabe, non seulement s’attendaient mais souhaitaient un coup d'Israël contre le leadership du Hamas, y compris contre son infrastructure organisationnelle, militaire et civile. Face au calme qui a prévalu jusqu’ici et devant la reprise du tir de fusées, les Arabes sont mal à l'aise de voir le Hamas créer un équilibre de la terreur vis-à-vis d'Israël». Le Hamas, fort de sa conviction qu’Israël ne ferait rien, fort de sa conviction (justifiée) de pouvoir gagner la «guerre des images» vu que son adversaire était Israël, fanfaronnait et n’a suivi ni les souhaits de l’Egypte, ni les mises en garde de des frères de Ramallah.
Ce qui devait arriver est arrivé… c’était écrit sur les murs…
Samedi dernier, 110 avions ont détruit en un seul passage de 3 minutes 97% des plus de 100 cibles qui leur étaient assignées. Toutes les infrastructures militaires, de communication et de commandement du Hamas ont été pulvérisées ainsi que l’essentiel des «usines» de fabrication de fusées «artisanales» et leurs dépôts de stockage. On sent là la «patte» d’Ehud Barak, celui qui a conçu l’action «Entebbé» ou des incursions inimaginables à Beyrouth du temps où les terroristes d’Arafat avaient transformé le Liban en territoire sous leur coupe. Plus de 300 «activistes» ou «militants» ou «combattants» du Hamas tués qui sont probablement en train de réfléchir maintenant sur l’ineptie de leur organisation dans les bras de vierges aux yeux noirs du paradis des terroristes musulmans. Des officiels palestiniens assurent que la plupart des morts sont des membres des services de sécurité du Hamas, y compris plusieurs commandants de rang supérieur. Il y aurait aussi des victimes civiles… Si des civils sont morts il faut se souvenir que, d’un côté, le Hamas construit ses infrastructures militaires dans le centre des villes (comme le Hezbollah au Liban), et que de l’autre, le «peuple palestinien» a bien voté pour eux et pour leur programme de destruction d’Israël. De plus, un civil dans le jardin duquel on installe, moyennant finances, un lanceur de Qassam n’est plus vraiment un civil…
C’est donc la guerre. Le Général Sherman, pendant la guerre de sécession disait "La guerre est la cruauté. Il ne sert à rien de tenter de l'adoucir. Plus elle est cruelle, plus tôt elle sera terminée. Toute tentative visant à faire la guerre facile et sans pertes, se traduira par l'humiliation et la catastrophe".
Puisque c’est la guerre, puisque le Hamas n’a pas voulu arrêter «les attaques à la roquette visant à tuer des civils israéliens» (dixit Tony Blair, envoyé du «Quartette» au Proche-Orient), Israël l’a fait avec deux objectifs précis : détruire les infrastructures du Hamas et obtenir le calme pour ses citoyens, en utilisant la puissance maximum qu’elle considère nécessaire pour cela. Et c’est là où les choses se compliquent.
D’un côté, le Hamas et ses alliés un peu partout dans le monde parlent de «massacre» et dirigent le chœur des idiots utiles d’Europe surtout (car la «rue arabe» lui est acquise) pour obtenir la «condamnation de l’agression barbare d’Israël». Pourtant, le Ministre égyptien des Affaires Etrangères, en conférence de presse, déclare «L'Egypte a longtemps mis en garde que celui qui refuse de comprendre les avertissements doit prendre ses responsabilités». Naturellement, l’Egypte est accusée par le Hamas de collusion avec Israël.
Et voilà notre président qui sort de l’armoire du Quai d’Orsay la vieille et éculée antienne de «la force disproportionnée». Ce qui ne semble pas compris c’est la vraie nature de la guerre. On peut tourner «autour du pot» autant que l’on veut mais, à la fin, la vraie question reste posée en termes clairs : si l’on est menacé de mort, a-t-on le droit de choisir ses armes ? Il semblerait que tout ce que l’on a trouvé de nouveau pour diaboliser Israël se lie à l’utilisation d’une force "disproportionnée" pour vaincre le Hamas. Certes, les prédicateurs faisant usage de ce concept ont le droit de considérer que le nombre de fusées ou obus de mortier tirés par le Hamas (et ses acolytes) depuis 2005 était proportionnel au mal que ce dernier voulait infliger à Israël. Mais, depuis que des conflits militaires existent, la capacité d’un protagoniste d’infliger un maximum de pertes à l’autre, tout en souffrant un minimum, est une des lois écrites ou non écrites (Sun Tzu). Appliquée au conflit avec le Hamas cette loi ne peut conduire qu’à poser une question simple : pour que sa réponse soit proportionnelle Israël aurait-il dû utiliser des fusées artisanales tirées sur les agglomérations civiles de Gaza ? Et si ce pays ne dispose que de fusées perfectionnées, à quel nombre aurait-il eu droit ?
Bien sûr, on peut dire avec Libération (Laurent Joffrin, d’habitude plus circonspect quand il s’agit de dire des idioties…) que le raid israélien est «cruel et disproportionné». Mais ajouter un adjectif n’est pas innocent car on passe du registre rationnel (proportion/disproportion, donc quelque chose de mesurable) au registre affectif, celui qui s’adresse non pas au cerveau du lecteur mais à ses sentiments. Comme cela, sans le dire, on diabolise encore mieux Israël.
En réalité, ceux qui parlent de «disproportion», pas seulement ses détracteurs mais aussi certains qui assurent être ses amis, veulent qu’Israël reste sans rien faire pendant que ses populations sont bombardées. Si au moins ils disaient à quoi il faut être«proportionnel» quand on a affaire à 1 million d’habitants d’un territoire qui s’est choisi comme dirigeant une organisation terroriste dont la raison d’être, clairement énoncée, est la volonté de vous détruire… Ne pas les prendre au sérieux ? Qui le ferait pour soi-même ?
En dénonçant la trêve qui durait depuis six mois, en refusant à l’Egypte d’en renégocier une nouvelle, le Hamas a menacé Israël de «tirer des milliers de fusées contre les villes d’Ashdod ou Beersheva». Les deux dirigeants principaux de cette organisation terroriste (Hanyeh et Zahar) disaient que, si nécessaire, ils seraient «honorés de joindre le train des martyrs palestiniens». Remarquons, en passant, que pour l’instant ils se terrent Dieu sait où à Gaza tandis que leurs troupes se font décimer par les bombardements israéliens.
Pourquoi le Hamas s’est-il comporté d’une manière tellement irresponsable vis-à-vis de ses propres intérêts ? La réponse n’est pas simple mais elle tient d’un côté à son assurance selon laquelle Israël ne devait rien faire et parce qu’il sait d’expérience que si Israël fait quelque chose, le monde entier se retrouvera solidaire des «frères palestiniens», en oubliant qu’il s’agit de gens qui supportent et aident les terroristes. Et, cerise sur le gâteau, l’Iran, le Hezbollah (donc le Liban) et la Syrie sont là pour l’aider.
Le Hamas se retrouve seul : le Hezbollah (chat échaudé craint l’eau froide) dit qu’il ne prendra pas les armes contre Israël et l’Iran ne fait qu’annoncer l’ouverture d’un registre appelant des volontaires à s'inscrire et à se mobiliser «pour combattre les sionistes et venger la mort des 318 hommes du Hamas tués dans cette opération». Cette nouvelle est utile : à la différence des télés et radios occidentales qui reprennent, sans vérification aucune, les chiffres des morts et des blessés donnés par le Hamas et laissant croire qu’il s’agit de civils, l’Iran reconnaît que les morts sont des hommes du Hamas. Bien sûr il y a des dizaines de civils touchés : dans toutes opérations militaires (Irak, Afghanistan, Pakistan, etc.) on constate un ratio de victimes collatérales de l’ordre de 10 %. La différence entre Israël et le Hamas vient du fait que le Hamas tire ses fusées contre des populations civiles tandis que l’armée d’Israël doit faire face à quelqu’un qui utilise son propre peuple comme bouclier humain… Et, naturellement, toute bavure israélienne contribue à la campagne de relations publiques du Hamas facilitée par la «compréhension» des médias occidentaux et qui se rattache, en réalité, à une campagne de propagande soutenue par des fonds essentiellement européens. La Norvège, la Suisse, la Communauté Européenne supportent avec des millions d’euros une nébuleuse d’organisations non gouvernementales dont l’objet social, n’est rien d’autre que la diabolisation d’Israël et le terrorisme.
Comme par hasard, le dernier «idiot utile» en date (mais il a fait la même chose avec Arafat), Marek Halter, légitime Khaled Mashaal, le chef du Hamas, en le laissant dire (Le Figaro, se devait d’être complice de cette grande action) «à la place de Shalit, on aurait pu prendre des otages civils, mais comme on est en guerre, on a pris un soldat. Quant à un affrontement à Gaza, cela ne m’effraie pas, au contraire». Bon, c’était avant samedi. Depuis, et bien que la rupture de la trêve lui soit attribuée, il est prêt à en accepter une nouvelle pour laquelle Marek Halter se mobilise déjà… Poser la question «qu’avez-vous fait de Gaza depuis trois ans, depuis qu’Israël s’est retiré ? Qu’avez-vous fait des milliards de dollars que la communauté internationale et surtout l’Europe vous a consenti ?» n’est pas venu à l’esprit de ce grand donneur de leçons. Comme il n’a pas eu l’idée de vomir sur ce terroriste quand il a déclaré «il n'y a pas d'alternative aux attentats suicide, c'est ce qui aidera à protéger la bande de Gaza et la Cisjordanie».http://www.lefigaro.fr/debats/2008/12/29/01005-20081229AR...
La disproportion érigée au rang de dogme pour accepter ou pas une légitime défense ne suffisant pas, on ajoute «il n’y a pas de solution militaire à Gaza». Il n’y aurait donc jamais de solution militaire. Comme pour l’Iran, tant qu’on n’aura pas le courage de reconnaître la complicité de l’Occident à la marche de ce pays vers la bombe.
Mais Gaza ? Un territoire gouverné (avec l’assentiment enthousiaste de ses habitants) par une organisation terroriste et qui a devant lui l’armée israélienne dont les victoires militaires sont nombreuses, la mer et enfin l’Egypte qui, minée par une surpopulation galopante et une crise économique sans précédent, doit se défendre de la mère du Hamas, les Frères Musulmans. C’est dire que, n’en déplaise à tous les «apaiseurs» en rond, il y a une solution militaire certainement, au moins temporaire : la destruction des infrastructures militaires, organisationnelles et sociétales du Hamas. C’est ce qui est en train de se faire à Gaza. Ne pas le croire, ne pas le faire serait se plier à la volonté de ceux qui veulent vous détruire. Ce n’est pas le cas d’Israël, ses ennemis le savent, ses amis devraient s’en souvenir avant de lui demander de se suicider en chantant…
Les jours qui viennent, nous apprendrons que le temps où Jésus, un juif qui a réussi au delà de tout espoir, prêchait «tendre l’autre joue», est révolu depuis longtemps. On est toujours obligé de suivre la loi du Talion. Nonobstant la volonté de l’Europe d’apaiser l’ogre islamiste et la propension générale des élites bien pensantes à diaboliser Israël pour mieux le délégitimer, quelque chose est en train de se passer à l’échelon mondial. Une certaine révulsion contre la terreur islamique, certes pour l’instant quand il s’agit de ce qui se passe en Indonésie, en Thaïlande ou à Bombay, commence à se manifester avec de plus en plus de vigueur. L’espoir n’est pas perdu, qu’un jour les assassinats suicides, les actions terroristes de tout poil, les tirs de fusées, fussent-elles «artisanales», tout ce dont Israël a bénéficié en premier avant le reste du monde, soit considéré comme l’expression de la barbarie islamiste qui ne se justifie par rien d’autre que la volonté de détruire ceux qui ne sont pas les adeptes du prophète… Et qui sait, à partir de là (mais cela a commencé déjà) le monde entier commencera à se détacher de la «cause palestinienne».
Quant au Hamas, «Nous croyons à la mort, dit-il, tandis que vous croyez à la vie». Parfois on obtient ce que l’on souhaite (Barry Rubin). C’est le cas aujourd’hui à Gaza, ils ne devraient pas s’en plaindre.
La France, assurant encore deux jours la présidence de l’Europe, a convoqué à Paris les ministres des affaires étrangères des 27. Tandis que les pays arabes, eux, ont quelques difficultés à se mettre d’accord sur la tenue d’une réunion pour condamner d’une seule voix Israël. Ils devaient se rencontrer en urgence mais ils ne le feront que le 2 janvier. Comment ? Faire attendre les frères palestiniens encore trois jours ? Cela ressemble à la volonté de laisser Israël casser le Hamas autant que faire se peut, non ? Et pour que l’on ne se trompe pas, Monsieur Moubarak explique à l’Europe que ceux qui tirent les ficelles sont l’Iran et la Syrie et que l’Europe a tort d’accorder le bénéfice du doute à ces derniers.
Sans doute on reparlera de «disproportion» et de la «nécessité du dialogue». En sortant de réunion, Bernard Kouchner a menti doublement en parlant de «catastrophe humanitaire» et en travestissant le communiqué officiel qui parlait d’une «trêve permanente respectée de tous» en disant «une trêve de 48 heures», ajoutant «j’ai vu des trêves de 48 heures qui ont tenu longuement et des trêves supposées longues qui n’ont pas tenu 48 heures». Pourquoi ? Pourquoi la France veut-elle sauver le Hamas comme jadis elle a sauvé Arafat en l’évacuant avec armes et bagages de Beyrouth à Tunis ?
© Marin Birnbaum pour LibertyVox
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08/01/2009
Apitoyons-nous sur le Hamas!
Les chrétiens chassés de Bethléem
de Fiamma Nirenstein traduction de l’Italien par Bivouac-id.
«L’Europe doit comprendre deux choses et se décider à réagir : le monde palestinien risque de perdre ses derniers chrétiens, la force duHamas nous met beaucoup plus en danger qu’auparavant et nous n’étions certainement pas dans une situation enviable ; en second lieu, et que les gens de bonne volonté ne prennent pas peur comme d’habitude, le nouveau patriarche latin nous donne une force nouvelle. »
Malgré tout il nous a fallu plusieurs jours pour trouver quelques chrétiensdisposés à nous raconter l’angoisse deschrétiens palestiniens et tout spécialement de ceux de Bethléem.
A la veille de la fête par excellence de cette communauté, celle de la naissance de Jésus, sur le seuil de l’église de la Nativité, là où les pèlerins descendent avec émotion dans la grotte, tous sont conscients que le futur pourrait être beaucoup plus sombre, sur la place, comme toujours il y a un arbre de Noël et on prépare la traditionnelle messe solennelle, mais dans la ville qui a vu naître le Christ, les chrétiens ne représentent plus que 20 % de la population totale alors qu’en 1990 ils y étaient 90 %. ( Cette année, ) Ramallah et El Bireh, toujours en Judée-Samarie, ont été la cible d’attentats et de nos jours, Gaza vit constamment sous la menace continue d’assassinats et d’attaques à l’explosif de la part des organisations extrémistes islamiques qui y détiennent le pouvoir, le Hamaset à ses côtés la Jihad islamique ainsi que les groupes salafistes Jaish al Islam et Jaish al Umma.
Les chrétiens dans la bande de Gaza sont à peu près 3000 et une campagne de violence sans précédent les frappe. Après de nombreuses explosions à la Librairie de la Société Biblique Palestinienne, son propriétaire, Rami Khader Ayyad a été kidnappé pour être ensuite assassiné en octobre de l’année dernière. Maintenant cette année, les attaques à la bombe ont visé les écoles des Soeurs et justement il y a deux semaines la grille d’entrée protégeant l’accès de l’École du Rosaire, dirigée par les religieuses, a sauté. « Voyez-vous » me dit un ami « même si formellement il se déclare contraire à la violence, le gouvernement du Hamas est fanatiquement islamique, ça veut dire qu’il suit la norme théocratique d’imposer le choix de la conversion forcée ou de la réduction au statut de dhimmi des chrétiens et qui en fait des citoyens de seconde catégorie.»
Je parle à une femme et elle me raconte: « Si le 9 janvier, quand prendra fin le mandant de Abu Mazen, le Hamas réussissait à surpasser le Fatah en Cisjordanie, alors nos conditions de vie, qui sont déjà suffisamment difficiles, empireraient, par exemple, pour le port des vêtement occidentaux, pour le travail dans un milieu mixte hommes et femmes et pour le simple fait d’être chrétiens ; il y aura les lois pour l’habillement musulman “pudique” ou “modeste” ( chose qui préoccupe tout autant mes amies musulmanes) ensuite viendra la ségrégation des sexes depuis la petite enfance et pour finir les lois sur “l’honneur”. Essayez d’imaginer l’effet que cela aura sur le tourisme des femmes chrétiennes. Essayer de penser ce que ce sera, pour les pèlerins se rendant à Bethléem, de voyager là où les lois alimentaires musulmanes seront de rigueur et où l’alcool sera défendu . Le Hamas est fort, même en Cisjordanie; si son pouvoir s’installe aussi chez nous, je prévois une forte émigration.»
Cette amie n’a pas oublié quand deux jeune filles, au début de la vingtaine, furent tuées, dans le quartier chrétien de Beith Jalla, pour des “raisons d’honneur”. Elle se rappelle même que l’autopsie, pour unir le ridicule à l’horreur du geste, prouva qu’elles étaient vierges. Un jeune commerçant nous fait remarquer qu’un phénomène abject a été la confiscation, déguisée en acquisition ou en cession, de terres de palestiniens chrétiens, le tout étant approuvé par les autorités au moyen de faux documents. « Si la version officielle parle toujours d’harmonie et de solidarité,» ajoute-t-il « et même si le maire de Bethléem est chrétien, la vérité est qu’ils ont volé certaines de nos propriétés. Et on s’est tu par peur. À un de mes amis qui revendiquait son terrain, les nouveaux propriétaires, dont parmi eux un gros bonnet de l’Autorité Palestinienne , lui répondirent en montrant un revolver : «Voilà notre titre de propriété».
Maintenant, malgré tout, il y a de nouveau un peu d’espoir. Abu Mazen a promulgué une recension précise avec arpentage des propriété depuis Ramallah jusqu’à Bethléem., et a déclaré l’urgence de cette mesure.
« Je crois» raconte un chrétien qui parle pourtant à fenêtres et portes closes «que l’effet de la nomination et de l’attitude du nouveau Patriarche, Fouad Twal, se fait sentir, c’est un prêtre oecuménique et un diplomate formé au Vatican.» Il y a trois semaines mgr Twal est apparu à l’écran d’une télévision privée et a déclaré:
« Nous les Chrétiens, nous ne sommes pas aussi faibles comme vous vous l’imaginez, les agressions doivent cesser et le monde entier a les yeux sur nous parce qu’ici c’est la Terre Sainte.» « Ce prêtre» continue notre interlocuteur « a la prudence d’un diplomate, mais aussi une orientation apostolique, c’est un patriote parce que les Israéliens nous créent des problèmes avec la barrière de sécurité, les check points et les permis, mais l’islamisme nous vexe pour des motifs religieux. Twal ne veut pas que son troupeau soit dispersé et humilié et encore moins le voir disparaître. Nous nous sommes établis ici sept siècles avant eux et nous ne devons pas souffrir d’un complexe d’infériorité.» « Nous sommes écrasés socialement et jusqu’à maintenant nous n’avions que le droit de nous taire. Maintenant ça suffit , nous devons nous faire respecter. Aidez-nous. Ou préférez-vous une ville de Bethléem sans aucun chrétien? »
Source : Il legno storto sur bivouac-id
21:19 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islam, islamisation, musulman, christianisme, laicité, mpf, ump
07/12/2008
Martine Aubry, soit le féminisme au pouvoir!
En consultant la biographie de Martine Aubry,
la nouvelle secrétaire générale du PS, on apprend qu'elle est l'épouse de l'avocat
Jean- Louis BROCHEN surnommé "l'avocat des islamistes" !!!
Défenseur depuis plus de 20 ans de ces fanatiques pseudo-réligieux et des lycéennes voilées,
d'où à Lille la création de piscines réservées aux femmes (musulmanes) !!
Concernant une "laïque" théoriquement attachée aux droits des
femmes, je ne comprends pas cette union et suis assez inquiet pour l'avenir si, contre toute logique, elle était candidate aux présidentielles...
Les Français sont tellement aveugles ...
Bien sûr, on n'a jamais entendu parler de ce mariage dans la presse,
puisqu'elle a gardé le nom de son premier mari...
A faire savoir à un maximum de personne...
09:46 | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : islam, islamisation, mpf, ump, ps, laicité
30/11/2008
A propos de l'idéologie du Pédophile Satanique
Voltaire - Le Fanatisme ou Mahomet le prophète
"Imposteur a la Mecque, et prophète a Médine
Il sait faire adorer a trente nations
Tous ces mêmes forfaits qu`ici nous détestons".
Tocqueville sur l`Islam
22 octobre 1843:
«… J’ai beaucoup étudié le Coran à cause surtout de notre position vis-à-vis des populations musulmanes en Algérie et dans tout l’Orient. Je vous avoue que je suis sorti de cette étude avec la conviction qu’il y avait eu dans le monde, à tout prendre, peu de religions aussi funestes aux hommes que celle de Mahomet. Elle est, à mon sens, la principale cause de la décadence aujourd’hui si visible du monde musulman et quoique moins absurde que le polythéisme antique, ses tendances sociales et politiques étant, à mon avis, infiniment plus à redouter, je la regarde relativement au paganisme lui-même comme une décadence plutôt que comme un progrès…
Chateaubriand
"Tous les éléments de la morale et de la société politique sont au fond du christianisme, tous les germes de la destruction sociale sont dans la religion de Mahomet.”
Ces grands hommes savaient dire la vérité - Pas les petits hommes qui dominent dans les médias et la politique actuellement!
EXTRAIT DU FORUM DE BIVOUAC-ID
17:55 | Lien permanent | Commentaires (0)
19/11/2008
Les banques françaises se conforment à la Charia: Allah akhbar!
BNP Paribas et Natixis Transport Finance ont finalisé un financement islamique de 336 Millions de dollars pour le compte de AirAsia, en qualité d'arrangeur chef de file, coordinateur global et teneur de livre.
Cette opération permet à la compagnie de financer jusqu'à 8 Airbus A320-200 en se conformant aux principes de la Charia. La structure mise en place est un Ijarah (bail islamique) en intégration fiscale française, le premier financement islamique optimisé franco-malaisien de ce type.
En plus d'un financement à 100%, l'opération permet à Ai rAsia de conserver le bénéfice de ses amortissements dérogatoires en Malaisie. Chaque avion sera financé en trois tranches : un apport en capital (en Euro), un Wakala (en finance islamique, contrat d'agence d'investissement dans lequel les banques 'les Financiers Islamiques' confient des fonds à un 'Wakil' (un agent, ici, le bailleur des avions, qui les fait fructifier pour leur compte), en provenance de Financiers Islamiques (en Dollar) et un Wakala (en dollar) d'AirAsia que la compagnie refinance par un Murabaha (en finance islamique, contrat dans lequel des Financiers Islamiques confient des fonds à un 'Mudarib', expert dans son domaine, qui réalise pour leur compte des investissements compatibles avec la Charia) de matières premières (en Ringgit) (jolie usine à gaz!!! NDR).
Landesbank Hessen-Thuringen Girozentrale, Irish Branch (Helaba) est intervenu en qualité d'arrangeur chef de file mandaté, RHB Islamic Bank Berhad (RHB Islamic) en qualité d'arrangeur, et Bank Rakyat en qualité d'arrangeur chef de file mandaté du Murabaha de matières premières.
Les banques étaient conseillées par Norton Rose et, en Malaisie, par Wong and Partners. AirAsia était conseillé par Freshfields Bruckhaus Deringer.
Selon Dominique Jaillon, en charge des financements optimisés et leasing structurés pour la région Asie-Pacifique (hors Japon) chez BNP Paribas, "Ce financement de référence a été conduit en Malaisie en raison d'un environnement propice à l'innovation. Il démontre le fort positionnement de la banque et son expertise en matière de solutions financières innovantes auprès de sa clientèle islamique. Il témoigne également de son implication auprès d'AirAsia pour lui offrir des sources de financement optimisées et diversifiées".
Selon Louis Douady, responsable des financements aéronautiques pour la région Asie-Pacifique chez Natixis, "Cette transaction s'inscrit dans la droite ligne des financements islamiques de type Ijara h et Murabaha déjà mis en place par Natixis dans le secteur aéronautique. Sa structure unique illustre l'expertise de Natixis dans l'arrangement de financements islamiques dans l'aéronautique, ainsi que son engagement auprès d'AirAsia d'apporter des solutions financières innovantes dans un contexte de marché difficile".
Selon Dato' Kamarudin Meranun, directeur général adjoint groupe de AirAsia Berhad, "cette structure originale de financement nous permet d'acquérir nos appareils à des conditions financières qui restent compétitives dans un contexte de marché difficile. Par ailleurs, elle favorise l'innovation en matière de structuration de financements islamiques ainsi que le développement des financements aéronautiques en Malaisie, avec la participation de RHB Islamic et Bank Rakyat. Depuis que BNP Paribas et Natixis ont arrangé, en 2005, le financement de son tout premier Airbus A320, AirAsia bénéficie de l'implication des deux banques dans le cadre d'une relation de partenariat".
(C) Finance Plus
20:33 | Lien permanent | Commentaires (0)
07/11/2008
Il etait une fois la LICRA
Laïcité à la carte pour «certains ou pour beaucoup» ?
Il était une fois une très respectable Ligue des Droits de l’Homme, créée dans la foulée de l’inique condamnation du capitaine Dreyfus par un tribunal militaire se comportant comme un Etat dans l’Etat et au dessus des lois ; elle avait pour vocation de défendre l’homme et le citoyen contre l’arbitraire. Pervertie par l’entrisme des nantis trotskistes, saupoudrés d’un humanisme de pacotille, elle est devenue entre leurs mains une arme au service d’une idéologie d’essence totalitaire.
Il était une fois une LICRA, née dans la foulée des pogroms perpétrés en Russie, en Ukraine et en Pologne à peine ressuscitée. Je la croyais, jusqu’à récemment, immunisée contre les idéologies puisque, ne pouvant la noyauter, le parti communiste stalinien, mobilisant ses compagnons de route et ses idiots utiles, finit par créer de toutes pièces, dans la foulée de l’émotion suscitée par la découverte des indicibles crimes nazis, un Mouvement contre le Racisme, l’Antisémitisme et pour la Paix(MRAP).
Ce prétendu Mouvement contre le Racisme dont le A ne se prononce plus «antisémitisme» mais désormais «amitié» et le P ne se lit plus «paix» mais désormais «peuples», est avec le régime Nord Coréen de Kim Jong-il et le régime cubain de Fidel Castro, l’une des dernières métastases de l’empire stalinien. N’en attendant rien d’honnête, le MRAP a au moins le mérite de ne m’avoir jamais déçu. Orphelin du totalitarisme stalinien, son actuel leader s’est vite consolé de la disparition de son géniteur en se mettant au service d’une autre idéologie totalitaire, l’islamisme. Que voulez-vous, on ne se refait pas. Au nom du droit à la différence, Mouloud Aounit a le droit d’être comme il est. Et puis un poste de leader d’un business antiraciste, de surcroît subventionné par le contribuable, offre quelques avantages dont le moindre n’est pas de favoriser son élection au Conseil Général, voire au Parlement, fonctions qui, en une seule législature, assure une retraite d’un montant qu’un simple prolétaire ne touchera pas au terme d’une vie entière de travail. La Nuit du quatre août n’est pas encore passée par là.
La LICRA succombe à son tour à la contamination Mrapiste en se faisant l’avocat de toute cause identitaire pour peu qu’elle ne soit pas française ou européenne. J’aurais déjà dû m’en douter lorsqu’elle s’est acoquinée avec le MRAP dans sa grotesque plainte contre Jean Raspail, l’un des plus grands écrivains français vivants, «coupable» de fidélité à son identité française et, plus récemment, dans son soutien à une militante «oummaïste» islamiste pro voile contre l’infortunée Fanny Truchelut, naïve citoyenne attachée à la laïcité, c'est-à-dire à la loi de la République et à ses valeurs. Il ne reste plus à la LICRA, qu’à fusionner ou, pour le moins, à se fédérer avec ses deux compères de la partie civile : LDH et MRAP, ardents pourfendeurs de l’antisémitisme pour peu qu’il émane d’un européen, si possible d’extrême droite. Le MRAP, aux basques duquel la Licra s’accroche, est au dessus de tout soupçon. Son président n’a-t-il pas naguère gagné son procès en diffamation contre son «confrère» de SOS-Racisme coupable d’avoir dénoncé les cris de «Mort aux Juifs» hurlés derrière la banderole du MRAP ? Pour une fois, je crois que Mouloud Aounit dit vrai en affirmant que ces vociférateurs antisémites venus des «banlieues défavorisées» n’étaient pas membres du MRAP. Dont acte. Mais on peut alors se demander qui était diffamé : le MRAP ou les «Jeunes» des «banlieues défavorisées», portant ainsi atteinte à leur posture de discriminés institutionnels ? Quoi qu’il en soit on peut seulement se demander pourquoi le service d’ordre musclé du MRAP n’a pas aussitôt chassé ces trublions et pourquoi le MRAP, si vigilent contre le racisme des «Souchiens», n’a pas aussitôt déposé plainte contre ces racistes d’importation. Mais comme je l’ai dit plus haut, je ne me suis jamais fait d’illusions sur ce mouvement. Je constate seulement que la LICRA n’est pas très regardante sur ses alliances au point d’en arriver à d’étranges compromissions.
Je profite de cette évocation pour relever un curieux dénominateur commun à toutes ces organisations précitées qui se disputent ou se partagent le juteux marché bien verrouillé du business antiraciste. Combien de plaintes ont-elles déposées contre les auteurs de propos, actes, écrits, blogs, sites, voire actes de violence et de vandalisme de caractère raciste visant les «souchiens» hommes, femmes ou adolescents ? Ne répondez pas tous à la fois ! A croire qu’il suffit d’être originaire d’outre Méditerranée pour échapper à toute sanction visant les actes ou propos injurieux et diffamatoires portant atteinte à l’honneur et à la dignité des hommes et des femmes pour l’unique raison qu’ils sont les «Autres», les «Différents». N’est-ce pas ça le racisme ?
Mais que peut-on attendre de mieux des idéologues formés à l’école du totalitarisme dont l’antiracisme ne serait que le cadet de leurs préoccupations si cela ne leur permettait pas de s’ériger en commissaires politiques ? Et puis voilà que l’un de mes amis, adhérent à la LICRA, m’envoie un papier de la section de Neuilly informant le public d’un cycle de conférences autour du thème : «Laïcité, Démocratie, république Française, Valeurs et Religions». Constatons dores et déjà que tous ces substantifs ont une initiale majuscule, sauf «république». Mais bon, je ne vais pas jouer au psychologue de bistrot pour une coquille. Je n’en conclurai donc pas qu’à la Licra on manifeste plus de déférence à la Religion qu’à la «république».
Bien que maîtrisant normalement la langue française, je cherche un décodeur pour m’aider à traduire en français commun ce texte sibyllin rédigé en Lingua Tertii Imperii. Tout ce qui y semble clair, c’est que la première conférence de la section de Neuilly-la Défense de la LICRA, aura lieu le 25 novembre 2008 à 20h15 à la Maison des Associations, salle A, 2 bis, rue du Château, Neuilly-sur-Seine (Entrée gratuite, se renseigner à licraneuillyladefense@noos.fr).
Je vous en livre la note d’introduction telle que je l’ai sous les yeux.
«Le multiculturalisme est désormais présent en France par les migrations intra-européennes, par les migrations extra-européennes au premier titre desquelles les migrations de la Méditerranée. Face à ce multiculturalisme, il est hautement souhaitable d’éviter deux voies :
- Celles (sic) du communautarisme
- Celles (re-sic) du laïcisme qui exclue (re-re-sic) toute religion et qui ne considère toute personne que comme citoyen et non dans son intégrité d’homme avec ses autres caractéristiques.
L’une ou l’autre de ces voies conduit soit à la non-reconnaissance de l’Etat ou de la Nation par certains, ou beaucoup, soit au fait que certains, ou beaucoup, ne se sentent reconnus ni par l’Etat, ni par la Nation».
J’aimerais bien que l’auteur de ce texte nous précise qui sont ces mystérieux «certains ou beaucoup» en faveur desquels la République doit retailler la loi de 1905 pour qu’ils nous fassent la faveur de reconnaître notre Etat et notre Nation. S’agirait-il des Vietnamiens ? Des Cambodgiens ? Des Bouddhistes, Des Guaranis ? Des Mexicains ? Des Costaricains ? Ce mutisme de la Licra nous oblige à conclure que ces «certains ou beaucoup» sont innommables ou ineffables. J’allais écrire que là n’est pas la question, or je crois que là est toute la question.
Ce qui m’interpelle c’est la remise en question implicite de notre système laïque instauré à l’aube du 20ème siècle à une époque où les catholiques et les autres religions, auxquels il convient d’ajouter les libres penseurs, se répartissaient les rôles des«beaucoup» et des «certains». Or tous ces «certains» comme ces «beaucoup», dans leur diversité de croyances et de sensibilités, se sont parfaitement adaptés à la laïcité, telle que définie par la Loi de 1905, dans le respect mutuel, en constatant de surcroît que cette séparation entre le Temporel et le Spirituel s’est finalement révélée bénéfique pour tous. «Gagnant, gagnant» en somme. L’égalité devant la loi, qui est le dogme d’un Etat de droit, jouait en faveur des «certains» comme des«beaucoup».
Or, depuis la seconde moitié du 20ème siècle, une «certaine» culture religieuse venue d’ailleurs, devenue «beaucoup», parce qu’entre autres, de nombreux «certains» qui, en toute illégalité ont quelque peu forcé notre porte avec la complicité des organisations prétendument antiracistes, se sentent mal à l’aise dans le cadre de cette loi à laquelle les autres religions se soumettent sans broncher, ce qui nous amène à conclure que la religion de ces «certains ou beaucoup» n’a rien d’une religion comme les autres et qu’à ce titre, elle exige avec une arrogance qui croît avec leur nombre, avec la pression politique de leur pays d’origine sans oublier celle des hystériques de l’antiracisme, un régime légal dérogatoire, c'est-à-dire un privilège. Ou, selon l’euphémisme de Nicolas Sarkozy, une discrimination positive. La Licra serait-elle chargée par Sarkozy de préparer l’opinion publique à la modification de la loi de 1905 ? Qu’en sera-t-il alors lorsque ce «beaucoup» deviendra la culture majoritaire ?
Pour y répondre, il n’est que de voir les pays d’où ces «certains devenant beaucoup» nous arrivent. Y existe-t-il une LICRA, un MRAP, une LDH ou autre SOS Racisme pour faire pression sur le gouvernement qui les subventionne, pour que les minorités culturelles, religieuses ou sexuelles puissent se sentir reconnues par l’Etat ou la Nation sur un pied de stricte égalité avec la culture dominante et que, par voie de conséquence, ils reconnaissent l’Etat et la Nation au sein desquels ils vivent.
Mais devons-nous pour autant discriminer ces «certains ou beaucoup» alors que nombre d’entre eux viennent chez nous justement pour échapper au totalitarisme politique, culturel et religieux qui sévit chez eux ? Il n’en est nullement question, encore que certains de ces hommes et de ces femmes qui renoncent à leur individualité au profit de leurs communautés, entendent, avec le soutien tapageur d’associations «antiracistes», reproduire dans le pays d’accueil le modèle de culture de leur pays d’origine, culture qui, n’en déplaise à ceux qui propagent le bobard selon lequel toutes les cultures sont équivalentes, est pourtant en grande partie la cause du sous développement de leurs pays. A titre de comparaison, qui imaginerait que les Allemands ou les Italiens qui fuyaient le national-socialisme ou le fascisme, prétendaient reproduire chez nous, et de surcroît nous les imposer, les caractéristiques idéologiques et culturelles du pays qu’ils fuyaient ?
Le ton de l’annonce en question me laisse craindre que je serais poursuivi en tant que «raciste» par la LICRA si je lui rappelle que la laïcité qui repose sur la loi de 1905 constitue la singularité de notre République. En vertu de cette singularité, la République, qui garantit à chaque homme et à chaque femme la liberté de croire ou de ne pas croire en une puissance divine, de pratiquer ou de ne pas pratiquer la religion dans laquelle il est né ou qu’il s’est choisie, ne reconnaît et ne juge que des individus, jamais des communautés culturelles, religieuses ou sexuelles. De surcroît il est désobligeant pour les institutions fondamentales de la République d’appeler «laïcisme» ce qui est tout bonnement la laïcité telle qu’elle découle de la Loi.
Dès lors, les débats annoncés sont biaisés d’avance puisqu’ils reposent sur la prémisse tendancieuse selon laquelle notre système exclurait toute religion, ignorerait l’homme dans son intégrité et que seule l’abrogation de la Loi de 1905 ou son«assouplissement» sera le prix à payer à ces «certains ou beaucoup» pour qu’ils daignent reconnaître enfin notre Etat et notre Nation. A condition, bien entendu, de ne plus chanter la Marseillaise.
Mais le véritable problème est ailleurs. La Licra, comme ses homologues ès antiracisme et droits de l’hommisme, laisse entendre que nous sommes responsables et coupables de la non intégration des «certains et des beaucoup» parce que nous les rejetons.
C’est là une monstrueuse imposture qui vise à nous inhiber par un complexe de culpabilité. Ce ne son pas nous, les «Hexagonaux» ou «Souchiens» qui rejetons certains «Certains ou Beaucoup». Ceux parmi les «Certains» qui avaient l’intention de s’intégrer à la Nation y sont parvenus. La vérité est que ce sont les «certains» que le tract de la Licra n’a pas le courage de désigner, qui nous rejettent catégoriquement.
Influencés, sous couvert de religion, par une idéologie conquérante, intolérante, machiste et exclusive, fondamentalement hostile à toutes les valeurs éthiques et culturelles de l’Occident, et disposant en outre de forts soutiens financiers et d’un réseau vaste et dense «d’éducateurs» et «formateurs» venus d’ailleurs, ils usent de tous les moyens, jusqu’à la coercition pour «préserver» leur communauté de toute «contamination» par l’Occident. Selon eux, l’intégration à la Nation exige que ce soient nous, les «Occidentaux», qui devons nous plier à leur culture, à leurs valeurs, à leurs interdits. Ou alors, on ne comprendrait pas pourquoi les autres «certains», comme par exemple l’immigration asiatique majoritairement bouddhiste ou parfois chrétienne, ne nous pose aucun problème et ne nous place devant aucun dilemme.
C’est là que le «cycle de conférences» de Neuilly, comme d’ailleurs du reste, n’est qu’une aimable parlotte de bobos, certes bourrés de bons sentiments, mais «à côté de la plaque».
Dans le principe libéral du «moins d’Etat possible», la religion, la tendance sexuelle, l’appartenance ou le refus d’appartenance à une communauté religieuse ou culturelle, le choix d’une compagne ou d’un compagnon, d’un «hobby» ou encore les préférences culinaires ou les goûts artistiques ou littéraires, ne relèvent simplement pas, et fort heureusement, de la compétence de l’Etat ni de la Loi.
Nous ne sommes pas, par exemple, en Algérie où le fait d’abjurer la religion d’Etat, ou, pour les minorités religieuses, de pratiquer un rite au dehors des lieux strictement assignés par l’Etat, est criminalisé. Nous ne sommes pas non plus l’Arabie saoudite où toute pratique d’une religion autre que celle de l’Etat, ainsi que le port de tout signe laissant supposer l’adhésion à une croyance autre que l’islam sont interdits et sévèrement réprimés.
Alors, Mesdames et Messieurs de la LICRA, avant de prétendre laisser une place officielle au «multiculturalisme», c'est-à-dire tout bonnement aux communautés venues d’ailleurs et parfois hostiles, songez plutôt aux hommes et aux femmes qui ont choisi notre pays justement pour se libérer du carcan religieux, culturel et communautaire qui, dans leur pays d’origine, entrave dans leur intégrité, l’homme «avec ses autres caractéristiques». Et surtout la femme (curieusement oubliée dans l’article de foi de la Licra).
Votre «multiculturalisme» de gogos ne sera pour eux qu’une nouvelle prison implantée sur le territoire de la République française. Un ghetto culturel et idéologique.
Non, Mesdames et Messieurs de la LICRA, dans le contexte mondial actuel, devant le «choc des cultures» (pas du tout équivalentes, ne vous déplaise) auquel le monde est exposé, c’est le communautarisme (que vous croyez rejeter en le baptisant «multiculturalisme») qui opprime l’homme et plus singulièrement la femme, et c’est la laïcité, fut-elle «laïciste», qui les libère. Mêlez-vous donc de la chasse aux racistes, des vrais et quels qu’ils soient, puisque c’est la raison d’être de votre association, et le contribuable vous subventionne uniquement à cette fin, en vous gardant de classer dans la rubrique «racisme» la simple critique ou même l’hostilité envers un système religieux ou idéologique. Ou alors il faudra ouvrir des vastes et nombreux goulags pour y interner tous ceux qui brocardent ou critiquent, impunément jusqu’à présent, la religion catholique. La remise en cause de la laïcité ne relève pas de votre compétence, mais «au mieux» de votre niaiserie, ou plus vraisemblablement, de votre totale irresponsabilité.
Je sais que d’autres pays accordent un statut officiel aux communautés. Les immigrés qui viennent chez nous le savent aussi. Ce fait apporte une solution au dilemme qui tourmente la Licra, de «la non reconnaissance de l’Etat ou de la nation par certains, ou beaucoup ; soit au fait que certains, ou beaucoup, ne se sentent reconnus ni par l’Etat ni par la Nation» comme vous l’écrivez de façon tellement nébuleuse.
Partant du principe que ce n’est pas à la Nation ou à l’Etat d’adapter sa législation à la culture des nouveaux venus, mais que c’est à ces derniers qu’il appartient de s’adapter aux valeurs, à la culture, aux normes, aux codes et aux lois du pays d’accueil, cela relève du plus élémentaire savoir vivre et tout simplement de la politesse. Au nom aussi de la liberté absolue de conscience à laquelle nous sommes attachés, tant pour nous-mêmes que pour les autres, il est toujours loisible à ceux qui ne sont pas satisfaits de notre système légal, de nos mœurs et de nos coutumes, d’aller se fixer dans les pays dont la législation, favorable au multiculturalisme, c'est-à-dire au communautarisme, répond mieux à leurs aspirations, étant entendu que toutes les autres personnes, tous les autres «certains» qui viennent légalement pour s’adapter et non pour imposer, pour vivre selon nos lois et valeurs et non pour nous soumettre aux leurs, sont les bienvenus et ont pour vocation de devenir citoyens et citoyennes de notre pays. C’est ma seule façon de comprendre et d’admettre la «discrimination positive».
© André Dufour pour LibertyVox
source:www.libertyvox.com
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Jihad sur internet
Le djihadisme sur Internet a pris des proportions industrielles et menace ouvertement la France. Dans ses derniers Cahiers de la sécurité, consacrés à la criminalité numérique, l'Institut national des hautes études de sécurité (Inhes), dirigé par Pierre Monzani, se penche sur le phénomène.
Deux experts proches des milieux militaires, Walter Akmouche et Henri Hemery, ont donc analysé pour le compte de cet organisme, directement rattaché à Michèle Alliot-Marie, la propagande des islamistes radicaux. Ils révèlent dans leur étude que les sites appelant à la guerre sainte enregistrent des milliers de connexions depuis l'Hexagone. La seule adresse d'un site de soutien à la «résistance irakienne» comptabilise deux cents visites quotidiennes. Ce qui place la France en «cinquième position des pays consultants, devant l'Égypte ou l'Arabie saoudite».
Selon les auteurs, des as du marketing conseillent les djihadistes. Le discours d'al-Zawahiri, numéro deux d'al-Qaida, est mis en scène par une agence de communication. Abou Moussab al-Zarqaoui avait lui troqué ses traditionnelles invectives en dialecte jordanien pour un discours calme et posé. Il était même devenu adepte du «Web 2.0 ou Web contributif», sous forme de chats et autres forums de discussion. N'hésitant pas à multiplier les provocations face aux «mécréants et infidèles». On comptait 74 sites djihadistes en avril 2006. Ils sont sans doute «près de deux cents aujourd'hui», assure un policier spécialiste de la veille sur Internet qui reconnaît la «complexité grandissante» de son travail.
Walter Akmouche en connaît les raisons : «Les djihadistes sont désormais en mesure d'utiliser la stéganographie (logiciel permettant de camoufler un message dans un fichier photo, par exemple).» Ils ont aussi accès à des logiciels de cryptographie, téléchargeables gratuitement. Or il faut parfois «neufs jours» pour «casser» ces algorithmes.
Formations à distance
«Conscients de la relativement faible connaissance de l'arabe par les jeunes générations, des sites clairement islamistes et même djihadistes n'hésitent pas à proposer des versions françaises, allemandes, anglaises, etc.», notent Akmouche et Hemery. «L'inconvénient, ajoutent-ils, est qu'il existe aussi sur Internet des sites proposant des formations à la guérilla (urbaine notamment, comme certaines revues au format PDF), à la fabrication d'explosifs à partir de composants du commerce, au maniement des armes à feu.» On peut y lire ce type d'instructions : «Nous vous recommandons des cibles faciles au début (…) Par exemple, (…) en Algérie, les Français (…). Pour les cibles humaines», après «les juifs», les «chrétiens seront classés dans l'ordre suivant : Américains, Britanniques, Espagnols, Australiens, Canadiens et Italiens». Ce texte mais aussi d'innombrables fatwas sont actuellement disponibles d'un simple clic.
À en croire les deux experts, la propagande se double parfois de «formations à distance («e-learning») des internautes susceptibles de passer à l'acte». Un danger loin d'être virtuel. Les membres de la filière irakienne de Montpellier condamnés jeudi à Paris comptaient parmi leurs complices un certain Shraidi, que l'Algérie vient de condamner à douze ans de prison. Il avait pris directement contact, via sa messagerie d'ordinateur, avec l'ex-GSPC pour lui proposer ses services.
Les modérateurs des forums extrémistes, invitent désormais leurs «frères internautes» à plus de prudence dans l'évocation de leurs projets. Mais un juge antiterroriste le dit : «Sur ces sites, les jeunes finissent par se monter la tête.»
» ETUDE - La propagande jihadiste sur Internet (pdf)
SOURCE: www.figaro.fr
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