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17/09/2006

Ciao Oriana!

medium_arton10205.jpgOriana ci ha lasciati giovedi notte, dopo un'intera vita spesa a difendere il valore universale della libertà e del coraggio nella lotta contro i tre totalitarismi

La sua testimonianza non é stata vana. Ciascuno di noi nel suo piccolo continuerà a portare avanti la sua lotta.

Ciao Oriana, grazie di tutto cio' che hai fatto per noi ed i nostri figli!

Qui sotto un suo articolo, forse l'ultimo, scritto per il Giornale:

 

 

DEMOCRAZIE PAUROSE

 

Be': un premio intitolato a una donna che saltò sopra le Cascate del Niagara, e sopravvisse, è mille volte più prezioso e prestigioso ed etico di un Oscar o di un Nobel: fino a ieri gloriose onorificenze rese a persone di valore e oggi squallide parcelle concesse a devoti antiamericani e antioccidentali quindi filoislamici.

Insomma a coloro che recitando la parte dei guru illuminati che definiscono Bush un assassino, Sharon un criminale–di-guerra, Castro un filantropo, e gli Stati Uniti «la potenza–più-feroce, più-barbara, più–spaventosa–che–il-mondo–abbia-mai conosciuto».

Infatti se mi assegnassero simili parcelle (graziaddio un'eventualità più remota del più remoto Buco Nero dell'Universo), querelerei subito le giurie per calunnia e diffamazione. Al contrario, accetto questo «Annie Taylor» con gratitudine e orgoglio. E pazienza se sopravvaluta troppo le mie virtù.
Sì: specialmente come corrispondente di guerra, di salti ne ho fatti parecchi. In Vietnam, ad esempio, sono saltata spesso nelle trincee per evitare mitragliate e mortai. Altrettanto spesso sono saltata dagli elicotteri americani per raggiungere le zone di combattimento. In Bangladesh, anche da un elicottero russo per infilarmi dentro la battaglia di Dacca. Durante le mie interviste coi mascalzoni della Terra (i Khomeini, gli Arafat, i Gheddafi eccetera) non meno spesso sono saltata in donchisciotteschi litigi rischiando seriamente la mia incolumità. E una volta, nell'America Latina, mi sono buttata giù da una finestra per sfuggire agli sbirri che volevano arrestarmi. Però mai, mai, sono saltata sopra le Cascate del Niagara. Né mai lo farei. Troppo rischioso, troppo pericoloso. Ancor più pericoloso che scrivere la verità.
Crediamo di vivere in vere democrazie, democrazie sincere e vivaci nonché governate dalla libertà di pensiero e di opinione. Invece viviamo in democrazie deboli e pigre, quindi dominate dal dispotismo e dalla paura. Paura di pensare e, pensando, di raggiungere conclusioni che non corrispondono a quelle dei lacchè al potere. Paura di parlare e, parlando, di dare un giudizio diverso dal giudizio subdolamente imposto da loro. Paura di non essere sufficientemente allineati, obbedienti, servili, e venire scomunicati attraverso l'esilio morale con cui le democrazie deboli e pigre ricattano il cittadino. Paura di essere liberi, insomma. Di prendere rischi, di avere coraggio.
Nei regimi assolutisti o dittatoriali, scrive Tocqueville, il dispotismo colpisce il corpo. Lo colpisce mettendolo in catene o torturandolo o sopprimendolo in vari modi. Decapitazioni, impiccagioni, lapidazioni, fucilazioni, Inquisizioni eccetera. E così facendo risparmia l'anima che intatta si leva dalla carne straziata e trasforma la vittima in eroe. Nelle democrazie inanimate, invece, nei regimi inertemente democratici, il dispotismo risparmia il corpo e colpisce l'anima. Perché è l'anima che vuole mettere in catene. Torturare, sopprimere. Così alle sue vittime non dice mai ciò che dice nei regimi assolutisti o dittatoriali: «O la pensi come me o muori». Dice: «Scegli. Sei libero di non pensare o di pensare come la penso io. Se non la pensi come la penso io, non ti sopprimerò. Non toccherò il tuo corpo. Non confischerò le tue proprietà. Non violerò i tuoi diritti politici. Ti permetterò addirittura di votare. Ma non sarai mai votato. Non sarai mai eletto. Non sarai mai seguito e rispettato. Perché ricorrendo alle mie leggi sulla libertà di pensiero e di opinione, io sosterrò che sei impuro. Che sei bugiardo, dissoluto, peccatore, miserabile, malato di mente. E farò di te un fuorilegge, un criminale. Ti condannerò alla Morte Civile, e la gente non ti ascolterà più. Peggio. Per non essere a sua volta puniti, quelli che la pensano come te ti diserteranno».
La piaga si propaga anche attraverso i giornali, la Tv, la radio. Attraverso i media che per convenienza o viltà o stupidità sono in gran maggioranza islamofili e antioccidentali e antiamericani quanto i maestri, i professori, gli accademici che non dimenticano mai di attaccare Israele, leccare i piedi all'Islam. Si propaga anche attraverso le canzoni e le chitarre e i concerti rock e i film, quella piaga. Attraverso uno show-business dove, come i vostri ottusi e presuntuosi e ultra-miliardari giullari di Hollywood, i nostri giullari sostengono il ruolo di buonisti sempre pronti a piangere per gli assassini. Mai per le loro vittime. Si propaga anche attraverso un sistema giudiziario che ha perduto ogni senso della Giustizia, ogni rispetto della giurisdizione. Voglio dire attraverso i tribunali dove, come i vostri magistrati, i nostri magistrati assolvono i terroristi con la stessa facilità con cui assolvono i pedofili. (O li condannano a pene irrisorie).
E finalmente si propaga attraverso l'intimidazione della buona gente in buona fede. Voglio dire la gente che per ignoranza o paura subisce quel dispotismo e non comprende che col suo silenzio o la sua sottomissione aiuta il risorto nazi-fascismo a fiorire. Non a caso, quando denuncio queste cose, mi sento davvero come una Cassandra che parla al vento. O come uno dei dimenticati antifascisti che 70 e 80 anni fa mettevano i ciechi e i sordi in guardia contro una coppia chiamata Mussolini e Hitler. Ma i ciechi restavano ciechi, i sordi restavano sordi, ed entrambi finirono col portar sulla fronte ciò che ne L'Apocalisse chiamo il Marchio della Vergogna.
Di conseguenza le mie vere medaglie sono gli insulti, le denigrazioni, gli abusi che ricevo dall'odierno maccartismo. Dall'odierna Caccia alle Streghe, dall'odierna Inquisizione. I miei trofei, i processi che in Europa subisco per reato di opinione. Un reato ormai travestito coi termini «vilipendio dell'Islam, razzismo o razzismo religioso, xenofobia, istigazione all'odio eccetera». Parentesi: può un codice penale processarmi per odio?
Sì, io odio i Bin Laden. Odio gli Zarkawi. Odio i kamikaze e le bestie che ci tagliano la testa e ci fanno saltare in aria e martirizzano le loro donne. Odio i bastardi che insozzano le facciate delle chiese. Odio gli Ward Churchill, i Noam Chomsky, i Louis Farrakhan, i Michael Moore, i complici, i collaborazionisti, i traditori, che ci vendono al nemico. Li odio come odiavo Mussolini e Hitler e Stalin and Company. Li odio come ho sempre odiato ogni assalto alla Libertà, ogni martirio della Libertà. È un mio sacrosanto diritto. E se sbaglio, ditemi perché coloro che odiano me più di quanto io odi loro non sono processati col medesimo atto d'accusa. Voglio dire: ditemi perché questa faccenda dell'Istigazione all'Odio non tocca mai i professionisti dell'odio, i musulmani che sul concetto dell'odio hanno costruito la loro ideologia. La loro filosofia. La loro teologia. Ditemi perché questa faccenda non tocca mai i loro complici occidentali. Sono un'atea, sì. Un'atea-cristiana, come sempre chiarisco, ma un'atea. E Papa Ratzinger lo sa molto bene. Ne La Forza della Ragione uso un intero capitolo per spiegare l'apparente paradosso di tale autodefinizione. Ma sapete che cosa dice lui agli atei come me? Dice: «Ok. (L'ok è mio, ovvio). Allora velut si Deus daretur. Comportatevi come se Dio esistesse». Parole da cui desumo che nella comunità religiosa vi sono persone più aperte e più acute che in quella laica alla quale appartengo. Talmente aperte ed acute che non tentano nemmeno, non si sognano nemmeno, di salvarmi l'anima cioè di convertirmi. Uno dei motivi per cui sostengo che, vendendosi al teocratico Islam, il laicismo ha perso il treno. È mancato all'appuntamento più importante offertogli dalla storia e così facendo ha aperto un vuoto, una voragine che soltanto la spiritualità può riempire. Uno dei motivi, inoltre, per cui nella Chiesa d'oggi vedo un inatteso partner, un imprevisto alleato. In Ratzinger, e in chiunque accetti la mia per loro inquietante indipendenza di pensiero e di comportamento, un compagnon-de-route. Ammenoché anche la Chiesa manchi al suo appuntamento con la storia. Cosa che tuttavia non prevedo. Perché, forse per reazione alle ideologie materialistiche che hanno caratterizzato lo scorso secolo, il secolo dinanzi a noi mi sembra marcato da una inevitabile nostalgia anzi da un inevitabile bisogno di religiosità. E, come la religione, la religiosità finisce sempre col rivelarsi il veicolo più semplice (se non il più facile) per arrivare alla spiritualità.
A rischio di sconfessare l'illimitato rispetto che gli americani vantano nei riguardi di tutte le religioni, devo anche chiarire ciò che segue. Come mai in un Paese dove l'85 per cento dei cittadini dicono di essere cristiani, così pochi si ribellano all'assurda offensiva che sta avvenendo contro il Natale? Come mai così pochi si oppongono alla demagogia dei radicals che vorrebbero abolire le vacanze di Natale, gli alberi di Natale, le canzoni di Natale, e le stesse espressioni Merry Christmas e Happy Christmas, Buon Natale, eccetera?!? Come mai così pochi protestano quando quei radicals gioiscono come talebani perché in nome del laicismo un severo monumento a gloria dei Dieci Comandamenti viene rimosso da una piazza di Birmingham? E come mai anche qui pullulano le iniziative a favore della religione islamica? Come mai, per esempio, a Detroit (la Detroit ultra polacca e ultra cattolica dove le ordinanze municipali contro i rumori proibiscono il suono delle campane) la minoranza islamica ha ottenuto che i muezzin locali possano assordare il prossimo coi loro Allah-akbar dalle 6 del mattino alle 10 di sera? Come mai il nefando professor Ward Churchill non è stato licenziato dall'Università del Colorado per i suoi elogi a Bin Laden e all'11 Settembre, ma il conduttore della Washington radio Michael Graham è stato licenziato per aver detto che dietro il terrorismo islamico v'è la religione islamica?

 

Oriana Fallaci

 

08/09/2006

Epurazione etnica in Sudan e razzismo musulmano

La decisione del governo sudanese di non consentire alle truppe della Nazioni Unite di lanciare l’operazione di pace in Darfur sta dando i suoi frutti: violenza, disperazione e morte. Gli attacchi dei miliziani arabi (i famosi janjaweed, i “diavoli cavallo“ che terrorizzano le popolazioni civili di origine africana bruciando i villaggi, violentando le donne, uccidendo gli uomini e rapendo i bambini) si sono moltiplicati. Ormai queste bande di irregolari sostenuti dal governo di Khartoum sanno di poter contare sull’immunità e si sono riorganizzati. Così i massacri sono ripresi.

Non si sa bene se i settemila soldati dell’Unione Africana resteranno nella travagliata regione del Sudan Occidentale dove ora, pur essendo pochi e mal organizzati, fungono, almeno un po’, da deterrente. Le autorità sudansi in un primo tempo avevano intimato di levare le tende a fine settembre poi, poiché è apparsa una richiesta troppo sfacciata, ci hanno ripensato e hanno fatto sapere che le truppe dell’Ua potevano restare, ma non si sa bene fino a quando e con che mandato.

In fuga dal Darfur incendiato dalle incursioni dei janjaweed, le popolazioni nere si stanno ammassando ai confini con il Ciad. Centinaia di profughi sono in arrivo nei campi allestiti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che ospitano già 220 mila persone. “La stagione delle piogge ha in parte fermato l’attività delle milizie filo governative – spiega un funzionario delle Nazioni Unite – ma a fine settembre quando i temporali saranno finiti, c’è il rischio che la situazione si aggravi. Ormai senza testimoni, i diavoli, che non si muovono più a dorso di cavallo e di cammello, ma ora usano nuove 4 per 4 fornite dal governo, possono fare qual che vogliono e hanno avuto mano libera per il genocidio contro le popolazioni del Derfur di origine africana”.

Il nostro interlocutore, che ha voluto parlare lontano dal suo ufficio, nel bar di un albergo, chiede di restare anonimo: “La situazione è assai sensibile; le agenzie dell’Onu hanno difficoltà a operare in Darfur – commenta - . Rischiamo tutti di essere espulsi da lì e siamo l’unica salvezza per queste popolazioni che corrono il pericolo di essere sterminate. Da qui il nostro linguaggio ufficiale prudente. In realtà la situazione è gravissima”. “Sì, è vero, il nostro aiuto è limitato; facciamo qual che possiamo e ci rendiamo conto che non è tanto. Abbiamo difficoltà a muoverci e a operare, specie nelle aere più remote. Il governo sudanese pone ogni giorno nuovi ostacoli”, conclude.

Qualche giorno fa un giornalista del Chicago Tribune, Paul Salopek, (due volte premio Pulitzer) è entrato clandestinamente in Sudan dal Ciad, è stato arrestato e attualmente è in prigione a El Fasher, la capitale del Darfur settentrionale, incriminato di spionaggio. Sarà giudicato nei prossimi giorni. L’imputazione è ridicola, ma il governo di Khartoum ha colto l’occasione per accusare anche l’Unhcr, che aveva aiutato il reporter a visitare i campi profughi in Ciad, di interferenze e comportamento scorretto.

Dopo essere stato rifornito per mesi con armi provenienti dalla Russia (Mosca sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che prevedeva l’invio di caschi blu si è astenuta, come per altro la Cina), il 28 agosto l’esercito di Khartoum ha lanciato un’offensiva ufficialmente contro i ribelli darfuriani del Jem (Justice and Equality Movement) e delle varie fazioni dell’Sla (Sudan Liberation Army) ma in realtà, grazie anche all’aiuto di un gruppetto dell’SLA guidato da Minni Minnawi, che ora si sono alleato ai Janjaweed, contro le popolazioni civili. Si parla di bombardamenti indiscriminati: “Non solo - aggiunge Esam Elhag, portavoce di un gruppo Sla che ha abbandonato Minnawi accusandolo di tradimento -. Il governo sudanese ha reclutato fondamentalisti che sono arrivati da tutto il mondo islamico, Afghanistan e Iran compresi. Il loro campo è stato piazzato a Saraf Omra, vicino a Kabkabia nel Darfur Settentrionale. Gli integralisti stranieri hanno partecipato agli ultimi attacchi contro i villaggi africani”.

Curioso il comportamento di Pechino che vanta ottimi rapporti con Khartoum per avere effettuato enormi investimenti nei campi petroliferi del sud. Una settimana fa il suo ambasciatore all’Onu, Wang Guangya, ha rilasciato un comunicato in cui, dopo aver affermato che il suo Paese intende essere trattato come un “interlocutore internazionale responsabile” dichiarava che la Cina era favorevole all’invio di una forza di pace in Darfur. “Ottima idea e opzione realistica”, aveva aggiunto. Subito dopo aveva dovuto commentare la sua astensione e quindi il blocco dell’iniziativa “perché il Sudan non è pronto ad accettare il contingente per la ragione che non c’è stata sufficiente pressione internazionale per convincerlo”. Bizzarra poi la stessa posizione del governo che considera la forza di pace in Darfur come una violazione della sua sovranità. Non spiega però come mai nel sud del Paese, dopo gli accordi di pace con i ribelli dell’SPLA, accetti un contingente di caschi blu di 20 mila uomini. L’atteggiamento, secondo alcuni osservatori e diplomatici qui a N’Djamena, è chiaro: procedere con il genocidio in modo da spazzar via tutti gli oppositori. “D’altronde - sosteneva un anno fa, parlando con il Corriere a Nyala, la capitale del sud Darfur, Kalil, professore d’inglese – noi sudanesi africani, pur essendo musulmani siamo considerati esseri inferiori, discendenti dagli schiavi. Dunque per gli arabi possiamo essere ammazzati come animali”.

Che la pressione dei fondamentalisti in Sudan stia crescendo è evidente dal rapimento, messo a segno da un gruppo di uomini armati lunedì, e successivo assassinio di Mohamed Taha, direttore di Al Wifaq, quotidiano in lingua araba accusato di blasfemia per aver scritto cose non ortodosse sull’ islam e sul suo profeta. Il suo corpo è stato trovato decapitato in vicolo malfamato. Il giornale di Taha (per altro membro della setta islamica dei Fratelli Musulmani) era anticonformista: fondamentalmente filogovernativo, assumeva spesso posizioni provocatorie come l’inchiesta sulla genealogia di Maometto, secondo cui il fratello del profeta avrebbe avuto un nome legato agli idoli preislamici. Qualche tempo fa, quando ancora l’operazione dei caschi blu in Darfur era data solo come una possibilità da discutere in Consiglio di sicurezza, il leader di Al Qaeda, Osama Bin Laden, che era stato ospite del governo di Khartoum fino alla fine degli anni ’90, e il suo braccio destro, Ayman al-Zawahiri, avevano minacciato di organizzare una forza di miliziani per combattere le forze dell’Onu. Forse il califfo del terrore ha anticipato le mosse del Palazzo di Vetro: le sue truppe sono già pronte sul terreno.
Massimo A. Alberizzi

malberizzi@corriere.it
08 settembre 2006

07/09/2006

TPS: Tout le Prophète Sanguinaire

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Avez-vous un abonnement à TPS?

Oui? Alors vous devriez savoir que dans ce superbe bouquet riche en culture, il existe una chaine appelée "Sharia" qui transmet depuis ce magnifique Pays qu'est l'Arabie Saudite.

Comme son nom l'indique, elle promeut les "valeurs" coraniques, à savoir la tolérance, l'anti-racisme, la communion entre les peuples et les cultures, l'ouverture aux autres réligions, l'égalité homme-femme, la non discrimination "fidèles"-"infidèles"...

Vous allez me dire qu'avec un decodeur sans abonnement on peut la recevoir sans problème, son but étant de faire connaître la RATP (Réligion d'Amour, de Tolérance et de Paix) à ces pauvres d'ésprit d'occidentaux, et de renforcer la foi des disciples mahométains.

Neanmoins il me semble très opportun qu'elle bénéficie d'une promotion à l'écoute de la part de TPS, au cas où quelqu'un ne l'aurait pas remarquée et appreciée à sa juste valeur... celle de la SHARIA, justement.

Alors, merci TPS , et à bientôt pour Al Manar!

 

medium_almanar_jt.2.jpgUne charmante speakerine de Al Manar

05/09/2006

Mysoginie islamique

Entretien avec Chahdortt Djavann - L' AUTEUR DE "BAS LES VOILES!"
Par Ilana Moryoussef (2003)


« Aujourd'hui en France, il y a des islamistes plus dangereux que ceux des pays musulmans. Et quand je pense qu'ils sont devenus les interlocuteurs des pouvoirs publics !..."

Un entretien choc, comme le livre-cri que Chahdortt Djavann, jeune romancière d'origine iranienne, a publié chez Gallimard . En une cinquantaine de pages, dont le premier jet a été écrit en trois jours, elle dénonce le voile et ses défenseurs en France : les islamistes et leurs complices, intellectuels « tolérants » et hommes politiques démissionnaires. Pour « proche-orient », C. Djavann livre également avec force sa vision des politiques français qui, selon elle, « laissent parler la peur au lieu de s'en tenir au droit », elle commente l'attitude la Commission Stasi sur la laïcité, pour conclure : " J'aimerais qu'on se réveille ici en France !"
Ilana Moryoussef
Chahdortt Djavann, vous êtes une femme en colère. Pourquoi ?
Chahdortt Djavann
Je suis en colère parce que nous sommes confrontés à la bêtise. Que signifie être « tolérant » quand on se trouve devant l'intolérable ? Face à un islamiste de l'UOIF, j'ai l'impression de revenir en arrière et de me retrouver en Iran. C'est ça qui me met hors de moi ! Aujourd'hui en France, il y a des hommes plus dangereux que les islamistes dans les pays musulmans. Et ils sont les interlocuteurs des pouvoirs publics !
I. Moryoussef
Que reprochez-vous au juste aux pouvoirs publics ?
C. Djavann
Ils se comportent comme s'ils découvraient aujourd'hui seulement qu'il y a des banlieues et des ghettos. Depuis plus de dix ans, on a donné une certaine autorité à des islamistes qui exercent leurs pressions dans les cités. C'est comme si on faisait de nos banlieues une sorte de protectorat ou de colonie. Au lieu de s'attaquer aux causes de la violence, on opte pour la répression. Les immigrés subissent une répression double : celle qui découle de la politique sécuritaire du gouvernement, et celle qui consiste à les placer sous une autorité religieuse pour avoir la paix. Pour l'instant, ça marche, mais ça ne tiendra pas. Je suis pessimiste. Cette politique démissionnaire fait le lit du Front national
I. Moryoussef
Comment expliquez-vous la frilosité des responsables politiques qui n'osent pas se prononcer en faveur d'une loi contre les signes religieux de peur « d'humilier » telle ou telle partie de la population ?
C. Djavann
On est en train de nous dire que les droits de l'homme seraient interprétés comme une humiliation par les musulmans ! C'est faux ! Les islamistes l'interprèteraient ainsi, mais ils représentent une infime minorité des musulmans. Il y a des dizaines d'associations de femmes d'origine maghrébine qui demandent au contraire qu'il y ait une loi. Elles disent : « Il ne faut pas accepter le voile à l'école, sinon on ne pourra plus ne pas le porter. » Je reviens de l'enregistrement d'une émission à laquelle participait une femme voilée. Elle a fait deux fois le même lapsus. Elle a dit : « Il faut lutter contre les filles qui ne veulent pas porter le voile ». C'est révélateur, non ?
Le drame aujourd'hui, c'est que les politiques laissent parler la peur au lieu de s'en tenir au droit. Que dit Monsieur Sarkozy ? Qu'il ne faut pas de loi parce que ça va chauffer dans les banlieues ! Mais si on ne fait pas de loi aujourd'hui, qu'est ce que ça va être dans quelques années ?
Moi, je propose qu'on fasse un référendum. On dit qu'il y aurait cinq millions de musulmans en France. Qu'on vote ! Je suis sûre que la majorité se prononcera contre le port du voile pour les mineures. Si le gouvernement a la trouille, qu'il demande l'avis des musulmans eux-mêmes.
I. Moryoussef
Vous avez néanmoins reçu un courrier abondant de diverses personnalités politiques
C. Djavann
Laurent Fabius m'a écrit qu'il était d'accord avec moi. Je remarque cependant que la gauche n'a pas agi contre les intégristes quand elle était au pouvoir. Le Président de la République m'a écrit que mon livre allait contribuer positivement au difficile débat sur la laïcité et le voile islamique. J'ai vu Madame de Villepin, qui aimerait que je rencontre son mari (Dominique de Villepin) pour lui exposer mes observations. Des femmes députées de gauche ont souhaité me rencontrer.
I. Moryoussef
Vous avez été auditionnée par la Commission Stasi pour la laïcité (mise en place par Jacques Chirac). Vous avez reçu un accueil assez mitigé.
C. Djavann
J'ai été agressée par Hanifa Chérifi (médiatrice dans les affaires de foulard au ministère de l'Education nationale, ndlr), qui prétend qu'il y a quatre cas de conflits liés au voile islamique dans les établissements scolaires du pays. Elle m'a également reproché de n'avoir rien fait pour les femmes de mon pays et de m'occuper de la France. Mais je suis française, et je m'occupe de ce qui se passe autour de moi. Figurez-vous que Madame Hanifa Chérifi soutient que les filles voilées sont des cas individuels n'ayant aucun rapport avec l'islamisme ! Et puis, qu'est-ce que c'est que cette Commission où on fait appel à un islamologue (Mohammed Arkoun, ndlr) incapable de répondre à la question de savoir pourquoi on voile les filles ? Si, après des dizaines d'années, on n'est pas capable de répondre à une question aussi simple, il est temps de changer de métier ! Je me suis également accrochée avec le sociologue Alain Touraine qui assure que les femmes iraniennes sont heureuses du sort qui leur est fait. Il se fonde sur des enquêtes bidon. Je lui ai dit : « Vous êtes sous l'influence des islamistes ». Il m'a répondu : « Attention à votre langage ». J'ai répété : « Vous êtes sous l'influence des islamistes ». J'ai aussi été attaquée par l'avocate Nicole Guedj qui m'a demandé comment on pouvait formuler juridiquement ma proposition selon laquelle le voile est une maltraitance à l'encontre des mineures. Je pense que les Français ont le droit de savoir qu'aujourd'hui en France, dans une commission sur la laïcité, on fait appel à des personnes qui prennent le parti des intégristes.
I. Moryoussef
Vous n'appréciez guère un certain un discours sociologique qui prône la tolérance du voile au nom du droit à la différence et du respect des cultures
C. Djavann
A ceux qui tiennent ce discours, je dis : « Portez le voile pendant un an et revenez discuter avec moi ». Que connaissent-ils du voile ? Que savent-ils de l'islam ? C'est cela aussi que je reproche à certains intellectuels français. Ils abusent de leur position d'intellectuels pour se prononcer sur tout et n'importe quoi. Même dans les pays musulmans, le fait de faire porter un voile aux mineures est un comportement intégriste. À un moment de son histoire, la France a su remettre à leur place les dogmes catholiques. Pourquoi n'en ferait-on pas autant avec les dogmes de l'islam ? Quand je dis cela, ces intellectuels me regardent d'un air gêné.
I. Moryoussef
Vous avez été obligée de porter le voile de 13 à 23 ans, à cause de la révolution islamiste de 1979 en Iran. Que ressentiez-vous ?
C. Djavann
Je ressentais l'humiliation d'être femme, d'habiter un corps féminin. Pourquoi la femme devrait-elle cacher sa chevelure au regard des hommes ? Cette question, je la pose à ces intellectuels « tolérants », aux midinettes voilées influencées par Tariq Ramadan, à Monsieur Tariq Ramadan lui-même ! Les femmes seraient-elles porteuses d'un gène coupable ? Je garde le souvenir de scènes terribles. Je me souviens d'une femme en couche implorant le médecin dans un hôpital iranien : « Si c'est une fille, jetez-la à la poubelle ! Si je rentre à la maison avec une fille, mon mari me tuera ». Une fille est considérée comme une honte et un danger. Pensez donc ! Elle peut porter atteinte à l'honneur des messieurs. J'aimerais qu'on m'explique pourquoi l'homme se sent déshonoré si la femme transgresse les règles de la pudeur. Pourquoi l'honneur des hommes musulmans s'inscrit-il sur le corps des femmes musulmanes ? Qu'ils assument leur honneur tout seuls !
I. Moryoussef
C'est cela qui vous a décidée à écrire ce pamphlet ?

C. Djavann
Je me suis décidée quand j'ai vu des gamines de 12 ans commencer à porter le voile et quand j'ai entendu certains intellectuels dire que renvoyer de l'école les élèves voilées ne fait qu'aggraver leur situation. Ces personnes bien intentionnées n'ont pas pensé que le fait de tolérer des jeunes filles voilées à l'école ne ferait qu'accroître la pression sur les adolescentes musulmanes.

I. Moryoussef
Certains défenseurs du voile expliquent que c'est une façon pour les filles des cités de se protéger des garçons
C. Djavann
C'est inadmissible. Cela revient à s'incliner devant la violence. D'ailleurs, permettez-moi de vous dire que c'est dans les pays où les femmes sont voilées qu'il y a le plus de prostitution et de pédophilie ! Moi, ce que je demande, c'est qu'on interdise le port du voile pour les mineures.
I. Moryoussef
Votre argumentation est nouvelle. Vous ne placez pas le débat sur le terrain de la laïcité, mais sur celui de la protection des mineures.
C. Djavann
Il faut savoir que, dans l'islam, une fille voilée est considérée comme nubile. Autrement dit, c'est une fille qu'on met sur le marché du mariage et, par conséquent, sur le marché du sexe. Quand on voit des fillettes de 9 ans porter le voile, on est quasiment dans la pédophilie ! Il y a des lois en France pour protéger les mineurs de toute forme d'abus sexuels. Voilà pourquoi je réclame l'interdiction de faire porter le voile aux mineures. Le voile est une violence physique et psycho-sexuelle infligée aux filles. Il équivaut à disposer de leur corps, à définir l'adolescente comme un objet sexuel destiné à satisfaire le désir des hommes. C'est de la barbarie !
Moryoussef
L'avocate iranienne Chirine Ebadi vient de recevoir le prix Nobel de la paix. 10 000 personnes l'attendaient à l'aéroport de Téhéran. Est-ce le signe que quelque chose change en Iran ?
C. Djavann
Je vais vous dire ce qui a changé. La compagnie Total a obtenu un contrat pour créer la raffinerie la plus importante du golfe persique à Bandar Abbas. Une plage a été créée pour les touristes occidentaux. Rien d'autre n'a bougé dans cette société. Il faut qu'il y ait des moments de détente et des moments de reprise en main. C'est le propre de tout système répressif. Si on tire trop sur une corde, elle risque de se casser.
I. Moryoussef
Est-ce que vous vous définissez comme musulmane ?

C. Djavann
Dans mon premier roman (ndlr :« Je viens d'ailleurs », éditions Autrement), j'écris : « Avant qu'on me décrétât musulmane, j'étais génétiquement athée ». Aujourd'hui, je dis : « Dieu merci, je ne suis même pas athée ». Je n'ai aucune indulgence pour les religions, quelles qu'elles soient. Alors Dieu, Allah, ou Yahvé, qu'ils me foutent la paix !
I. Moryoussef
Êtes-vous inquiète ?

C. Djavann
J'aimerais que ce livre serve à quelque chose. J'aimerais qu'on se réveille ici en France !

03/09/2006

Famiglia "italiana" con niqab

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Ecco la nuova famiglia italiana. Valmozzola, 673 anime compresa una cinquantina di immigrati, è il più piccolo comune della provincia di Parma. Era una giornata caldissima. La foto, pubblicata dalla Gazzetta di Parma il 13 agosto scorso, mostra il sindaco, Gabriella Olari, con un abito comprensibilmente sbracciato, avvolta dalla fascia tricolore. Sta presiedendo al rito di attribuzione della cittadinanza italiana, che viene conferita con un decreto del presidente della Repubblica. Accanto a lei un'intera famiglia egiziana tra cui spicca la madre completamente avvolta dal niqab, un velo integrale che ha un'unica fessura all'altezza degli occhi. I nuovi cittadini italiani sono il padre, Mohamed Ismail, e i suoi quattro figli minori, Asmaa, Asraa, Mawadda e Abdel Rahman. Ora anche la moglie ha i requisiti per richiedere la cittadinanza. La foto della prossima cittadina italiana imbacuccata da cima a fondo, è emblematica di ciò che diventerà la società italiana accordando la cittadinanza senza verificare l'adesione ai valori fondanti della nostra Costituzione e civiltà. Tra cui primeggia l'assoluta parità tra uomo e donna e quindi la condanna di qualsiasi discriminazione nei confronti della donna. Una realtà implicita nell'annullamento del corpo e nell'umiliazione della personalità femminile. È del tutto evidente che quella donna non si integrerà mai.
Quel velo assoluto è una barriera che la separa da una società nei cui confronti ha un atteggiamento pregiudizialmente negativo. Ecco perché dare la cittadinanza a queste persone si tradurrà inevitabilmente nella formazione di un'Italia ghettizzata sul piano etnico, confessionale e identitario, con comunità rinchiuse in compartimenti stagni all'insegna del relativismo valoriale, culturale e giuridico, dove si elargiscono libertà e diritti che ci vengono restituiti sotto forma di indifferenza e intolleranza. Ciò è purtroppo possibile principalmente per la nostra ignoranza, ingenuità e ideologismo. Nonostante non esista alcuna prescrizione coranica del velo, lo Stato italiano ha recepito e fatta propria la versione più oltranzista dell'islam affermando, con una circolare del Dipartimento della polizia di Stato del dicembre 2004, che l'utilizzo del burqa, in quanto «segno esteriore di una tipica fede religiosa» e una «pratica devozionale», non costituisce reato. Quindi l'Italia si è spinta addirittura oltre il convincimento degli integralisti islamici secondo cui l'islam imporrebbe un semplice velo che copre il capo, sulla base di una discutibile interpretazione del versetto XXIV, 30-31 del Corano, sposando la tesi aberrante degli estremisti islamici secondo cui la donna deve essere relegata sotto un velo integrale. Ancor più grave di questo provvedimento amministrativo è la sentenza 11919, della terza sezione penale della Corte di Cassazione di Roma, che lo scorso 4 aprile ha deliberato che «la religione musulmana impone alle credenti» di portare il velo. Si tratta di una sentenza definitiva e inappellabile del nostro Stato laico che sostiene l'obbligatorietà del velo per le donne islamiche. Ebbene oggi gli estremisti islamici nostrani possono legittimamente, con il pieno conforto della magistratura italiana, esigere che in Italia le donne musulmane siano tutte velate.
Questo sbandamento amministrativo e giuridico trova riscontro anche nelle recenti decisioni dei Comuni di Riccione e di Francavilla al Mare (Chieti) di riservare delle spiagge per sole donne musulmane, separate con un muro. Il Comune di Riccione ha chiarito che si tratta di un'iniziativa atta a favorire l'afflusso e i consumi dei ricchi sceicchi arabi che arrivano con uno stuolo di donne, che non vogliono che vengano viste in mare da altri uomini. Mentre il sindaco di Francavilla, Roberto Angelucci — in una dichiarazione raccolta da Il Giornale il 29 agosto — ha invocato nobili ragioni ideali: «Viviamo in una società multirazziale ed anche Francavilla si sta adeguando alla tendenza. Tutto questo, quindi, implica la presenza di persone con culture e religioni diverse. Ed è proprio nel rispetto delle altre culture e religioni che ritengo opportuno prevedere nel nuovo piano spiaggia 2007 un tratto di arenile riservato esclusivamente alle donne ed un altro agli uomini». Ebbene non si tratta forse di una flagrante violazione di uno dei cardini della nostra civiltà, la parità tra uomo e donna e il rifiuto di qualsiasi discriminazione delle donne? Come non rendersi conto che la svendita dei valori per denaro o cinismo ideologico porterà dritto al suicidio della nostra civiltà? Così come non può non preoccupare il fatto che a Padova il ghetto di via Anelli, teatro di violenti scontri tra nigeriani e maghrebini lo scorso 26 luglio, sia stato prima isolato con un muro e poi, su iniziativa del Comune, si è affidato a vigilantes extracomunitari il compito di garantirne la sicurezza.
Alla realtà del ghetto etnico e confessionale, si aggiunge ora la discriminazione politica che inesorabilmente produrrà la ghettizzazione identitaria. Ci rendiamo conto che ammettendo che le istituzioni italiane non sono in grado di garantire la legge e la sicurezza sul proprio territorio, di fatto ci rendiamo responsabili di un gravissimo cedimento sul piano della sovranità e identità nazionale? In tutto ciò i principali colpevoli siamo noi italiani. Lo sapete che, dal primo luglio scorso, in venti motorizzazioni è possibile ottenere la patente di guida sostenendo l'esame, a propria scelta, in sette lingue, tra cui l'arabo, il russo e il cinese? Ebbene visto che la patente di guida italiana è un documento richiesto da un residente fisso, ci rendiamo conto che sarebbe necessario che questi immigrati conoscessero adeguatamente la lingua italiana? Si tratta di una iniziativa sbagliatissima perché fa venire meno il primato e l'obbligatorietà della lingua italiana per chi soggiorna stabilmente nel nostro Paese. È questo insieme di fatti reali che connotano l'immagine di un'Italia che procede alla rinfusa e ciecamente nella definizione di un nuovo modello di convivenza sociale imposto da un mondo sempre più globalizzato. Un'Italia che viaggia con una navigazione a vista, senza un comandante che indichi la rotta da seguire e il punto d'approdo, lasciando campo libero all'arbitrio dei singoli membri dell'equipaggio con la loro irresistibile sete di protagonismo. Il rischio, lo si può facilmente intuire, è che la nave affondi.
Magdi Allam

Guerre contro l'Europa (download)

Scarica il PDF del libro di Alexandre Del Valle (download libero tratto dal sito www.alexandredelvalle.com):

del_valle-Guerre_contro_leuropa.2.pdf

NOTA BENE: il libro é stato scritto prima dell' 11 settembre 2001

Ahmed Rami, le mentor naziste de radioislam, et ses potes

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Les premières diffusions de textes de Faurisson  (http://www.phdn.org/negation/faurisson/) sur Internet furent le fait d'Ahmed Rami, islamiste marocain réfugié en Suède, grand ami de Faurisson et l'un des pires antisémites aujourd'hui en activité.

Ahmed Rami, alors jeune officier de l'armée marocaine, a participé à l'été 1971 à un coup de force militaire qui échoua. En fait, au dernier moment, alors qu'il était à la tête d'un convoi volant « au secours d'une victoire qu'il croyait acquise », Rami retourne sa veste et se range au coté du général Oufkir, alors homme fort d'Hassan II. Pendant un an Rami sera un proche d'Oufkir, qu'il « arabisa ». Raouf Oufkir, le fils du général, rapporte que Rami était « un fou furieux, un jeune Kadhafi », dont l'idole était Nasser. C'était aussi un antisémite virulent: « Il mêle des convictions panarabes et une ardente foi musulmane à un antisémitisme viscéral ». Ahmed Rami disait d'Hitler qu'il « aurait du achever son oeuvre » d'extermination des Juifs. D'ailleurs, en 1997, Ahmed Rami a répété, lors d'une interview à un magazine musical néo-nazi, Nordland, que, concernant les Juifs, Hitler était « le seul leader européen à avoir compris de quoi il s'agit ». En 1972, le général Oufkir tente d'assassiner Hassan II. Il sera suicidé. Rami s'exile en Suède et prétend avoir participé à la tentative de coup d'état d'Oufkir, afin d'obtenir l'asile politique. Il est cru et a aujourd'hui la nationalité suédoise mais, en 1992, le très sérieux journal suédois Expressen a révélé que les informations données par Rami pour sa demande d'asile étaient erronées. Rami a porté plainte contre Expressen mais a été débouté. L'Expressen a également révélé les liens étroits, principalement financiers entre Rami et l'Iran, et certaines ambassades arabes.

Depuis son arrivée en Suède, Rami est très lié à l'islamiste pro-nazi suisse, Ahmed Huber. Converti à l'Islam au début des années 1960, Ahmed Huber cotoie dans l'Égypte nasserienne d'anciens nazis dont, principalement, l'ancien bras droit de Goebbels pour la propagande antisémite, Johann von Leers, lui aussi converti à l'Islam sous le nom d'Omar Amin von Leers. En 1987, Ahmed Rami fonde Radio Islam avec David Janzon, membre du Sveriges Nationella Förbund, un vieux groupuscule nazi. Il y diffuse en continu de la propagande antisémite, néo-nazie et négationniste. Certaines des émissions de Rami reprennent mot pour mot des articles du journal ultra-antisémite du nazi Julius Streicher, der Stürmer. Rami travaille avec les néo-nazis de tous horizons.

En 1990, Ahmed Rami est condamné à six mois de prison. L'organe d'un parti nazi international (le NSDAP-AO), The New Order, le présente alors comme un « white power prisonner », un martyr de la cause nationale-socialiste. A sa sortie de prison, il se rend en Iran pour une « conférence internationale pour le soutien de la révolution palestinienne » où il s'exprime devant des centaines de journalistes arabes et iraniens. Rami a d'ailleurs refait une tournée dans les pays arabes en 1999. Il se rend également aux conférences de l'IHR. En 1997, Rami accusait sur les ondes les Juifs et leurs descendants de la responsabilité de la mort de Jésus, et d'avoir incité Néron à tuer des Chrétiens. En 1996, Rami inaugure son site web, Radio Islam. Antisémitisme fanatique, néo-nazisme, négationnisme, le programme est le même que celui de sa radio, ou de la revue du même nom créée en 1994. Rami héberge même un temps un site web catholique intégriste violemment antisémite, « holywar », ou le site du parti d'extrême droite russe ultra-nationaliste, le Pamyat, voire des pages de néo-nazis espagnols, etc.

Valérie Igounet écrit: « L'imbrication de la propagande négationniste et de la propagande fondamentaliste antisioniste est exemplaire. Les soubassements rhétoriques d'Ahmed Rami, nouvel héros de cette contestation, intègrent des thèses islamistes ultra-radicales imprégnées d'antisionisme et d'antisémitisme». Le tout est d'une violence inouïe. On y trouve la panoplie complète de l'antisémite moderne: Protocoles des sages de Sion (en huit langues), le pamphlet antisémite d'Henry Ford, The International Jew, des extraits des délires antisémites de Luther, ceux du leader noir américain Farrakhan, mais aussi La Question juive de Karl Marx, et des listes de Juifs (dans la finance, dans les médias, dans la diplomatie), d'innombrables caricatures antisémites dignes des pires heures de l'antisémitisme nazi et des discours de Drumont, des dénonciations paranoïaques de la « domination juive mondiale », etc.

Rami publie sur son site, en 1997, la version électronique d'un tract, publié et co-signé avec La Vieille Taupe, du négationniste Pierre Guillaume, prenant la « défense » de Brigitte Bardot (poursuivie pour propos racistes par la justice française!), et dont la version originale appelait au meurtre de Mouloud Aounit, alors président du MRAP, en souhaitant qu'Allah lui réserve le même sort qu'aux moutons de l'Aid, c'est-à-dire l'égorgement...

Rami a invité plusieurs fois Faurisson en Suède. Ils sont devenus amis. Faurisson exprime « toute sa considération » à son « ami Ahmed Rami » de retour de son premier séjour, en mars 1992. Faurisson lui rend de nouveau hommage en décembre de la même année à la suite d'une deuxième visite. Robert Faurisson voit en Ahmed Rami le digne continuateur de Ditlieb Felderer, un antisémite et négationniste suédois spécialisé dans des dérives abjectes. S'il y a une certaine lucidité dans cette constatation on serait bien en peine de prendre cela pour un compliment... Faurisson n'a jamais eu le moindre commentaire sur la haine pathologique et la propagande ignoble de Rami. Au contraire, il n'a cessé de faire l'éloge de Rami depuis le début des années 1990...

Source: http://www.phdn.org/negation/faurisson/rami.html

COMMENTAIRE: voici encore un exemple de comment l'occident donne asile politique à des rats d'égout qui profitent de la manne financière des petrodollars pour cracher leurs venin sur toute la planète.Lien pour le site du mensonge et de la haine:

http://www.radioislam.net/islam/french/french.htm

Odio razzista nazislamico in provenienza da...Stoccolma

Ecco cosa si puo' leggere impunemente sul web.

Mein Kampf era ieri od oggi?

Ancora piu' drammatico é il fatto che la sede di questi ratti di fogna si trova a Stoccolma.

E nessuno reagisce.

Edificante.

http://www.radioislam.net/islam/italiano/intro/debol.htm

02/09/2006

M. Aunit (MRAP) qualifie le Hezbollah de "mouvement de résistance"


podcast

SANS COMMENTAIRE ( je crois que ce n'est pas la peine!)

 

N. Sarkozy qualifie le Hezbollah de "mouvement terroriste"

Le ministre français de l'Intérieur Nicolas Sarkozy, candidat déclaré à l'élection présidentielle de 2007, affirme que le Hezbollah est un mouvement «terroriste» dans un entretien devant être publié par un magazine français.

À la question «Le Hezbollah est-il un mouvement terroriste?», M. Sarkozy répond: «Oui. L'attitude qui consiste à envoyer des roquettes sur le nord d'Israël sans se demander sur qui vont tomber ces roquettes est une opération terroriste».

«Accepter d'être financé par l'Iran dont on sait ce que disent ses dirigeants revient à se situer dans le camp des terroristes», ajoute-t-il dans une interview au Figaro Magazine daté du 2 septembre.

C'est la première fois qu'un responsable du gouvernement actuel qualifie en ces termes le Hezbollah. M. Sarkozy est le numéro deux du gouvernement.

Le mouvement chiite libanais est considéré par les États-Unis comme une «organisation terroriste» mais pas par l'Union européenne.

Le président français Jacques Chirac a qualifié en juillet d'«absolument irresponsables» [propos hypocrite, NDR] le Hamas palestinien et le Hezbollah libanais, peu après l'enlèvement de trois soldats israéliens. Paris va déployer au total 2000 soldats au sein de la Finul élargie au Liban.

Selon le ministre de l'Intérieur, «le droit à la sécurité pour Israël est un droit sur lequel on ne peut pas transiger. Israël est une démocratie. Israël est née dans les conditions que l'on sait. C'est une responsabilité essentielle pour tous les pays libres, d'assurer sa survie».

«Est-ce que, pour autant, je considère que le gouvernement israélien a eu en se défendant, je dis bien en se défendant, la réponse appropriée ? Je n'en suis pas sûr. J'ajoute que si je suis l'ami d'Israël, je suis aussi celui du Liban, qui doit devenir un pays véritablement souverain», affirme-t-il.

Avant M. Sarkozy, Lionel Jospin, alors premier ministre socialiste, avait qualifié en mars 2000 d'«organisation terroriste» le Hezbollah pendant un voyage en Israël et dans les territoires palestiniens.

Le propos avait suscité de très vives réactions dans le monde arabe et avait valu au chef du gouvernement d'être la cible de jets de pierre à l'université palestinienne de Bir Zeit.

Sources : Cyberpesse

COMMENTAIRES: Sarko semble vouloir appeler les choses par son nom, à la différence de Pinocchio Chirac